Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7280 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7280 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIZZATA ANTONIO N. IL 01/03/1984
avverso la sentenza n. 137/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 21/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO ABONITO
(1″
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /’>
che ha concluso per )27
9– i

53- ut),

t. i- c2.11

L)

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensonAvv. e

Data Udienza: 28/01/2014

423LeS1s2-,

1. Con sentenza del 25 novembre 2010 il GUP del Tribunale di
Locri, all’esito di giudizio abbreviato, condannava alla pena di anni
quattro di reclusione ed euro 1000,00 di multa Pizzata Antonio,
imputato del reato di cui agli artt. 81 c.p., 10, 12 e 14 L. 1974/497,
per aver detenuto e portato in luogo aperto al pubblico armi di varia
marca e modello, non identificate, da considerare armi comuni da
sparo con relativo munizionamento.
A sostegno della condanna il giudice di prime cure richiamava e
criticamente valutava una serie di intercettazioni ambientali
eseguite all’interno di una autovettura in uso all’imputato e la
perizia fonica su di esse disposta in corso di causa, le cui
conclusioni sono state nel senso che la voce di uno dei colloquianti
intercettati è riferibile all’imputato.
2. Avverso detta sentenza proponeva appello il Pizzata sollevando
eccezioni processuali e contestando nel merito la valutazione della
prova acquisita al processo e con sentenza del 21 giugno 2012,
oggetto del presente scrutinio di legittimità, la Corte di appello di
Reggio Calabria rigettava il gravame, integralmente confermando la
pronuncia impugnata.
Il giudice dell’appello confutava le ragioni difensive richiamando
preliminarmente, per relationem, le motivazioni articolate dal
giudice di prime cure osservando: A. l’imputato è stato identificato
come abituale utilizzatore, anche se non unico, della vettura a bordo
della quale sono state eseguite le intercettazioni ambientali (su di
essa fu ad esempio controllato alle ore 1,21 del dì 11.9.2006)
vettura utilizzata anche dal fratello Domenico; l’accusa contestata è
provata dalle conversazioni del 10.9.2006, progr. 114, del
18.9.2006, progr. 184, e da quelle, in pari data, progr. 185 e 194; la
difesa appellante nega la riferibilità all’imputato del soggetto
intercettato e deduce che nella conversazione progr. 185
l’interlocutore indicato con la lettera A., riferita all’imputato, viene
chiamato “Pe” e cioè Giuseppe, nome diverso da quello
dell’imputato stesso; le censure non hanno rilievo posto che la
riferibilità fonica delle dichiarazioni intercettate all’imputato è
provato da una perizia eseguita nel rispetto di protocolli scientifici
di alto profilo, dal comprovato utilizzo di quella autovettura da
parte dell’imputato stesso, dal controllo di polizia eseguito
1’11.9.2006; B. quanto alla eccezione difensiva relativa
all’acquisizione delle conversazioni intercettate oltre la scadenza

