Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7274 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7274 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZHANG CHANG MENG – ALIAS – LIN FENG N. IL 27/06/1982
avverso la sentenza n. 12/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
NAPOLI, del 30/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fuo vxceA to i a-Go-Kr-f.to
che ha concluso per (2,‘ cw,~12,e~vvio Jecu.<2.._ 14^,v»; o '4~ •••••• Setjetz44- l vIt441-- i la.ettv. CU; 'ThAi9+1 Kic4 2-5 ‹..«. • Unt 1 4 '144..e. liuto"; "T' \42-ia‘c~.44A-0 Udito, per la parte civile, l'Avv Udit i difensor Avv. "t■- ch2;0 Cc>2-°-

Q4JWtA. 14° •
/

Data Udienza: 22/10/2013

Ritenuto in fatto

1.

Il cittadino cinese Zhang Chang Men alias Lin Feng, all’esito del giudizio

di secondo grado, svoltosi dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Napoli, è stato
riconosciuto colpevole dei reati – commessi in San Giuseppe Vesuviano il 22
maggio 2006, in concorso con altri imputati di nazionalità cinese non ricorrenti di omicidio volontario pluriaggravato in danno del connazionale Zhang Shindong
alias Su Zhi Jian (capo A della rubrica), di lesioni personali in danno di Don Yuan,

omicidio pluriaggravato (capo B della rubrica) nonché di porto ingiustificato di
strumenti da punta o da taglio atti ad offendere (capo D della rubrica) ed esclusa
l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203/1991, è stato condannato alla pena
dell’ergastolo nonché alle pene accessorie: dell’isolamento diurno, la cui durata
però, rispetto a quella determinata dal primo giudice (mesi tre), è stata ridotta a
mesi due; dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici, dell’interdizione legale e
dall’esercizio della potestà genitoriale.

2. Secondo la ricostruzione dell’episodio prospettata dai primi giudici e
ritenuta attendibile dai giudici di appello, nella notte tra il 21 ed il 22 maggio
2006, all’interno dell’albergo Villa Paradiso di San Giuseppe Vesuviano, in una
delle sale del ristorante, gestito da cittadini cinesi, dopo una sera di ordinario
lavoro, allorquando erano rimasti in sala solo tre clienti Zhang Shindong, Xhou
Xuequin e Huang Huan ai quali si era aggregato Dong Yuan, cognato del gestore
del locale, sei cittadini cinesi, armati di coltelli e di una pistola, avevano fatto
irruzione nell’esercizio pubblico, dirigendosi verso gli ospiti dell’albergo.
Questi ultimi, nel tentativo di sottrarsi all’aggressione, avevano cercato
rifugio all’interno della stanza 208 sita al primo piano dell’esercizio pubblico, ma,
inseguiti, erano stati raggiunti ed accoltellati così come provato dalle copiose
tracce di sangue rinvenute nel corso del sopralluogo eseguito dai Carabinieri di
San Giuseppe Vesuviano sulle scale, nella stanza indicata e sul balcone.
Le indagini e le intercettazioni telefoniche eseguite, le dichiarazioni delle
parti lese e di Huang Miaojing, sorella del gestore del ristorante e moglie di Dong
Yuan, avevano consentito di individuare in Zhang Chang Meng alias Lin Feng, in
Zhang Wen e Zhang Wei tre dei componenti il gruppo degli aggressori e nel
contrasto insorto tra imprese operanti nel settore dei trasporti dei prodotti cinesi
sul territorio nazionale il verosimile movente dell’aggressione, imputando in
particolare gli aggressori allo Zhang Shindong ed al Huang Huan di essere i
responsabili di un’aggressione perpetrata tempo prima in Prato ai danni di un
loro comune amico.

