Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7263 del 03/07/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7263 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
KOKKINIS THEODOROS N. IL 19/08/1979
avverso la sentenza n. 301815/2012 TRIBUNALE di VENEZIA, del
22/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
lette/septite le conclusioni del PG Detti
à&
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
F.73 21,314
Uditi difensor Avv.;
,
q)-7:
Data Udienza: 03/07/2013
RITENUTO IN FATTO
•
1.1 Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. emessa in data 22 ottobre 2012, il Tribunale
di Venezia applicava, su richiesta delle parti, la pena complessiva – condizionalmente sospesa
– di anno uno e mesi dieci di reclusione ed C 12.250,00 di multa, così diminuita per il rito, nei
confronti di KOKKINIS Theodoros imputato del reato di contrabbando doganale di t.l.e. (artt.
1.2 Avverso il detto provvedimento propone ricorso l’imputato a mezzo del proprio
fiduciario, lamentando violazione di legge per omessa traduzione della richiesta di applicazione
della pena su richiesta e mancata assistenza dell’interprete nei confronti di imputato alloglotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato per le ragioni indicate dal
P.G. requirente.
2. Invero il Tribunale nel ratificare l’accordo negoziale inter partes ha tenuto conto della
richiesta personalmente avanzata dall’imputato, straniero alloglotta e dunque asseritamente
non in grado di conoscere il significato della lingua italiana. Tuttavia, come rettamente
osservato dal P.G. requirente, la richiesta formulata dall’imputato personalmente, sebbene
assistito dal difensore di ufficio, costituisce atto prodromico alla richiesta di applicazione della
pena inconciliabile con la dedotta mancata conoscenza della lingua italiana, sicchè le deduzioni
difensive contenute nel ricorso si palesano completamente infondate: è evidente, infatti, che
l’imputato, nel formulare personalmente una richiesta di applicazione della pena per un reato
che sapeva di aver commesso (per come risulta sia dagli atti di P.G. con riferimento alle sue
dichiarazioni spontanee sia dall’udienza di convalida dell’arresto) era perfettamente in grado di
comprendere il senso della richiesta da lui formulata, nonché le conseguenze derivanti da tale
sua scelta processuale.
3. Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento – trovandosi egli in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità – della somma di C 1.500,00 (che si ritiene congrua) in favore della Cassa
delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma 3 luglio 2013
110 cod. pen. e 291 bis D.P.R. 43/73).