La Corte ritenuto in fatto e considerato in diritto

del termine delle indagini preliminari, trattasi di eccezione tardiva
dappoichè non sollevata contestualmente alla richiesta di
definizione del giudizio allo stato degli atti; peraltro, come da Cass.,
sez. 5, 38420/2010, gli atti di investigazione compiuti dopo la
scadenza dei termini di indagine preliminare sono utilizzabili nel
giudizio abbreviato; ad ogni buon conto l’eccezione è comunque
infondata anche nel merito; pur a voler considerare la data del
4.9.2005, individuata dal difensore come data iniziale delle indagini
preliminari, considerando il periodo di sospensione feriale dei
termini processuali (L. 742/1969) si perviene al 3 ottobre 2006; C.
quanto alla eccezione difensiva relativa alla inutilizzabilità delle
intercettazioni effettuate all’interno dell’autovettura di cui innanzi
per violazione dell’art. 203 c.p.p., il GIP, con decreto del 25.6.2006
ha indicato la ricorrenza dei sufficienti indizi di reità a carico di
Pizzata Domenico, diversi dalle fonti confidenziali perché riferiti
agli esiti delle intercettazioni a carico di quest’ultimo; D. quanto
alla eccezione difensiva relativa al mancato deposito dei verbali e
delle registrazioni del diverso procedimento, deve osservarsi che la
difesa richiama il disposto dell’art. 270 c.p.p. non applicabile al
caso di specie, in quanto il procedimento a carico dell’imputato non
è diverso da quello in cui i verbali e le registrazioni sono stati
eseguiti; il procedimento a carico dell’imputato è infatti generato
dal quello in corso davanti all’autorità giudiziaria reggina per il
reato di traffico di sostanze stupefacenti, poi trasmesso alla procura
di Locri in riferimento alla posizione del solo Pizzata Antonio;
comunque, a seguito della eccezione difensiva, il GUP ha disposto
l’acquisizione del fascicolo RIT 1667/06; E. nel merito si ribadisce
la decisività della perizia fonica già innanzi richiamata (la perizia
non ha riguardato la progr. 194 per la inidoneità del campione), la
consuetudine all’uso dell’automezzo in cui vennero eseguite le
intercettazioni, il controllo di polizia dell’11.9.2006, ore 1,21
(l’intercettazione progr. 114 è del 10.9) sulla medesima autovettura;
valore indiziante ha anche il riconoscimento della voce
dell’imputato da parte della p.g. operante; i contenuti delle
intercettazioni comprovano le condotte contestate; la progr. 185
delle ore 1,21 del 18.9.2006 ha intercettato la conversazione
dell’imputato con altri due interlocutori; il conversante B si rivolse
con una domanda al soggetto di nome Giuseppe, il quale non
rispose “probabilmente per il timore di essere intercettato (“… ma
hai cimici qua dentro…?”)”; alla domanda del conversante ha
invece risposto il conversante A, la cui voce è stata riferita dal
perito all’imputato; il Pizzata, inoltre, ben conosce il Giuseppe
presente con lui in quella conversazione e ben avrebbe potuto
indicarlo come teste a discarico.
2

3. Ricorre per cassazione avverso detta sentenza l’imputato,
assistito dai difensori di fiducia, i quali sottoscrivono un medesimo
atto di impugnazione con il quale sviluppano tre articolati e densi
motivi di doglianza.
3.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione
dell’art. 407 c.p.p. e la illegittima utilizzazione dei risultati delle
intercettazioni ambientali perché compiute dopo la scadenza del
termine massimo di durata delle indagini preliminari e difetto di
motivazione sul punto, in particolare deducendo: la difesa con l’atto
di appello ha denunciato la inutilizzabilità degli atti di indagine, in
particolare gli esiti delle intercettazioni, compiuti oltre il termine di
legge; alla deduzione difensiva la corte territoriale ha replicato con
il richiamo per relationem delle argomentazioni del giudice di
prime cure; la corte però non ha richiamato le ragioni difensive, né
ha valutato i relativi contenuti, ma ha esplicitamente opposto che
quelle doglianze non sarebbero state prese nuovamente in
considerazione (“tali doglianze non verranno nuovamente prese in
esame”, pag. 3 della sentenza impugnata); palese pertanto il difetto
motivazionale; la difesa aveva analizzato le argomentazioni
giudiziali addotte a confutazione delle censure difensive replicando
ad esse con motivazioni “parzialmente diverse” da quelle spese in
prime cure e contrastate nella sentenza appellata; la corte non ha
tenuto conto dell’evidente diversità contenutistica delle deduzioni
difensive ad essa rappresentate; la mancata esposizione dei
contenuti della ragioni di censura ha consentito al giudice di appello
di ritenere, contro il vero, la identità delle tesi difensive svolte nei
due gradi di giudizio; di qui la illegittimità della impugnata
motivazione per relationem; le censure di appello hanno contenuto
diverso da quelle sviluppate a beneficio del giudice di prime cure e
per esse è mancata qualsivoglia confutazione da parte della corte
territoriale; venendo al tema della inutilizzabilità patologica nel
giudizio abbreviato, anche questo trattato per relationem, ha il
giudice di appello evidenziato che l’eccezione andava proposta con
la richiesta di definizione del giudizio allo stato degli atti, che
l’imputato aveva sollevato la questione tardivamente, soltanto in
sede di discussione e che in sede di giudizio abbreviato sono
deducibili solo le inutilizzabilità c.d patologiche; la tesi giuridica
qui sintetizzata trova fondamento in lontani precedenti (del 1999)
formatisi in contesti processuali profondamente mutati con la
trasformazione, risalente al 2000, del giudizio abbreviato, non più
sottoposto al consenso necessario del P.M. e caratterizzato da poteri
di integrazione probatoria in capo al giudicante; inoltre la dedotta