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Xhou Xuequin e Huang Huan, così modificata l’originaria imputazione di tentato

3. Avverso la decisione della Corte territoriale hanno proposto autonomi
ricorsi per cassazione i difensori dell’imputato, avvocati Sergio Cola e Giovanni
Aricò.
3.1 Nel ricorso proposto dall’avvocato Sergio Cola, dopo una premessa in cui
si censura la palese iniquità del trattamento sanzionatorio riservato al ricorrente,
si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata:
– con riferimento alla condanna di Zhang Chang Men per i reati di cui ai capi
A e B della rubrica, per violazione di legge (art. 110 e 116 cod. pen. e 27 comma

della sussistenza del concorso anomalo di cui all’art. 116 cod. pen.;
– con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n.
1 cod. pen. per assoluta mancanza e illogicità della motivazione;
– con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, per
assoluta mancanza e illogicità della motivazione;
– con riferimento alla pena dell’ergastolo irrogata al ricorrente, per
violazione di legge sostanziale (art 14 legge n. 300/1963) e processuale (art.
721 cod. pen.), in quanto nella richiesta di estradizione dell’imputato dalla
Francia avanzata dal Ministero della Giustizia si affermava che il reato per il
quale si procedeva nei confronti di Zhang Chang Men era un delitto punibile con
la pena massima di anni trenta di reclusione.
3.2 Quanto al primo profilo di illegittimità dedotto, da parte del ricorrente si
sostiene, in particolare, che mentre il percorso motivazionale sviluppato per
disattendere la richiesta di derubricazione del reato sub A in omicidio
preterintenzionale può ritenersi nel suo complesso esente da vizi non altrettanto
può affermarsi per quanto attiene l’esclusione del concorso anomalo.
Al riguardo, nel ricorso, si evidenzia, anzitutto, come la richiesta difensiva si
basasse su plurime emergenze processuali da cui era possibile desumere che lo
Zhang Chang Men si era sì reso disponibile ad accompagnare gli altri correi da
Catania a Napoli, ma che il programma concordato era quello di “dare una
lezione” a Zhang Shindong, vittima designata della spedizione, ma non
certamente quello di cagionarne la morte.
In particolare la circostanza che gli aggressori al momento dell’irruzione nel
ristorante Villa Paradiso fossero armati di cinque coltelli ed una pistola giocattolo
(armi a loro consegnate a Terzigno, da un connazionale chiamato “Occhiali”) era
motivata unicamente dalla circostanza che l’Occhiali, nel segnale ai coimputati la
presenza nel ristorante di Zhang Chang Men, riferì pure che lo stesso si trovava
in compagnia di altre cinque persone, sicché una spedizioni punitiva a mani
nude, appariva impraticabile.
Orbene, in presenza di articolate deduzioni difensive che trovavano riscontro
anche nel contenuto di alcune intercettazioni disposte successivamente ai fatti e
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1, Cost.) e per assoluta illogicità e mancanza di motivazione, in relazione al tema

nelle stesse dichiarazioni rese dal fratello della vittima e da una delle persone
offese (Zhu Xequin), da cui emergeva che il ricorrente, il giorno dell’aggressione,
era armato con la sola pistola giocattolo e che dopo i primi fendenti assestati alle
vittime, aveva esortato i complici ad andar via “perché poteva bastare” e che lo
stesso, dopo i fatti, aveva ripetuto più volte ai suoi interlocutori telefonici, che la
morte del Zhang Chang Men era un evento assolutamente non previsto e
neppure voluto, il percorso motivazionale sviluppato dalla Corte territoriale in
argomento, si rivela, ad avviso del ricorrente, assolutamente incongruo.

