Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 726 del 24/10/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 726 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GRASSI VITTORIO nato il 13/12/1990 a NAPOLI
MIGLIORE ANTONIO nato il 27/02/1988 a NAPOLI

avverso la sentenza del 17/02/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 24/10/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 17/02/2015,
confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal
TRIBUNALE di NAPOLI, in data 16/11/2010, nei confronti di GRASSI VITTORIO in
relazione al reato di rapina e di MIGLIORE ANTONIO in relazione ai reati di cui
all’ art. 337 CP e all’art. 582-585-61 n. 2 cod pen.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati, deducendo i seguenti
motivi:

riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato e alla parametrazione della
pena.
MIGLIORE ANTONIO deduce: Violazione di legge e mancanza o insufficienza
della motivazione in punto responsabilità; Violazione di legge in relazione alla
condanna per lesioni in difetto di querela; violazione di legge e illogica
motivazione in punto determinazione della pena, ritenendo concedibile una pena
inferiore ai minimi edittali.
Il ricorso di GRASSI VITTORIO è inammissibile in quanto generico.
Nell’esposizione non si indica un singolo passaggio della sentenza ritenuto
illogico o carente né si specifica in ordine a quali parametri si ritiene erronea o
insufficientemente motivata la determinazione della pena, limitandosi e
enunciare principi generali privi di raccordo col provvedimento impugnato. Tra i
requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di
inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di
dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma
anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Il ricorso del GRASSI è quindi inammissibile perché privo dei requisiti
prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una
motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indica
gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al
giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio
sindacato.
I motivi del ricorso presentati da MIGLIORE Antonio, con i quali si deduce
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilita’, sono inammissibili, in quanto interamente articolati in fatto.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri
della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle

GRASSI VITTORIO deduce: violazione di legge e vizio di motivazione con

risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone,
riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004,
Elia, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile
ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal
giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha
esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che

riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di
impugnazione, non consente alla Cassazione di sovrapporre la propria
valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito mentre comporta che la
rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali può essere
dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che
siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la
contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ‘ictu oculi’,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di
macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze.
(Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099).
Del tutto sganciata dalla realtà resta la contestazione in ordine alla
mancanza di dolo o alla impossibilità di identificare l’atto contrario all’ufficio
trattandosi di violenza finalizzata a impedire l’accertamento di un reato.
Insussistente la violazione di legge in relazione alla condanna per lesioni in
quanto le stesso sono teleologicamente connesse alla resistenza a pubblico
ufficiale e quindi procedibili d’ufficio.
Il motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio, è inammissibile, in
quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie non ricorre. In particolare, risulta applicata pena parametrata ai minimi edittali,
tanto da non determinare la necessità di specifica motivazione sul punto. Invero,
una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata,
specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria

r

ha riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il

soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella
edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri
di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o
‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a
delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596)
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenté al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal

ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile it ricorse e condanna il, ricorrente al pagamento delle
ci ,2’7 ~
spese processuali OtTé-ITa sonnma -etreifft—duemila alla cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2016

ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186),1biliersamento della somma, che

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