inutilizzabilità si connota come patologica perché assunta la prova
in violazione dei diritti difensivi; quanto poi al merito della
eccezione, la corte si perita di dimostrarne l’infondatezza
considerando nel termine annuale prescritto per la durata delle
indagini preliminari la sospensione dei termini feriali, argomento
non utilizzato dal giudice di primo grado, per il quale le
intercettazioni in argomento sono state eseguite oltre il termine di
legge; secondo tesi dei giudicanti di secondo grado il termine in
argomento sarebbe maturato il 3.10.2006 considerando dies a quo il
4.9.2005 (termine che si assume indicato dal difensore), la
sospensione fino al 15.9.2005, nonché quella dal 1.8 al 15.9.2006;
la data iniziale del 4.9.2005 non è stata affatto indicata quale dies a
quo dal difensore, il quale ha fatto ad essa riferimento per
concludere che a quella data, in quanto eseguite intercettazioni, le
indagini erano sicuramente già in corso; la data iniziale delle
indagini preliminari in argomento deve essere anticipata quanto
meno al 1.7.2005, epoca in cui il comando CC. rappresentò
l’esigenza, poi soddisfatta dal GIP, di intercettazioni a carico di
Pizzato Domenico e Strangio Francesco; di qui si ricava la data del
1°.7.2006 come termine finale delle indagini preliminari,
successivamente alla quale sono state eseguite le intercettazioni per
questo inutilizzabili; merita censura anche il conteggio, ai fini del
computo dei termini entro cui racchiudere di necessità le indagini
preliminari, del periodo di sospensione feriale; tanto ai sensi
dell’art. 240-bis disp. att. c.p.p., perché in costanza di reato
riguardante un fatto associativo, dappoichè inseriti i fatti di causa
nel procedimento relativo al traffico di sostanze stupefacenti
riferibile al clan Mammoliti eppertanto a reati di criminalità
organizzata rimesso alla competenza della DDA reggina; né rilievo
alcuno può avere la circostanza che il procedimento a carico del
ricorrente sia stato stralciato, “separato”, da quello principale in
tema di criminalità organizzata; il procedimento a carico del
ricorrente non esisteva quando erano in corso le indagini
preliminari del procedimento diverso e quando venivano compiuti i
singoli atti di indagine, di guisa che il computo dei termini in
discussione devono riguardare il procedimento originario; inoltre se
operativa la sospensione feriale accreditata dalla corte di merito,
deve ritenersi inutilizzabile la captazione eseguita 1’11.9.2009 in
pieno periodo di sospensione; in riferimento alla censura relativa
alla inutilizzabilità delle intercettazioni ai sensi dell’art. 203 c.p.p.,
la stessa non risulta adeguatamente confutata; il decreto
autorizzativo delle intercettazioni emesso dal gip risale al
25.8.2006, mentre la Corte indica la data del 25.6.2006 (pag. 4 della
S.) e detto decreto non contiene alcun riferimento alla nota datata
4