proposito dei suoi complici di aggredire fisicamente Zhang Shindong è del tutto
irrilevante, se manca l’assoluta certezza del fatto che l’accordo raggiunto
prevedesse effettivamente l’omicidio di quest’ultimo.
Ed invero, posto che la differenza tra responsabilità concorsuale a titolo di
dolo eventuale e responsabilità per concorso anomalo risiede nella effettiva
previsione ed accettazione del verificarsi dell’evento diverso da quello in origine
voluto, le argomentazioni sviluppate per escludere l’applicabilità del disposto
dell’art. 116 cod. pen., si rivelano, ad avviso del ricorrente, manifestamente
illogiche e contraddittorie, specie allorquando fanno riferimento al carattere
asseritamente micidiale delle armi utilizzate per l’aggressione (dei coltelli piatti,
non puntuti) non considerando tale argomento, in particolare, che la causa del
decesso di Zhang Shindong (shock ipolvemico), in base agli esiti della
consulenza autoptica, è da ricollegare all’insieme delle ferite (ben 33), nessuna
di esse essendo risultata da sola potenzialmente mortale, e quindi all’uso
spropositato delle armi da parte dei correi, mai concordato né previsto dallo
Zhang Chang Meng, potendosi al più ipotizzare una prevedibilità, in concreto,
del nefasto evento morte e pertanto un concorso anomalo nel delitto ex art. 575
cod. pen..
3.3 Quanto poi alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dei motivi futili, nel
ricorso si evidenzia, intanto, come la causale del grave episodio delittuoso sia da
ricercarsi in dinamiche più complesse e molto più oscure rispetto agli evidenziati
dissidi correlati al controllo dei trasporti di prodotti cinesi sul territorio nazionale,
nel senso che anche i giudici di merito hanno fatto riferimento a precise
emergenze processuali che indicavano come i contrasti tra aggressori e vittime
erano da ricollegarsi anche al pregresso ferimento a Prato di tale Tong Meg,
soggetto legato ad una delle due aziende di trasporto, in concorrenza tra loro.
Orbene, si fa rilevare in ricorso, in presenza di una causale non pienamente
chiarita, non potendosi escludere che l’azione costituisca una pur deprecabile
reazione ad una pregressa aggressione nella quale era coinvolto anche Zhang
Shindong, risulta incongruo sostenere che lo stimolo che ha originato il delitto,

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In particolare la circostanza che Zhang Chang Men fosse consapevole del

sia talmente lieve e sproporzionato rispetto al reato, da rendere ancora più
riprovevole il fatto.
3.4 Ulteriore ferma censura alla sentenza di appello viene mossa in ricorso
relativamente al diniego delle attenuanti generiche.
In particolare in ricorso si sostiene che la Corte territoriale ha
incomprensibilimente svalutato il dato della condotta processuale dell’imputato,
che non si è limitato a riconoscere la propria partecipazione, sia pur marginale,
all’episodio delittuoso, ma ha fornito indicazioni sulla propria esatta identità e su

comportamento questo quanto mai insolito per la cultura cinese, ed offerto un
rilevante contributo alla rapida definizione del procedimento, non opponendosi
all’acquisizione degli atti d’indagine, contribuendo alla piena conoscenza del
contenuto delle intercettazioni, altrimenti di difficile interpretazione.
Del tutto incongrua deve quindi ritenersi, ad avviso del ricorrente, la
valutazione della confessione dell’imputato come tardiva ed utilitaristica, come di
mero stile deve ritenersi il riferimento alla pur rilevante gravità del fatto
contestato, specie ove si consideri che l’aver classificato il dolo non come
intenzionale ma come diretto, rende senz’altro il reato meno riprovevole, senza
contare che la condanna di un giovane di appena 23 anni all’epoca dei fatti
nonostante lo stesso abbia dato prova di seria e profonda resipiscenza, si rivela
decisione davvero iniqua e contraria ai principi costituzionali, cristallizzati dall’art.
27 Cost..
3.5 L’ultima censura mossa alla sentenza impugnata afferisce alla violazione
del principio di specialità sancito dall’art. 14 legge n. 300/1963 e 721 cod. proc.
pen., nel senso che precisando la richiesta di estradizione, nel foglio di
informazioni complementari ex art. 95 comma 2 Convenzione Accordi
Schenghen, che il delitto per il quale si procedeva nei confronti del ricorrente
prevedeva una pena massima di anni 30 di reclusione e non invece l’ergastolo, la
condanna dell’estradato ad una pena diversa (e maggiore) rispetto a quella
indicata nella richiesta comportava una violazione del principio di specialità,
come riconosciuto del resto, anche in un recente arresto di questa Corte
regolatrice (Sez. 1, n. 24066 del 10/03/2009 – dep. 11/06/2009, Noschese, Rv.
244009).

