Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7259 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7259 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
CASCONE CARMINE, nato a Torre del Greco, il 13.3.1997 ;
avverso la sentenza del 22.12.2014 della Corte di Appello di
Catanzaro ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Enrico Delehaye che ha concluso per il rigetto del
ricorso ;
udita per la parte civile l’Avv. Sisca Salvatore che ha concluso
riportandosi alla memoria depositata ;
udito per l’imputato l’Avv. Roberto Laghi, che ha concluso
chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio ;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro aveva
integralmente riformato, su appello proposto dalla Procura
Generale distrettuale, la sentenza di assoluzione pronunciata dal
Tribunale monocratico di Castrovillari nei confronti dell’odierno
ricorrente, ritenendolo colpevole del reato di violenza privata
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Data Udienza: 06/11/2015

consumata ed aggravata ai sensi dell’articolo 61, n.11, cp, con la
consequenziale condanna dell’imputato, riconosciutegli le
attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla
pena di 15 giorni di reclusione, oltre al risarcimento del danno
nei confronti della parte civile.

2. Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato deduce, come
primo motivo di ricorso, la violazione, ai sensi dell’articolo
606, comma primo, lett. c ed e, degli articoli 192 e 521, cpp, con
consequenziale nullità della sentenza impugnata per la mancata
correlazione tra imputazione e decisione. Deduce la parte
ricorrente che il capo di imputazione descriveva una condotta di
violenza privata nella forma tentata, mentre la sentenza di
condanna emessa in grado di appello aveva riqualificato il fatto
come delitto consumato, e ciò in violazione dei predetti precetti
normativi.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso la parte impugnante deduce,
ai sensi dell’articolo 606 lett. e, cpp, in riferimento
all’articolo 192, medesimo codice, la manifesta illogicità ovvero
la contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione
di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in
relazione alle risultanze istruttorie. Rileva la parte ricorrente
che la deposizione della persona offesa dal reato deve essere
valutata con la dovuta cautela, essendo soggetta al limite
ordinario dell’attendibilità e dovendo essere sottoposta ad
un’indagine positiva sulla sua credibilità ; deduce pertanto il
vizio motivazionale nella parte in cui la sentenza impugnata non
aveva dato conto dei riscontri esterni alle dichiarazioni della
persona offesa che ne rendessero attendibile la valutazione ; più
in particolare, denunzia la mancata motivazione in ordine alle
dichiarazioni rese dai testi indotti dalla difesa ( Aita e Piraino
), che avevano riferito al Tribunale circostanze probatoriamente
contrastanti con quanto riferito dalla persona offesa ; deduce sul
punto qui da ultimo in discussione una totale carenza di
motivazione del provvedimento impugnato.
2.2 Con il terzo motivo di ricorso si duole, ai sensi
dell’articolo 606, lett. e, cpp, della carenza e della
contraddittorietà della motivazione in punto di valutazione delle
risultanze istruttorie attinenti alle dichiarazioni testimoniali
rese in sede dibattimentale ; si deduce la illogicità della
motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni rese
dai testi Mulà e Cortese.
2.3 Con il quarto motivo di impugnativa la parte ricorrente
deduce, ai sensi dell’articolo 606, comma l, lett. b), la
violazione degli articoli 610 e 56, cp, e comunque l’illogicità
della motivazione in ordine alla valutazione di sussistenza del
delitto contestato. Si duole il ricorrente che nelle condotte
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1.1.Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del
suo difensore, proponendo quattro motivi di doglianza.

contestate non era rintracciabile alcuna valenza minacciosa tale
da determinare una coazione sulla libera volontà e determinazione
della persona offesa.

2.5 Con memoria depositata il 24.10.2015 la persona offesa
eccepiva l’inammissibilità e la manifesta infondatezza del primo
motivo di ricorso per essere stato per la prima volto denunziato
innanzi alla Corte di legittimità, nonché l’inammissibilità del
secondo, terzo e quarto motivo di doglianza perché riguardanti
valutazioni di merito del compendio istruttorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è in parte fondato.
3.1 Devono essere esaminati per primi il secondo ed il terzo
motivo di doglianza che denunziano il vizio motivazionale della
sentenza impugnata, e ciò per ragioni di carattere logico.
Sul punto, deve essere subito evidenziato che la sentenza qui
impugnata aveva integralmente ribaltato la decisione assolutoria
adottata dal primo giudice di merito.
Ciò impone una necessaria e preliminare riflessione sugli obblighi
motivatori incombenti sul giudice di appello.
3.1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la
motivazione della sentenza d’appello che riformi la sentenza di
primo grado, specialmente nel caso in cui affermi per la prima
volta una responsabilità negata dal Giudice precedente, si
caratterizza per un obbligo peculiare, che si aggiunge a quello
generale della non manifesta illogicità e non contraddittorietà,
evincibile dall’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e) (si è
in proposito parlato anche di “obbligo rafforzato”: Sez. 5, n.
35762 del 05/05/2008, Aleksi, Rv. 241169).
Ed invero, nel caso di riforma radicale della precedente
decisione, infatti, il Giudice d’appello deve anche confrontarsi
in modo specifico e completo con le argomentazioni contenute nella
prima sentenza (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv.
231679): non è pertanto sufficiente che la motivazione d’appello
sia intrinsecamente esistente, non manifestamente illogica e non
contraddittoria.
Tale principio rileva in special modo nel caso di decisione di
prima condanna in grado di appello, come avvenuto nel caso di
specie ( per il caso di assoluzione in appello, cfr., invece,
Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013 – dep. 14/01/2014, Ricotta, Rv.
258005; più in generale, Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci,
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2.4 Si chiede infine l’applicazione al caso di specie della
normativa di cui all’art. 131 bis cp, trattandosi di fattispecie
sussumibile nella categoria delle condotte caratterizzate dalla
tenuità del fatto.

