Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7257 del 03/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7257 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIMEONE FRANCA N. IL 03/05/1950
avverso l’ordinanza n. 516/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
lette/seukite le conclusioni del PG Dett
5 r
dca-9-

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 14 marzo 2012 la Corte di Appello di Milano dichiarava
l’inammissibilità dell’appello proposto da SIMEONE Franca avverso la sentenza del Tribunale di
detta città del 4 ottobre 2011 con la quale la predetta imputata era stata ritenuta colpevole del
delitto di cui all’art. 2 della L. 638/83 (omesso versamento di ritenute previdenziali) alle pena
di giorni venti di reclusione ed C 300,00 di multa, condizionalmente sospesa: a motivo della

costituenti riproposizione di analoghe doglianze presi in considerazione dal primo giudice
ancorchè disattese per la loro palese infondatezza.
1.2 Avverso il detto provvedimento propone ricorso SIMEONE Franca a mezzo del proprio
difensore rilevando la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la
Corte distrettuale ritenuto generici motivi in realtà specifici e strettamente connessi al tema
relativo alla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche o, in alternativa, alla
mitigazione della pena in correlazione con la modesta gravità dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato, oltre che generico.
2. Come esattamente rilevato dal P.G. requirente e come, peraltro, risulta dal testo della
sentenza impugnata, la ragione della inammissibilità dell’appello risiede nella sostanziale
genericità dei motivi formulati con l’atto di appello, in quanto reiterativi di quelli già sottoposti
all’esame del giudice di primo grado che aveva – come ricordato dal giudice distrettuale sottolineato la modesta entità del fatto (circoscritto alla violazione relativa ad un solo mese)
irrogando una pena pressochè coincidente con il minimo edittale (giorni venti di reclusione ed C
300,00 di multa) e disponendo per la sospensione condizionale della pena in considerazione,
vuoi della modestissima gravità del fatto, vuoi della occasionalità della condotta, vuoi, anche,
della precedente condanna risalente nel tempo e tale, quindi, da consentire un giudizio
prognostico favorevole di non ricaduta nel reato.
2.1 La doglianza sollevata con l’atto di appello – riproposta nei medesimi termini dinnanzi
a questa Corte Suprema – attiene alla presunta illogicità della decisione nell’avere ritenuto il
motivo afferente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche o alla
riduzione ulteriore della pena, generico: correttamente la Corte di merito ha rilevato – in ciò
condividendo le considerazioni del Tribunale – la correttezza delle argomentazioni sviluppate a
sostegno sia del diniego delle attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen. (ostandovi una
precedente condanna che costituiva, a ragione, elemento negativo nella complessiva
valutazione sulla concedibilità o meno di dette circostanze) sia della non coincidenza della pena
da infliggere con il minimo assoluto edittale.

1

pronunciata inammissibilità la Corte territoriale rilevava la genericità delle censure peraltro

2.2 La decisione impugnata, pur nella sua sinteticità, appare uniformarsi ai principi di
diritto più volte espressi da questa Corte sulla inammissibilità dell’appello per genericità dei
motivi come prescritto dall’art. 581 cod. proc. pen., la quale va esclusa soltanto laddove da
parte dell’appellante non venga individuato ed enucleato il “punto” della decisione che si
intende sottoporre alla nuova valutazione da parte del giudice dell’appello. Tale operazione va
compiuta con puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata e specificando
tanto i motivi di dissenso dalla decisione impugnata quanto l’oggetto della diversa

altri, Rv. 227195; Sez. 1^ 4.12.2012 n. 471, Abbruzzese, Rv. 254090).
2.3 Ne deriva che mentre la riproposizione di questioni già prospettate in primo grado e
disattese dal primo giudice non è sufficiente, di per sé, per dichiarare inammissibile una
impugnazione in quanto l’appello è funzionalmente diretto ad una rivisitazione del merito (in
termini Sez. 3^ 20.11.2012 n. 1470, Labzaoni, Rv. 254259), laddove le questioni poste alla
cognizione del giudice di appello siano disancorate dalla pronuncia censurata ovvero si limitino
a contenere mere affermazioni di principio senza l’esposizione di circostanze concrete tali da
rendere possibile un nuovo esame della questione, la conclusione inevitabile sarà
l’inammissibilità del gravame.
2.4 Nel caso in esame la sentenza impugnata ha sottolineato non solo che le censure
sollevate erano generiche, ma che esse non contenevano – come del resto emerge dalla
lettura del testo – elementi enuncianti le ragioni dell’erronea valutazione delle prove da parte
del primo giudice.
2.5 Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento – trovandosi essa in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità – della somma di C 1.000,00 (che si ritiene congrua) in favore
della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma 3 luglio 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame (cfr. Sez. 6^ 6.2.2003 n. 13261, Valle e

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