4. Nel ricorso presentato dall’avvocato Aricò, con il primo motivo dedotto, la
sentenza di appello viene censurata, sotto il profilo della falsa applicazione della
legge penale nonché del vizio di motivazione, in relazione alla non corretta
qualificazione giuridica del fatto contestato quale omicidio volontario piuttosto
che quale omicidio preterintenzionale.

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(12cL.

quella dei complici, formulando una vera e propria chiamata in correità,

4.1 Al riguardo si evidenzia come, a prescindere da ogni dissertazione
teorica circa l’elemento psicologico del delitto di omicidio preterintenzionale (dolo
misto a colpa o semplicemente dolo), a smentire la tesi secondo cui la volontà
del ricorrente e degli altri concorrenti nel reato fosse quella di uccidere Zhang
Shindong ed il suo amico Huang Huan, invece sopravvissuto all’aggressione,
contribuisce già il solo dato del diverso esito della stessa aggressione, ovvero la
diversa gravità delle lesioni subite da Zhang Shindong rispetto a quelle subite
dallo Huang, specie ove si consideri che gli aggressori sono fuggiti quando nulla

Anche la circostanza che uno dei soggetti aggrediti Zhu Xequin, abbia
riferito nelle sue dichiarazioni, che il più alto tra gli aggressori, da identificarsi
pacificamente come l’odierno ricorrente, dopo alcuni colpi inferti alla vittima
avrebbe detto “di andare via perché poteva bastare”, mal si concilia con la tesi
secondo cui la volontà dell’imputato fosse quella di uccidere e non già di ferire,
come dallo stesso affermato in sede di confessione.
L’aver trascurato tali dati emersi in dibattimento e pure rilevanti ai fini di
una verifica ex post dell’effettiva volontà dell’imputato integra già di per sé una
vizio motivazionale tale da comportare l’annullamento della sentenza.
Per altro anche il dato rappresentato dal contenuto delle intercettazioni
telefoniche nelle quali i parenti della vittima ovvero altri interlocutori sconosciuti
commentavano l’episodio, affermando che l’esito fatale dell’aggressione non era
stato previsto dagli assalitori, e ciò in quanto gli stessi

“davano fendenti

trasversali al corpo… e non avevano fatto nemmeno un fendente dritto al corpo”,
ipotizzando che il non previsto decesso della vittima fosse stato cagionato dalla
sua eccessiva magrezza, è stato completamente trascurato dai giudici di appello,
malgrado lo stesso svaluti uno degli argomenti addotti a sostegno della tesi della
volontarietà dell’omicidio: quello del tipo di coltello utilizzato dagli aggressori (il
coltello da cucina cinese), che rappresenta, in realtà, un dato “neutro”, specie in
assenza di una accurata valutazione del tipo di ferite inferte, totalmente omessa
dai giudici di appello, che hanno privilegiato, invero, il solo dato del numero dei
colpi, ininfluente ove isolatamente considerato, rigettando la richiesta difensiva
di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’esame del medico legale.
In conclusione, si sostiene nel ricorso, l’aver trascurato dei dati niente
affatto secondari, concernenti anche le modalità dell’azione (l’essere gli
aggressori arrivati senza minimamente nascondersi e l’essersene andati
lasciando le vittime solo ferite) e la mancata iniziale previsione dell’uso di armi
(consegnati da “Occhiali” solo dopo che costui aveva informato della presenza di
più persone), pongono seri dubbi sulla effettiva volontà degli imputati ed
avrebbero dovuto trovare comunque ben altra trattazione nel provvedimento
impugnato.
5

impediva loro di proseguire nell’azione delittuosa.

