Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7260 del 06/11/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 7260 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROZZINO EMILIANO N. IL 05/09/1979
LA MATTINA LIBORIO N. IL 26/10/1967
avverso la sentenza n. 1919/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
03/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 06/11/2015

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dott. Enrico DELEHAYE, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
Per gli imputati, l’avv. Patrizia BUGNANO ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Torino in data 3 dicembre 2014, in parziale
riforma della pronunzia emessa in data 20 giugno 2012 dal Tribunale di Biella, riconosciute le
attenuanti generiche anche all’imputato Liborio LA MATTINA, rideterminava la pena inflitta a

euro seicento di multa.
I suddetti imputati erano stati ritenuti responsabili dei reati diffamazione a mezzo stampa.
In particolare, al ROZZINO era stato contestato il reato sub capo A) «per avere, con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale autore dell’articolo pubblicato sul
bisettimanale la “Voce del Canavese” del 23 luglio 2007 dai titoli “Condominiopoli”, dopo una
breve introduzione sullo sviluppo Urbanistico di Chi vasso negli ultimi dieci anni, prendendo
spunto dalla questione resa pubblica dal signor Giuseppe Pillola, che comunicava la mancata
rendicontanzione delle spese di amministrazione del suo condominio di cui è amministratore Lo
Conte Domenico, geometra, Consigliere Comunale e Coordinatore cittadino di Forza Italia,
evidenziando che, apparentemente, la questione è “spicciola ma pare essere la punta di un
iceberg i cui contorni vengono da alcuni indicati come lo scandalo maggiore degli ultimi 20 anni
‘condominio poli’, ponendo una relazione tra il nuovo piano regolatore, che ha dato vita a un
enorme numero di condomini spuntati come funghi, e la spartizione della torta che vede
interessati il politico, l’impresario di fiducia e un numero di amministratori che si possono
contare sulle dita di una mano, cominciando da Loconte finendo a Ciconte, ipotizzando che le
somme richieste per alcune spese amministrative non documentate e giustificate (203.000,00
per condominio) portino alla cifra esorbitante di un milione di euro circa”, offeso la reputazione
di Lo Conte Domenico accostandolo alle prospettazioni formulate e lasciandone implicitamente
intendere un suo coinvolgimento in condotte illecite. Con l’attribuzione di un fatto
determinato».

Al LA MATTINA era stato contestato al capo B) il delitto di cui agli artt. 57, 595 cod. pen. e 13
legge 47/1948 «per non avere impedito, nella sua veste di Direttore Responsabile del
settimanale “La Voce del Canavese”, omettendo di esercitare 17 dovuto controllo sull’articolo
incriminato, la commissione del reato sub a)».

Al LA MATTINA era stato altresì contestato al capo C) il delitto di diffamazione a mezzo stampa
«per avere, nella duplice veste di autore dell’articolo “Condominiopoli, pirlopoli e
avvocatopoli” apparso sul bisettimanale “La Voce del Canavese” il 30 luglio 2007 nonché di
Direttore Responsabile dello stesso giornale, dopo aver pubblicato la lettera con cui l’avvocato
Di Dia Simona, nell’interesse del suo assistito Lo Conte Domenico, sottolineato il carattere il
tono e il contenuto palesemente diffamatorio, dell’articolo apparso sulla “Voce del Canavese” in
data 23 luglio 2007, ne chiede una rettifica, compiacendosi del fatto che i lettori avessero colto

2

questi nella misura di euro mille di multa e quella inflitta a Emiliano ROZZINO nella misura di

l’evidenza dell’associazione tra la vicenda “Condominio poli” e l’Assessore Lo Conte poiché
l’oggetto dell’articolo era proprio il collegamento tra la vicenda condominio poli e alcuni
esponenti politici della città, disquisendo sul conto della parola previa osservazione che la
Magistratura non aveva mai depositato il copyright sulle parole che finiscono in “opoli”,
segnalando sul punto all’avv. DI Dia una delle inchieste di successo del giornale dal titolo
“Avvocatopoli intorno alle parcelle gonfiate di alcuni suoi colleghi civilisti che inguaiavano i
poveri cittadini che a loro si rivolgevano, quasi a volerne insinuare un suo coinvolgimento,

difensore “il pregevolissimo spettacolo cabarettistico di questa settimana, patrocinato dallo
stesso comune in cui il suo assistito è amministratore, dal titolo “Pirlopoli”, offeso la
reputazione di Lo Conte Domenico e di Di Dia Simona».
La Corte territoriale ha confermato le statuizioni civili della sentenza di primo grado, con le
quali gli imputati erano stati condannati al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili,
liquidati in euro diecimila in favore di ciascuna di esse.
2.