13.9.2005 indicato dal giudice di appello; di qui l’insufficienza
motivazionale del richiamo per relationem sul punto eseguito dal
giudicante medesimo; infine la nota del 24.8.2006 richiamata dal
decreto autorizzativo non è parte del fascicolo ed anche su questo
va denunciata l’omissione motivazionale.
3.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa
ricorrente difetto di motivazione in relazione all’omesso deposito
dei documenti fonici relativi ai verbali di ascolto e correlata
violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), in particolare
deducendo: in sede di appello la difesa ha dedotto la inutilizzabilità
dei risultati relativi alle operazioni di intercettazione delle
comunicazioni dapppoichè eseguite in altro procedimento e non
ricorrenti le condizioni di utilizzabilità di cui all’art. 270 c.p.p. co 2;
i verbali e le registrazioni non sono stati infatti depositati presso
l’autorità competente per il diverso procedimento né sono state
applicate le disposizioni di cui all’art. 268 c.p.p. commi 6, 7 ed 8; di
qui la inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni ai sensi
dell’art. 270 c.p.p., co 2; la tesi difensiva è stata contrastata dal
giudice dell’appello con l’argomento che il procedimento a carico
del ricorrente non sarebbe affatto diverso da quello nel cui ambito
sono state eseguite le operazioni di intercettazione e che non è
pertanto applicabile alla fattispecie la disciplina di cui al citato art.
270 c.p.p.; in contrario si rileva che il fascicolo trasmesso per
competenza alla procura di Locri non contiene documenti fonici né
verbali di intercettazione e che ciò impedisce alla difesa la verifica
delle conversazioni captate e di quelle eventualmente a discarico; di
qui una patente violazione del diritto di difesa; l’utilizzo dei risultati
delle intercettazioni è legittimo soltanto in costanza del deposito
delle registrazioni e relativi verbali e questo in via generale;
diversamente opinando si introdurrebbe una diversità di tutela
difensiva tra procedimento in cui sono state eseguite le operazioni
in parola e procedimento diverso in cui i relativi esiti confluiscono
per una qualche ragione; al riguardo, in ipotesi di una
interpretazione giudiziale contrastante con la tesi difensiva, si
solleva eccezione di costituzionalità dell’art. 270 c.p.p. in relazione
agli arti. 3 e 24 della Cost.; nel caso di specie la trasmissione del
procedimento non è stata accompagnata dalla trasmissione del
fascicolo relativo nella sua integrità ed interezza dappoichè non
inviati con esso fascicolo i verbali ed i documenti fonici delle
intercettazioni; tali documenti non sono stati pertanto depositati con
la richiesta di rinvio a giudizio; di qui la palese violazione del
diritto di difesa.
3.3 Col terzo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente
difetto motivazionale, anche per travisamento del fatto, in relazione
5

4. Il ricorso è infondato.
4.1 Col primo motivo la difesa ricorrente ha prospettato plurime
censure.
Fino a pag. 8 l’atto difensivo denuncia la mancata considerazione
da parte della corte territoriale delle eccezioni sviluppate con la
impugnazione di merito, senza peraltro chiarire di quali eccezioni
ed a quali argomenti non sia stata data adeguata risposta. Di qui la
genericità di detta preliminare censura.
Da pag. 9 il ricorso tratta invece in termini di più accettabile
specificità il tema della utilizzabilità nel giudizio abbreviato di
intercettazioni eseguite oltre il termine annuale della durata delle
indagini preliminari, sul rilievo che trattasi di nullità di carattere
patologico, che il termine detto, nel caso concreto, non è stato
sospeso per il periodo feriale dappoichè in tema di procedimento di
criminalità organizzata (quello dal quale è stato stralciato il
presente).
Le sintetizzate doglianze non possono essere condivise.
“Il giudizio abbreviato costituisce un procedimento “a prova
contratta”, alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale
sul rito, a mezzo del quale le parti accettano che la regiudicanda sia

!/b

alla valutazione della conversazione del 18.9.2006 progr. 185, in
particolare osservando: in tale conversazione l’interlocutore
indicato con la lettera “A” viene nominato “Pe” cioè Giuseppe, di
guisa che non può lo stesso essere identificato, così come ritenuto
da entrambi i giudici di merito, in Pizzato Antonio, attuale
ricorrente; in particolare l’interlocutore indicato con la lettera “B”
rivolge una precisa domanda a “Pe” ed a questa domanda risponde
l’interlocutore “A”, il quale pertanto non può essere Pizzato
Antonio, ma tale Giuseppe, non identificato ma persona diversa
dall’imputato; la tesi difensiva è stata confutata con un
argomentazione illogica, richiamando per relationem gli argomenti
del giudice di prime cure e travisando i fatti di causa, là dove
afferma che il soggetto chiamato Giuseppe non ha risposto alla
domanda rivoltagli dall’interlocutore “B”.
3.4 In data 22 gennaio 2014 la difesa dell’imputato ha depositato
breve nota difensiva con allegata la sentenza resa il dì 11 gennaio
2013 dal tribunale di Locri, assolutoria del Pizzata, chiamato a
rispondere del reato di vendita e comunque cessione delle armi
oggetto della contestazione dedotta in questo grado di giudizio,
sulla base di un identico quadro probatorio (trattasi di procedimento
originato da quello in corso per iniziativa del giudice di prime cure
il quale ritenne non congruamente contestata all’imputato le
condotte accertate ed in particolare quella della cessione).