4.2 Con gli ulteriori quattro motivi di impugnazione si censurano, infine,
diffusamente, i punti della sentenza di appello – la mancata applicazione dell’art.
116 cod. pen.; la mancata esclusione dell’aggravante dei futili motivi; il diniego
delle generiche; la condanna ad una pena difforme rispetto a quella indicata
nella richiesta di estradizione – già oggetto dell’impugnazione proposta dal codifensore, sviluppando al riguardo, argomentazioni non dissimili da quelle ivi
prospettate.

1. L’impugnazione proposta nell’interesse di Zhang Chang Men, nei limiti
meglio precisati in prosieguo, è fondata e merita accoglimento.
1.1 Incontestata dal ricorrente la propria partecipazione all’azione delittuosa
perpetrata nelle prime ore del 22 maggio 2006 in danno degli ospiti del
ristorante “Paradiso” sito in San Giuseppe Vesuviano, vanno disattese, in primo
luogo, le deduzioni difensive attinenti alla mancanza di volontà omicida ed alla
natura, al più, preterintenzionale, dell’omicidio.
Nessun profilo di illegittimità è infatti ravvisabile nella decisione impugnata,
per avere la Corte territoriale escluso, con riferimento al reato contestato al capo
A) della rubrica, l’omicidio volontario di Zhang Shindong, l’ipotesi delittuosa di
cui all’art. 584 cod. pen., e ciò in quanto la tesi difensiva della
preterintenzionalità è stata disattesa dai giudici di appello a ragione della
reiterazione dei colpi inferti (otre trenta, come da perizia autoptica in atti), della
violenza con cui gli stessi erano stati portati (le armi utilizzate, affilate e piatte,
in alcuni punti avevano raggiunto il tavolato osseo incidendo lo stesso) e delle
zone corporee – praticamente tutte – cui erano dirette le coltellate).
Le modalità della condotta, in altri termini deponevano, ad avviso dei giudici
di appello, per un’azione accompagnata dalla previsione, in termini di alta
probabilità, della produzione di un evento letale: è di tutta evidenza – si legge
nella semenza impugnata – “che a Zhang Chang Meng ed ai correi si fosse
rappresentato come altamente probabile la morte delle vittime di tal che gli
stessi ne dovevano rispondere a titolo di dolo diretto”.
Orbene tali osservazioni, basate su di una lettura dei dati di fatto non
suscettibile di rivalutazione in questa sede, hanno portato a conclusioni in diritto
incensurabili.
Infondata è quindi la doglianza secondo cui l’elemento soggettivo sarebbe
stato individuato soltanto sulla base degli aspetti della condotta prima evidenziati
e senza verificare approfonditamente l’effettiva volontà degli agenti quale
desumibile dal diverso esito dell’aggressione commessa in danno di Huang Huan
ovvero dal dato obiettivo che gli stessi erano fuggiti dal ristorante “lasciando le
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Considerato in diritto

vittime ancora ferite” quando nulla avrebbe impedito loro di proseguire
nell’azione delittuosa ove effettivamente avessero inteso uccidere anche l’altra
pretesa vittima designata dell’aggressione.
In assenza di strumenti introspettivi sono difatti normalmente le circostanze
di fatto che devono essere indagate quali elementi sintomatici dell’atteggiamento
soggettivo, laddove la fuga degli aggressori e la morte del solo Huang Huan,
sono degli eventi post factum che possono ascriversi, in tesi, ad una pluralità di
fattori (quali la paura di un intervento delle forze di polizia; la concitazione del

