Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 728 del 26/11/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 728 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MUTIGNANI GIOVANNI N. IL 27/11/1961
avverso la sentenza n. 2817/2013 TRIBUNALE di PESCARA, del
13/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
ROTUNDO;
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1′ 944e .3e

Data Udienza: 26/11/2014

R.G. 12580-14

FATTO E DIRITTO
1 .-. Il ricorrente impugna per cassazione la sentenza di cui in epigrafe, resa ai
sensi dell’art. 444 c.p.p., che gli ha applicato la pena secondo la concorde
richiesta delle parti.
Deduce vizio di motivazione ed inosservanza dell’art. 129 c.p.p., a suo avviso
applicabile al caso di specie. Lamenta altresì violazione di legge e vizio di
motivazione con particolare riferimento alla quantificazione della pena,
ritenuta eccessiva.
2 .-. Il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile per
assoluto difetto di specificità. Il ricorrente, in vero, pur dolendosi della
insufficienza delle argomentazioni poste alla base della decisione impugnata,
non indica in alcun modo le ragioni per le quali, in presenza di una richiesta di
applicazione della pena da lui proveniente, che presupponeva la rinuncia
implicita a qualsiasi questione sulla colpevolezza, il Giudice avrebbe dovuto
nondimeno disattendere tale richiesta e pervenire ad una decisione di
proscioglimento basata sull’evidenza della insussistenza del fatto, della sua
mancata commissione da parte dell’imputato, della presenza di cause di
giustificazione, dell’insussistenza dell’elemento soggettivo o in genere della
sua inidoneità ad integrare gli estremi del reato contestato.
Quanto alla seconda censura, una volta premesso che l’applicazione della
pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale,
da un lato, l’imputato ed il Pubblico Ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena, e,
dall’altro, il giudice ha il potere dovere di controllare l’esattezza dei
menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla
dopo aver accertato che non emerge in modo evidente una delle cause di non
punibilità previste dall’art. 129 c.p.p., si osserva che si tratta di doglianza non
consentita, atteso che il giudice, nell’applicare la pena, non ha fatto altro che
attenersi a quanto al riguardo concordato tra le parti, previa verifica e
riconoscimento della relativa congruità.
3 .-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore
della Cassa delle Ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima
equo determinare in euro millecinquecento, non ravvisandosi ragioni per
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P .Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della
cassa delle ammende.
così deciso in Roma, all’udienza del 26-11-14..

c.c.: 26-11-14

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