definita all’udienza preliminare alla stregua degli atti di indagine già
acquisiti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così
consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle
indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono
normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle
forme ordinarie del “dibattimento”. Tuttavia tale negozio
processuale di tipo abdicativo può avere ad oggetto esclusivamente
i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli interessi, ma
resta privo di negativa incidenza sul potere-dovere del giudice di
essere, anche in quel giudizio speciale, garante della legalità del
procedimento probatorio. Ne consegue che in esso, mentre non
rilevano nè l’inutilizzabilità cosiddetta fisiologica della prova, cioè
quella coessenziale ai peculiari connotati del processo accusatorio,
in virtù dei quali il giudice non può utilizzare prove, pure assunte
secundum legem, ma diverse da quelle legittimamente acquisite nel
dibattimento secondo l’art. 526 c.p.p., con i correlati divieti di
lettura di cui all’art. 514 stesso codice (in quanto il tal caso il viziosanzione dell’atto probatorio è neutralizzato dalla scelta negoziale
delle parti, di tipo abdicativo), nè le ipotesi di inutilizzabilità
“relativa” stabilite dalla legge in via esclusiva con riferimento alla
fase dibattimentale, va attribuita piena rilevanza alla sola categoria
sanzionatoria dell’inutilizzabilità cosiddetta “patologica”, inerente,
cioè, agli atti probatori assunti contra legem, la cui utilizzazione è
vietata in modo assoluto non solo nel dibattimento, ma in tutte le
altre fasi del procedimento, comprese quelle delle indagini
preliminari e dell’udienza preliminare, nonchè le procedure
incidentali cautelari e quelle negoziali di merito” (Cass.„ Sez.
Unite, 21/06/2000, n. 16, Tammaro).
E’ questo, come è noto, il principio di diritto affermato sulla
questione giuridica dedotta dalla difesa da questa corte nella sua
massima composizione, principio rimasto per circa tre lustri esente
da decisione di segno contrario.
Anche se, pertanto, eseguite le intercettazioni oltre il termine
imposto dall’art. 405 c.p.p. per la durata delle indagini preliminari
(non hanno peraltro né la difesa, né i giudici di merito mai indicato
il giorno in cui la notizia di reato è stata iscritta nel relativo registro,
non potendosi individuare un diverso dies a quo ai fini in parola),
attesa la scelta processuale operata dall’imputato in favore dello
svolgimento del processo a suo carico nelle forme del giudizio
abbreviato, non è applicabile alle medesime alcuna sanzione
procedimentale di inutilizzabilità non ricorrendo nella fattispecie,
anche su questo non v’è alcuna oscillazione giurisprudenziale, una
ipotesi di nullità patologica (Cass., 12085/2011, rv. 252580).
7