3.1.2. Come ripetutamente affermato da questa Corte (cfr. ad es.
Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 251066; Sez. 2, n.
11883 del 08/11/2012- dep. 14/03/2013, Berlingieri, Rv. 254725), è
viziata la motivazione di una sentenza di appello che, a fronte
del medesimo compendio probatorio, si limiti a dare una lettura
alternativa, ma non risulti sorretta da argomenti dirimenti e tali
da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione
assolutoria, che deve, dunque, rivelarsi, a fronte di quella
riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare
in piedi residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di
colpevolezza, violando in tal modo la regola di giudizio sopra
enunciata. Detto altrimenti, è necessaria una forza persuasiva
superiore della seconda motivazione ( Cass., Sez. 6, n. 45203 del
22/10/2013, Paparo, Rv. 256869).
3.2 Altro importante principio che si sta progressivamente
affermando nella giurisprudenza di tutte le Sezioni di questa
Corte è quello, mutuato dalla giurisprudenza della Corte Europea
dei diritti dell’Uomo, secondo cui il giudice di appello, quando
intenda operare un diverso apprezzamento di attendibilità di una
prova orale, ritenuta in primo grado non attendibile, per
riformare in peius una sentenza assolutoria è obbligato – in base
all’art. 6 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, così come
interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti
dell’uomo del 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia – alla
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ( Cass. Sez. 2, n.
45971 del 15/10/2013, Corigliano, Rv. 257502; Sez. 5, n. 47106 del
25/09/2013, Donato, Rv. 257585; Sez. 3, n. 42344 del 09/07/2013,
Polimeno, Rv. 256856; Sez. 5, n. 28061 del 07/05/2013, Marchetti,
Rv. 255580; Sez. l, n. 35730 del 27/03/2013, Lorefice, non
massimata sul punto; Sez. 6, n. 16566 del 26/02/2013, Caboni, Rv.
254623 ).
3.2.1 Deve peraltro ritenersi rilevabile anche d’ufficio la
questione riferita alla violazione dell’art. 6 della Convenzione
Europea dei diritti dell’uomo, così come interpretato dalla
sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 5 luglio
2011, nel caso Dan c/Moldavia”, e ciò anche all’interno del vizio
di motivazione denunziato in ordine alla non attendibilità dei
testi escussi sulla base dei principi di valutazione dettati
dall’art. 192, terzo comma, cpp.
3.2.2 Del resto va qui considerato che la nuova escussione nel
4
)(-

Rv. 191229 ). In questa evenienza, in realtà, la ragione
dell’inadeguatezza strutturale di una decisione d’appello che, pur
in astratto correttamente motivata se in sè considerata, non
dimostri di essersi anche confrontata con le diverse ragioni della
sentenza riformata, risulta dalla documentata non applicazione
della regola di giudizio secondo la quale l’affermazione di
responsabilità è possibile solo quando la colpevolezza risulta “al
di là di ogni ragionevole dubbio” (art. 533, comma 1, cod. proc.
pen.).