Con atto sottoscritto dal loro difensore hanno proposto ricorso entrambi gli imputati

deducendo i seguenti motivi, dopo aver in premessa rilevato in via generale che la Corte di
Appello si è limitata a recepire acriticamente le considerazioni svolte dal giudice di primo grado
circa la non configurabilità dell’esimente invocata, mentre nulla ha detto in ordine alla valenza
diffamatoria degli articoli. Ne conseguirebbe la necessità di fare riferimento anche alla
sentenza di primo grado.
2.1. Con il primo motivo sono stati dedotti violazione di legge e vizi di motivazione in
relazione all’affermazione di responsabilità di entrambi gli imputati per l’articolo pubblicato il
23 luglio 2007.
Viene censurata la sentenza di primo grado che ha ritenuto al valenza diffamatoria dell’articolo
muovendo dalla falsa rappresentazione che venga presa di mira l’attività del Lo Conte quale
amministratore di condominio.
Vengono indicati quindi dei passaggi della motivazione del Tribunale, ritenuti dal ricorrente
contraddittori ed illogici, per affermare che nell’articolo si parla non del Lo Conte ma del caso
dell’amministratore del condominio dell’intervistato Pillola, ovvero il Ciconte, il quale non ha
sporto querela.
2.2. Con il secondo motivo vengono dedotti vizi di motivazione e la mancata o errata
applicazione dell’articolo 51 cod. pen. in relazione all’invocata esimente del legittimo esercizio
del diritto di cronaca quali veridicità della notizia, interesse pubblico alla diffusione e
continenza delle espressioni utilizzate.
Sostengono i ricorrenti che la Corte territoriale, come il Tribunale, nulla hanno detto
sull’interesse pubblico alla notizia, evidentemente ritenendolo sussistente.
Peraltro evidenziano l’erroneità del ragionamento fatto dal Tribunale per escludere la veridicità
della notizia e la correttezza dell’esposizione, rimarcando che anche nella lettera di richiesta di
rettifica inviata dal Lo Conte non si evince alcuna censura specifica al contenuto dell’articolo ed
3

ribadendo il giudizio fortemente negativo su Lo Conte attraverso la segnalazione al suo

alla sua veridicità, essendo di contro censurati solo il titolo e il sottotitolo dell’articolo.
2.3. Con il terzo motivo sono stati dedotti violazione di legge e vizi di motivazione in
relazione all’affermazione di responsabilità del LA MATTINA per l’articolo pubblicato il 30 luglio
2007.
Si evidenzia che il Tribunale anche per questo articolo ha appuntato la sua attenzione sul
titolo, ritenendolo diffamatorio perché fonte di dileggio e disprezzo tanto del Lo Conte che
dell’avv. Di Dia. Si censura quindi la sentenza nella parte in cui non ha motivato sulla portata

Con riferimento poi al termine “pirlopoli”, si deduce che potrà trattarsi al più di una
espressione volgare, ma non certo diffamante e ciò per via della progressiva volgarizzazione
del lessico.
In ogni caso, si sostiene che, esclusa la valenza diffamatoria del titolo ex se, è nel contesto
dell’articolo che essa va valutata, là dove il giornalista, nel fare una disamina delle parole che
finiscono in “opoli”, fa riferimento ad uno spettacolo cabarettistico patrocinato proprio dal
Comune di Chivasso dal titolo “Pirlopoli” e ad altra inchiesta giornalistica dal titolo
“Avvocatopoli”, legate a parcelle gonfiate richieste da parte di avvocati per cause irrisorie.
Si censura altresì la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ripreso un passaggio
dell’articolo dove il giornalista ribadisce che oggetto dell’articolo del 23 luglio era il
collegamento tra la vicenda Condominiopoli ed alcuni rappresentanti politici della città, che
contrasterebbe con la ricostruzione dei fatti in ordine alla valenza diffamatoria dell’articolo del
23 luglio.
Infine censura la sentenza nella parte in cui ritiene che dall’articolo possa ricavarsi che si
attribuisce all’avv. Di Dia di essere parte di un sistema di disonestà basato sull’emissione di
parcelle gonfiate.
2.4. Con il quarto motivo, sempre in relazione all’articolo del 30 luglio 2007, vengono
dedotti vizi di motivazione e la mancata o errata applicazione dell’articolo 51 cod. pen. in
relazione all’invocata esimente del legittimo esercizio del diritto di cronaca quali veridicità della
notizia, interesse pubblico alla diffusione e continenza delle espressioni utilizzate.
2.5. Con l’ultimo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizi di motivazione in
ordine alla liquidazione dei danni in favore delle parti civili.
3. Con fax pervenuto in data 3 novembre 2015, il difensore dell’imputato ha comunicato che
gli imputati intendono rinunziare alla prescrizione, con atto da depositarsi in udienza.
Tale deposito è avvenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati e la sentenza va annullata con rinvio, dovendo la Corte territoriale
provvedere a integrare la motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza nel caso in esame
dell’esimente di cui all’art. 51 cod. pen..
Invero, a fronte di specifici motivi di appello articolati dagli imputati, la Corte territoriale si è
limitata a rilevare che “le caratteristiche di contenuto degli articoli…e delle relative titolazioni
4

