Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7259 del 03/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7259 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASAGRANDE DANIELE N. IL 17/07/1961
avverso la sentenza n. 213/2012 TRIB.SEZ.DIST. di CONEGLIANO,
del 06/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
lette/septttfe le conclusioni del PG [lett:

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. emessa il 6 giugno 2012 il Tribunale di
Treviso – Sezione distaccata di Conegliano – applicava, su richiesta delle parti, la pena
complessiva di C 5.980,00 di multa (di cui C 4.180,00 in sostituzione di mesi tre e giorni venti
di reclusione ex art. 53 della L. 689/81) nei confronti di CASAGRANDE Daniele, imputato del
reato di omesso versamento di ritenute previdenziali continuato (artt. 81 cpv. cod. pen. e 2 L.

reato (ritenuto, però, più grave) di cui al D.P. di condanna emesso dal GIP del Tribunale di
Treviso il 22.3.2010 e divenuto irrevocabile.
1.2 Avverso il detto provvedimento propone ricorso personalmente CASAGRANDE Daniele,
lamentando l’erronea applicazione delle legge (artt. 81 cpv. e 99 cod. pen.): rileva il ricorrente
che, pur avendo il Tribunale correttamente riconosciuto la continuazione tra i fatti oggetto del
decreto penale di condanna del 22 marzo 2010 e quelli oggetto del presente procedimento
stante la unicità ed identità del nesso criminoso oltre che lo stretto intervallo temporale
intercorrente, ha tuttavia – nell’operare gli aumenti di pena – tenuto conto anche della recidiva
contestata con riferimento ai fatti oggetto del decreto penale di condanna, nonostante la
asserita incompatibilità tra la recidiva e la continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato, per ragioni, tuttavia,
diverse da quelle esposte dal P.G. requirente nel proprio parere.
2. Diversamente da come sostenuto nel ricorso, può ormai dirsi acquisito il principio di
diritto secondo il quale

“non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della

continuazione, sicché, sussistendone le condizioni, vanno applicati entrambi, praticando sul
reato base, se del caso, l’aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione
la quale può essere riconosciuta anche fra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un
altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato” (Sez. Un. 17.4.1996 n.
9148, Zucca, Rv. 205543). Trattasi di un principio che, nonostante alcune isolate decisioni di
diverso segno (Sez. 5^, 11.11.2010 n. 5761, Melfitano e altri, Rv. 249255), può definirsi – e
da tempo – consolidato in base al decisivo rilievo, condiviso da questo Collegio, che recidiva e
continuazione rappresentano istituti autonomi, con struttura e finalità diverse, ma nient’affatto
inconciliabili tra loro. Mentre la prima rappresenta una circostanza aggravante di tipo
soggettivo legata alla inclinazione del soggetto a commettere reati e dunque sintomatica di
una maggiore pericolosità, l’istituto di cui all’art. 81 cpv. cod. pen. si riferisce alla opportunità
di procedere ad un trattamento punitivo unitario nei confronti del reo per i reati compresi, sin
dal primo momento e nei loro elementi essenziali, nell’originario disegno criminoso, in
applicazione della regola favor rei che deroga a quello del cumulo materiale delle pene (in
1

638/83). Detta pena veniva applicata in continuazione con altra pena irrogata per analogo

termini tra le meno recenti Sez. 6″ 13.2.1990 n. 12986, Luzzi, Rv. 185452; v. anche Sez. 1^

2.4.2004 n. 19544, Vecci, Rv. 227981; idem, 13.3.2008 n. 14937, Caradonna, Rv. 240144;
Sez. 6^, Sentenza 24.11.2011 n. 19541, Bisesi e altro, Rv. 252847).
3. Nel caso in esame il Tribunale, nell’uniformarsi a tali principi, ha correttamente operato
l’aumento per continuazione rispetto al reato più grave, tenendo conto anche della recidiva a
suo tempo contestata per quel reato.
4. Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

di inammissibilità – della somma di C 1.500,00 (che si ritiene congrua) in favore della Cassa
delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma 3 luglio 2013
Il Presidente

processuali, nonché al versamento – trovandosi egli in colpa nella determinazione della causa

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