certamente inidonei ad escludere l’effettiva sussistenza di una volontà omicida,
quanto meno nelle forme del dolo eventuale.
1.2 Quanto poi alla dedotta configurabilità di un concorso anomalo
dell’imputato nell’omicidio ex art. 116 cod. pen., va anzitutto precisato che i
giudici di appello hanno disatteso tale prospettazione difensiva osservando, sul
punto, che Zhang Chang Men aveva partecipato all’aggressione di Zhang
Shindong, Xhou Xuequin e Huang Huan, unitamente ai cinque connazionali, con
la piena consapevolezza del piano criminoso ed aveva contribuito alla sua
realizzazione sia con la propria presenza sia con la forza intimidatrice derivante
dal possesso di una pistola (sia pur giocattolo), precisando che ciò emergeva, in
modo incontrovertibile, dalle stesse dichiarazioni dell’imputato, posto che il
coinvolgimento dello stesso in un’azione particolarmente violenta che traeva
origine dalle contrapposizioni di due gruppi che si contendevano il predominio nel
trasporto delle merci, non era motivato da alcuna effettiva necessità operativa,
anche perché, come riconosciuto dallo stesso imputato, almeno due dei suoi
complici conoscevano personalmente non solo le vittime “destinatarie della
spedizione punitiva” ma anche il luogo ove le stesse si trovavano, sicché la
partecipazione di Zhang Chang Men non poteva ritenersi imposta dalla
conoscenza, si ripete non esclusiva, che lo stesso aveva delle vittime e
dell’ubicazione del ristorante che li ospitava.
In particolare, con specifico riferimento la posizione del ricorrente Zhang
Chang Men alias Lin Feng, la Corte distrettuale, nel condividere integralmente le
ampie e coerenti argomentazioni del giudice di primo grado, ha ritenuto
dimostrata l’esistenza dei coefficienti oggettivi e soggettivi del concorso nel reato
contestato al capo A), fondata su una condotta di partecipazione coscientemente
volontaria e, dunque, assolutamente incompatibile con il prospettato concorso
anomalo ex art. 116 cod. pen., rilevando che l’accertata spedizione punitiva
costituì sostanzialmente un’aggressione preordinata ai danni di persone intente
pacificamente a banchettare e che Zhang Chang Men era pienamente
consapevole della disponibilità dei coltelli e della possibilità di usarli: ond’è che è
senz’altro giustificato il convincimento relativo all’attribuzione all’imputato del
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momento; l’errato convincimento dell’irreversibilità delle ferite cagionate),

dolo omicidiario, specie ove si consideri, che come già rilevato dal primo giudice,
Zhang Chang Men alias Lin Feng – pienamente coinvolto nelle vicende relative ai
contrasti insorti per l’acquisizione del monopolio nell’attività di trasporto delle
merci prodotte da ditte cinesi – era stato indicato come armato di mannaia e
come “aggressore attivo” dai due feriti Huang Huan e Zhu Xuequin e che le
discordi dichiarazioni rese da Dong Yuan si potevano giustificare anche in
considerazione della maggiore rapidità del medesimo nel darsi alla fuga
lanciandosi dal balcone della stanza d’albergo dove si era rifugiato.