Di qui l’irrilevanza della problematica relativa all’applicazione alla
fattispecie della sospensione feriale del termine annuale anzidetto ai
sensi dell’art. 240-bis disp. att. c.p.p., tenuto conto, altresì, del
principio che gli atti d’investigazione compiuti dopo la scadenza dei
termini di indagine preliminare sono utilizzabili nel giudizio
abbreviato (Cass., Sez. V, 12/07/2010, n. 38420; Cass., Sez. VI,
19/12/2011, n. 12085, rv. 252580; Cass., Sez. VI, 15/12/2011, n.
21265, rv. 252853; Cass., Sez. VI, 24/02/2009, n. 16986, rv.
243257).
Da pag. 26 del ricorso la difesa impugnante ha altresì sostenuto la
tesi della inutilizzabilità delle intercettazioni ai sensi dell’art. 203
c.p.p. sulla base di rilevate discrepanze nelle indicazioni dei
rapporti di p.g.. Trattasi anche in questo caso di doglianza infondata
giacché generica, sia perché non compiutamente argomentata, sia
perché non dimostratane le decisività.
4.2 Infondato si appalesa altresì il secondo motivo di censura.
Secondo constante lezione ermeneutica di questa Corte, il mancato
deposito, presso l’autorità competente per il diverso procedimento,
dei verbali delle intercettazioni altrove disposte, non determina
l’inutilizzabilità dei relativi risultati, in quanto tale sanzione
processuale non è prevista dagli artt. 270 e 271 cod. proc. pen.
(Cass., Sez. VI, 18/02/2008, n. 27042; Cass., Sez. VI, 23/04/2004,
n. 26010, rv. 229973; Cass., Sez. IV, 24/09/2003, n. 44518, rv.
226815; Cass., Sez. I, 15/11/2002, n. 9245, rv. 224697).
Trattasi di principio ben noto alla diligente difesa ricorrente la
quale, non casualmente, ha proposto eccezione di costituzionalità
incentrata sulla irragionevole differenza di disciplina
procedimentale affermata dal giudice di legittimità in relazione al
giudizio ordinario ed a quello speciale, eccezione manifestamente
infondata giacchè la richiesta di essere giudicato allo stato degli atti
integra un atto di volontà dell’imputato, il quale domanda di essere
giudicato in forza di quei precisi esiti documentali, rispetto ai quali
può egli eccepire esclusivamente in relazione alle nullità di ordine
generale ed alle inutilizzabilità c.d. patologiche insussistente nel
caso in esame.
4.3 Manifestamente infondato è infine il terzo motivo di
impugnazione, giacché volto ad una ricostruzione alternativa a
quella ritenuta logicamente dal giudice di merito
Ed invero la corte territoriale, al pari del giudice di prime cure, ha
chiarito, che il colloquio del 18 settembre di cui alla progr. 185 è
avvenuto tra tre persone: l’interlocutore A, e cioè l’imputato, tale
Giuseppe, non identificato, il quale non parla perché sospettoso
circa la presenza di cimici, “ci sono cimici?” si ascolta
nell’intercettazione, l’interlocutore “B”: Quest’ultimo, secondo
8

argomentare di merito, rivolge una precisa domanda a “Pe”, il quale
però non risponde; alla domanda risponde però immediatamente
l’interlocutore “A”, corrispondente, come detto, all’imputato.
Trattasi di una ricostruzione del tutto logica e coerente del fatto alla
quale, giova ribadirlo, la difesa ne oppone un’altra semplicemente
alternativa.
La Corte poi sostiene le sue conclusioni circa la colpevolezza
dell’imputato: a. sulla base della perizia fonica, difensivamente non
contestata in questa sede, che con certezza ha riferito la voce
dell’interlocutore “A” all’imputato; b. valorizzando la circostanza
che l’intercettazione è avvenuta sull’auto abitualmente e comunque
spesso in uso all’imputato, il qual era stato intercettato su quella
vettura il 10.9 precedente, e c. con la ulteriore considerazione, di
contenuto indiziario, che anche gli operatori di p.g. hanno
riconosciuto la voce di “A” in quella dell’imputato.
Va inoltre evidenziato che anche in assenza di quella intercettazione
contestata difensivamente il quadro probatorio risulterebbe
comunque adeguato per la presenza di altre due intercettazioni, una
delle quali eseguita lo stesso giorno di quella controversa (il
18.9.2006) né al riguardo ha la difesa dimostrato la decisività sul
quadro probatorio della eventuale elisione della intercettazione n.
185.
4.4 Un ultima considerazione sulla sentenza assolutoria
dell’imputato in diverso procedimento depositata il 22 gennaio
2014 dalla difesa.
Osserva il Collegio che trattasi di contestazioni diverse, porto e
detenzione di armi da sparo nel processo di cui alla fase attuale,
cessione e vendita di quelle stesse armi nel processo il cui esito di
primo grado, definitivo per la difesa, è stato allegato.
Di qui l’insussistenza di un conflitto di giudicati se riconosciuta la
legittimità della condanna impugnata per cassazione.
Né conflitto di giudicati può riconoscersi nella diversa valutazione
delle fonti di prova, nello specifico delle intercettazioni, da parte di
due istanze di giustizia, di nessuna rilevanza essendo la lettura data
dal secondo giudice di merito del contenuto delle intercettazioni
poste viceversa dal primo giudice a fondamento della decisione di
condanna. Peraltro è appena il caso di osservare che il secondo
giudice ebbe a valutare i contenuti delle intercettazioni non già
come prova della condotta di porto e detenzione di armi, ma solo ed
esclusivamente della condotta di cessione e vendita.
5. Il ricorso va, in conclusione, rigettato con la condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese
processuali.
9

P.T.M.

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 28 gennaio 2014
Il Presidente
Il cons. est.

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