autonomamente diffamatoria del titolo.

”ad effetto”, che di volta in volta sono stati utilizzati, già compiutamente valutati dal primo
giudice, sono tali da essere in contrasto sia con il principio di verità sia con il principio della
continenza…La semplice lettura degli articoli, e della sentenza impugnata, non efficacemente
confutata dall’appellante difesa, rende edotti, nel caso di specie, della violazione di entrambi i
principi di cui sopra…».

E’ del tutto evidente che si tratta di motivazione apparente, ove si consideri che nella sentenza
di primo grado non risulta affatto affrontato il tema della ricorrenza della esimente del diritto di

2. Occorre in primo luogo contestualizzare le espressioni usate dagli imputati, secondo quanto
emerge dagli stessi capi di imputazione, dai testi degli articoli di stampa, dalla sentenza
impugnata e da quella di primo grado, alla quale la motivazione della Corte territoriale ha fatto
in buona parte rinvio

per relationem.

Invero, va detto che , in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e
valutare l’offensività delle frasi che si assumono lesive della altrui reputazione, perché è
compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno
della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute
diffamatorie (Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, P.G., P.C. in proc. Dennofonti, Rv. 261284;
Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Fabrizio e altro, Rv. 256706; Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005,
Travaglio, Rv. 233749).
Ciò detto, in via generale si rileva che nel caso in esame i giudici di merito, anche sulla base
dell’impostazione accusatoria cristallizzata nel capo di imputazione, non hanno proceduto ad
una ricostruzione esaustiva dei fatti tenendo conto del tenore complessivo degli articoli
pubblicati e quindi della loro effettiva portata diffamatoria, tenuto conto anche dei diritti sanciti
negli artt. 21 della Costituzione e 51 del codice penale.
Nelle motivazioni dei giudici di merito l’analisi operata appare monca e le valutazioni assumono
una veste meramente assertiva, senza argomentazioni a confutazione delle deduzioni difensive
degli imputati.
3.

Nel primo articolo a firma di Emiliano ROZZINO, nel trattare del tema dello sviluppo

urbanistico della città di Chivasso, si dà atto delle dichiarazioni rese da un cittadino, un certo
Giuseppe Pilolla, e di un altro soggetto, che ha voluto rimanere anonimo, che hanno riferito di
alcune irregolarità nelle amministrazioni di alcuni condomini, tra cui quello del Pilolla.
Si evince dalla sentenza di primo grado che in dibattimento si era appreso dallo stesso Pilolla
che l’amministratore del suo condominio si chiamava “Ciconte”, nome che si ritrova in un
sottotitoletto dell’articolo: “Da Loconte a Ciconte”. Nella sottostante parte dell’articolo il
giornalista da atto di quanto aveva appreso in seguito alla denunzia del Pilolla in ordine a
collegamenti tra “il politico”, “l’impresario di fiducia e infine tanti amministratori quanti se ne
possono contare sulle dita di una mano, piazzati fino a coprire ogni spazio o margine di
manovra, cominciando da Loconte e finendo a Ciconte”.

5

cronaca e critica di cui all’art. 51 cod. pen.