relativamente alla ravvisata sussistenza dell’aggravante di cui agli artt. 576
comma 1 n. 2 e 61 n. 2 cod. pen. /
La decisione impugnata sul punto, presenta infatti delle insuperabili
incongruità che impongono l’annullamento della stessa e l’eliminazione
dell’aggravante.
Al riguardo va in primo luogo evidenziato l’obiettivo contrasto esistente sul
punto tra le decisioni di merito. Ed invero, mentre il primo giudice ha ritenuto
sussistente la contestata aggravante nella forma del “motivo abietto”, di contro,
quello di appello ha ravvisato la sussistenza dell’aggravante nella forma dei
“motivi futili”, espressamente sostenendo che nel caso in esame “la
determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno così lieve,
banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il
comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione
criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante
dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale”.
Ma a prescindere da tale pur evidente contraddizione, la sentenza
impugnata si rivela incongrua, soprattutto, allorquando individua il “motivo
futile” all’origine dell’episodio delittuoso nella finalizzazione dell’aggressione al
conseguimento di un incontrastato controllo sul commercio di prodotti cinesi sul
territorio nazionale.
Ed invero i giudici di appello, oltre a non specificare, pur in presenza di
articolate censure della difesa dell’imputato, gli elementi di prova su cui si
fondava tale assunto del primo giudice, in altra parte dell’impugnata sentenza
(pag. 12) hanno evidenziato, altresì, che la causale della spedizione punitiva era
in effetti da ricercare nella violenta aggressione perpetrata qualche tempo prima,
in Prato, ai danni di tal Tong Meng, un amico comune di Lao Hua e di Zhan Wei,
e nella ferma volontà degli aggressori di vendicarsi nei confronti dei responsabili
di tale aggressione, ovvero Zhang Shindong e Huang Huan.
Orbene, premesso che per la configurabilità della circostanza aggravante
dei motivi abietti o futili occorre che il movente del reato sia identificato con
certezza, non potendo l’ambiguità probatoria sul punto ritorcersi in danno
8

1.3 Fondata deve ritenersi, invece, la censura formulata nei ricorsi

dell ‘ imputato (in tal senso Sez. 1, n. 5864 del 14/12/2000 – dep. 12/02/2001,
Gattellari, Rv. 218081), va in ogni caso osservato che la vendetta, pur sempre
determinata da moti dell ‘animo di scarso o nullo valore e rilevo morale, di per sé
non può indurre, secondo il comune senso morale, a quel profondo senso di
ripugnanza e di disprezzo richiesto per la configurazione dell ‘aggravante prevista
dall ‘ art. 61 n. 1 cod. pen.. (in termini, ex multis, Sez. 1, n. 6231 del 13/04/1994
– dep. 27/05/1994, Balzano ed altri, Rv. 198036).
1.4 Fondata si rivela, infine, anche la censura formulata nei ricorsi

ridimensionamento, sia pure soltanto relativo, della gravità dei fatti contestati
per effetto della disposta eliminazione dell ‘ aggravante di cui agli artt. 576
comma 1 n. 2 e 61 n. 2 cod. pen., la motivazione della decisione impugnata sul
punto si rivela comunque incongrua e lacunosa, nella misura in cui ricollega la
propria decisione in senso negativo, essenzialmente, al rilievo dell ‘ irrilevanza
della confessione resa dal ricorrente, risultando la responsabilità del predetto già
provata alíunde,

laddove la difesa dell ‘ imputato denunciava la mancata

valutazione dell ‘apporto recato dall ‘ imputato all ‘accertamento dei fatti e della
responsabilità di alcuni correi, contributo la cui sussistenza i giudici di appello
sembrano negare, allorquando hanno motivato sul punto (pag. 15 dell ‘ impugnata
sentenza) salvo però riconoscere (pag. 8) l ‘ esistenza di dichiarazioni auto ed
etero accusatorie rese da Zhang Chang Meng.
1.5 Anche con riferimento al diniego delle attenuanti generiche si impone
quindi l ‘annullamento dell ‘ impugnata sentenza per nuovo giudizio in ordine al
tratta en o caygpaOrio, statuizi

questa chz, agedr.,,i2At iccaratteup

assorbente, rende non necessario l ‘ esame e u tenore— motívoi impugnazione
subordinatQ, che in riferimento sempre al trattamento sanzionatorio, denunzia la
illegittima determinazione della pena, in quanto asseritamente viziata da
violazione dell ‘ art. 14 legge n. 300/1963 e dell ‘art. 721 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all ‘ aggravante di cui agli artt.
576 comma 1 n. 2 e 61 n. / cod. pen., che elimina, e alle attenuanti generiche e
rinvia per nuovo giudizio in ordine al trattamento sanzionatorio ad altra sezione
della Corte di Assise di Appello di Napoli; rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2013.

relativamente al diniego delle attenuanti generiche, in quanto a prescindere dal

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