In realtà, in mancanza di una nuova escussione, che consenta di
superare le criticità evidenziate dal giudice di primo grado, la
motivazione della decisione sarebbe destinata a non superare il
vaglio di legittimità sotto il profilo del ragionevole dubbio,
poiché la rilettura delle dichiarazioni già ritenute inattendibili
dal giudice di primo grado alla luce di diversi elementi
istruttori ed il rovesciamento del giudizio di attendibilità non
sarebbe in grado di superare la presunzione di non colpevolezza,
che deve guidare il giudice nella valutazione della prova.
Si vuol così sottolineare che il criterio del dubbio, nella
verifica dell’ipotesi di accusa, rappresenta la conseguenza
necessitata del principio costituzionale posto dall’art. 27, comma
2, Cost. e la rinnovazione della prova dichiarativa rappresenta
l’unico mezzo attraverso il quale superare l’affermazione di non
colpevolezza fondata proprio sulla valutazione di quella prova
dichiarativa.
3.2.3 Applicando, pertanto, i principi fin qui esposti al caso di
specie, appare evidente che la deposizione della persona offesa
rappresenta un elemento centrale nell’affermazione di
responsabilità pronunciata dalla Corte di merito. Ciò non di meno
la Corte territoriale ha ritenuto di poter desumere
l’attendibilità del predetto teste da una serie di ulteriori
elementi probatori, senza procedere ad una escussione dello stesso
nel contraddittorio delle parti e pur in presenza di una
valutazione di segno opposto da parte del Tribunale di
Castrovillari.
In tal modo, allora, la Corte territoriale è venuta meno al suo
obbligo di procedere alla rinnovazione dell’atto istruttorio,
imposto dai principi del processo equo sanciti dall’art. 6 della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e al tempo stesso la
decisione risulta viziata con riguardo allo specifico obbligo di
motivazione c.d. rafforzata, direttamente discendente dalla regola
della valutazione della prova di cui all’art. 533, comma l, cod.
proc. pen..
In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla
Corte d’appello di Catanzaro, per un nuovo giudizio che tenga
conto dei principi di diritto fin qui affermati.
4.1 Venendo per completezza di indagine all’esame degli altri
motivi di ricorso, deve ritenersi che anche la prima doglianza
richiede un nuovo esame da parte della Corte territoriale.
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)49

contraddittorio delle parti è necessaria per consentire ai
testimoni di spiegare le imprecisioni ed i contrasti rilevati dal
giudice di primo grado, come appunto è accaduto nel caso di
specie, in cui l’attendibilità della versione della persona offesa
è stata esclusa a causa delle discrasie emergenti tra le
dichiarazioni rese dalla persona offesa ed in particolare i testi
Mulà e Cortese.

4.2.1. Ciò posto, osserva questo Collegio giudicante come in
realtà nel caso di specie non sia verificato invero alcuna
mutazione della struttura dell’imputazione quanto alla condotta,
al nesso causale ed all’elemento soggettivo del reato, atteso che,
a rigore, già nella descrizione dell’editto accusatorio era
presente una descrizione del fatto che evidenziava una condotta
realizzata nella sua forma integrale della consumazione, con la
ulteriore conseguenza che nessuna violazione del diritto di difesa
deve ritenersi integrato nel caso di specie.
4.2.2. Tuttavia, la denunziata violazione risulta evidente in
relazione alla contestata aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cp,
giacché la Corte territoriale non ha adeguatamente motivato,
rispetto ai principi sopra ricordati, la possibilità di contestare
la enunciata aggravante rispetto alla descrizione della condotta
contenuta nel capo di imputazione.
Anche per tale motivo si impone pertanto l’annullamento della
impugnata sentenza con rinvio alla predetta Corte di Appello per
nuovo esame. La Corte di merito potrà, così, anche valutare la
possibilità dell’applicazione dell’istituto di nuovo conio
introdotto dall’art. 131 bis cp, come richiesto da parte
dell’imputato.
5. In ordine al quarto motivo di ricorso, deve ritenersi la
impugnativa genericamente formulata e dunque inammissibilmente
introdotta, giacché la parte ricorrente non spiega in alcun modo
per quale ragione non si sarebbe violata la norma incriminatrice
rispetto ai suoi elementi costitutivi, che invece erano stati
correttamente descritti nel capo di imputazione e poi
rappresentati
nella motivazione
della
sentenza
impugnata.
Peraltro, occorre qui solo incidentalmente ricordare la
giurisprudenza di questa corte di legittimità laddove ha più volte
affermato che l’elemento della violenza nella fattispecie
criminosa di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo
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e

4.2. Sul punto, giova ricordare che la violazione del principio di
correlazione tra accusa e sentenza sussiste solo quando, nella
ricostruzione del fatto posta a fondamento della decisione, la
struttura dell’imputazione sia modificata quanto alla condotta, al
nesso causale ed all’elemento soggettivo del reato, al punto che,
per effetto delle divergenze introdotte, la difesa apprestata
dall’imputato non abbia potuto utilmente sostenere la propria
estraneità ai fatti criminosi globalmente considerati ( Cass.
Sez. 6, n. 34879 del 10/01/2007 – dep. 14/09/2007, Sartori e altri
). Peraltro, va aggiunto, per quanto anche qui interessa, che
qualora una diversa qualificazione giuridica del fatto venga
effettuata dal giudice di appello senza che l’imputato abbia
preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia
del contraddittorio resta comunque assicurata dalla possibilità di
contestare la diversa definizione mediante il ricorso per
cassazione ( Cass., Sez. 2, n. 21170 del 07/05/2013 – dep.
17/05/2013, Maiuri ).

idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di
determinazione e di azione, potendo consistere anche in una
violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di mezzi
anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui,
impedendone la libera determinazione ( Cass., Sez. 5, n. 11907 del
22/01/2010, Cavaleri ).
6. Alla Corte d’appello va rimessa anche la regolamentazione tra
le parti delle spese relative al presente giudizio.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra
sezione della Corte di Appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 6.11.2015

P.Q.M.

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