Il nome “Loconte” non viene più citato nell’articolo e si apprende dalle sentenze dei giudici di
merito che esso era riferito a Domenico Loconte, che all’epoca era assessore alle politiche
sociali. Dalla lettera del difensore del Lo Conte, pubblicata in data 30 luglio 2007, si evince
che il Lo Conte, oltre a rivestire il ruolo politico anzidetto, era anche titolare di una società “che
opera a livello nazionale nell’ambito dell’ingegneria e dell’architettura” e che svolgeva l’attività
di amministratore di condominio.
3.1. Orbene, nessuna analisi risulta essere stata fatta dai giudici di merito in ordine

Va subito chiarito che, in tema di esimenti del diritto di critica e di cronaca, la giurisprudenza di
questa Corte si esprime ormai in termini consolidati nell’individuare i requisiti “caratterizzanti”
nell’interesse sociale, nella continenza del linguaggio e nella verità del fatto narrato; in tale
ottica è stato evocato anche il parametro della “attualità della notizia”.
Si è chiarito, quindi, che una delle ragioni fondanti l’esclusione della antigiuridicità della
condotta lesiva dell’altrui reputazione è vista nell’interesse generale alla conoscenza del fatto
ossia nell’attitudine della notizia a contribuire alla formazione della pubblica opinione, in modo
che ognuno possa fare liberamente le proprie scelte, nel campo della formazione culturale e
scientifica.
Peraltro, da tempo questa Corte ha condivisibilmente affermato sulla questione della punibilità
del giornalista il quale, in un’intervista o, comunque, in un qualsiasi resoconto, riporti
dichiarazioni altrui, che <> (così in motivazione, Sez. 5, n.
5192 del 15/03/1999, P.M. in proc. Sinneoni ed altri, Rv. 213175).
Sono state le Sezioni unite di questa Corte a delineare in materia un importante arresto
giurisprudenziale (Sez. U, n. 37140 del 30/05/2001, Gallero, Rv. 219651), con il quale è stato
abbandonato l’indirizzo giurisprudenziale piuttosto rigoroso, fino a quel momento prevalente,
secondo il quale la pubblicazione di un’intervista, dal contenuto diffamatorio, rilasciato da un
terzo al giornalista, non solleva quest’ultimo dalla responsabilità per il delitto di diffamazione
quando non siano stati rispettati i requisiti della verità, dell’interesse sociale della notizia e
7

dichiarazioni dipenda da una loro ben dissimulata falsità, che abbia resistito alle necessarie

della continenza; si è infatti osservato che la casistica offre esempi eclatanti in cui uno dei tre
requisiti suddetti, e cioè l’interesse sociale della notizia, può acquistare un’importanza tale da
importare anche la prevalenza – nel controllo della sussistenza della scriminante del diritto di
cronaca – sugli altri due.
Ciò può verificarsi – hanno osservato le Sezioni Unite – quando un soggetto, che occupa una
posizione qualificata nell’ambito della vita politica, sociale, economica, scientifica, culturale,
rilasci dichiarazioni, pure in sè diffamatorie, nei confronti di altro soggetto, la cui posizione sia

soggetto intervistato che crea di per sé la notizia, indipendentemente dalla veridicità di quanto
affermato e dalla continenza formale delle parole usate. Notizia che, se anche lesiva della
reputazione altrui, merita di essere pubblicata perché soddisfa quell’interesse della collettività
all’informazione che deve ritenersi indirettamente protetto dall’art. 21 Cost..
Ciò perché la notizia è costituita dal fatto in sé delle dichiarazioni del soggetto qualificato,
risultando l’interesse del pubblico ad apprenderla del tutto indipendente dalla corrispondenza al
vero del suo contenuto e dalla continenza del linguaggio adottato: pretendere che il giornalista
intervistatore controlli la verità storica del contenuto dell’intervista potrebbe comportare una
grave limitazione alla libertà di stampa; pretendere che il pubblicista si astenga dal pubblicare
l’intervista perché contenente espressioni offensive ai danni di altro soggetto noto,
significherebbe comprimere il diritto-dovere di informare l’opinione pubblica su tale evento,
non potendo, tra l’altro attribuirsi al giornalista il compito di purgare il contenuto dell’intervista
dalle espressioni offensive, sia perché gli verrebbe attribuito un potere di censura che non gli
compete, sia perché la notizia, costituita appunto dal giudizio non lusinghiero, espresso con
parole forti da un soggetto noto all’indirizzo di altro soggetto noto, verrebbe ad essere
svuotata del suo reale significato.
In casi del genere, allora, il problema che si pone attiene alla qualificazione da dare al soggetto
che rilascia l’intervista, al fine di accertare se effettivamente trattasi di personaggio noto e
affidabile, le cui dichiarazioni siano comunque meritevoli di essere pubblicate, poiché in caso di
posizione di rilievo dell’intervistato vi è l’interesse della collettività ad essere informata del suo
pensiero sull’argomento che forma oggetto dell’intervista medesima.
Detta valutazione ovviamente non può essere sganciata dall’effettivo grado di rilevanza
pubblica dell’evento “dichiarazione”, considerando poi – al fine di verificare se davvero il
giornalista si sia limitato a riferire l’evento piuttosto che a divenire strumento della
diffamazione – in quale contesto valutativo e descrittivo siano riportate le dichiarazioni altrui,
quale sia la plausibilità e l’occasione di tali dichiarazioni.
Si deve, altresì, accertare, attraverso una puntuale interpretazione dell’articolo, se il giornalista
abbia assunto una posizione imparziale, limitandosi a riportare alla lettera le dichiarazioni del
soggetto intervistato, sempre però che il fatto “in sè” dell’intervista, in relazione alla qualità dei
soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto dell’intervista presenti
profili di interesse pubblico all’informazione, tali da prevalere sulla posizione soggettiva del
8

altrettanto rilevante negli ambiti sopra indicati. In tal caso è la dichiarazione rilasciata dal

singolo.
Diversamente, in mancanza di tutte queste condizioni, il giornalista diventa un dissimulato
coautore della dichiarazione diffamatoria e trova applicazione la normativa sul concorso delle
persone nel reato di cui all’art. 110 cod.pen. (si vedano, in senso conforme, tra le tante, Sez.
5, n. 28502 del 11/04/2013, Fregni e altri, Rv. 256935; Sez. 5, n. 2384 del 26/11/2010, PMT
in proc. Napoli e altri, Rv. 249502).
E’ del tutto evidente, allora, che le Sezioni Unite abbiano ridisegnato i criteri dettati dalla
giurisprudenza in tema di diffamazione a mezzo stampa e di legittimo esercizio del diritto di

dichiarazioni di terze persone, ponendo in primo piano l’interesse del pubblico all’informazione
rispetto al primato della tutela dell’onore e della reputazione individuale.
3.2. Tenuto conto dei principi sopra delineati, deve rilevarsi che nel caso in esame i
giudici di merito non hanno dato atto in alcun modo di aver verificato se la posizione dei
soggetti intervistati e le loro dichiarazioni, sul quale è stato costruito l’articolo, fossero di
interesse di pubblica informazione.
Così come emerge dal testo completo dell’articolo, le questioni riferite dai soggetti intervistati
dal ROZZINO riguardano lo sviluppo urbanistico di Chivasso e una serie di profili ad esso
collegati, oggetto di un contenzioso extragiudiziale tra Pilolla e l’amministratore del suo
condominio (si parla della richiesta di rendiconto fatta dal difensore del Pilolla), nonché di
possibile denunzia all’autorità giudiziaria penale da parte dell’altro soggetto intervistato.
Quindi, avuto riguardo al fatto che quanto dichiarato dai soggetti intervistati nell’articolo
sarebbe diventato oggetto di approfondimento anche in sede giudiziaria, potrebbe ritenersi
prevalente l’interesse del pubblico all’informazione rispetto alla tutela dell’onore e della
reputazione individuale.
In altri termini, la possibile notorietà della vicenda e il possibile coinvolgimento in essa anche
di esponenti politici del comune di Chivasso, potrebbero ritenersi fondamento del diritto-dovere
di informare l’opinione pubblica sul contenuto delle interviste fatte dal ROZZINO, nell’ottica di
un delicato bilanciamento tra interesse della collettività alla conoscenza delle informazioni e il
diritto dei soggetti menzionati nell’articolo alla tutela del loro onore e reputazione.
L’intervista è stata fatta a soggetti “qualificati”, in quanto si sono dichiarati vittime di un
sistema illegale, ed è indubitabile che la “notizia” sia costituita dal fatto in sé della dichiarazioni
di tali soggetti (ovvero dal fatto che gli stessi abbiano deciso di tutelare i loro interessi anche in
sede giudiziaria), risultando peraltro l’interesse del pubblico ad apprenderla (del tutto
indipendentemente dalla corrispondenza al vero del suo contenuto e dalla continenza del
linguaggio adottato) avuto riguardo all’estensione del fenomeno denunziato e al
coinvolgimento di alcuni esponenti politici locali.
Ciò può essere sufficiente a ritenere che sia stato esercitato il diritto di cronaca.
Così come affermato nella motivazione della sentenza a Sezioni Unite sopra richiamata,
<

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA