Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7256 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7256 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Maiolo Maurizio Narciso, n. a Cirò Marina il 12/04/1971;

avverso la ordinanza della Corte d’Appello di Catanzaro in data 18/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. Geraci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di
Crotone di condanna di Maiolo Maurizio Narciso alla pena di mesi uno di
reclusione ed euro 150 di multa per il reato di cui all’art.2, comma 1 bis, legge n.
463 del 1983 e 81 c.p. per aver omesso di versare le ritenute previdenziali sulle
retribuzioni dei lavoratori nei mesi di gennaio 2006, marzo – maggio 2006 e
agosto – settembre 2006 per un complessivo ammontare di euro 294,00.

Data Udienza: 14/01/2014

2.

Ha proposto ricorso l’imputato lamentando in primo luogo la erronea

applicazione della legge penale e la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione con riguardo alla prova dell’effettiva corresponsione della
retribuzione dovendo considerarsi sotto un primo profilo che il teste Bompignano
dell’Inps ha dichiarato di non avere fatto alcun accertamento circa il pagamento
e di avere rilevato i fatti oggetto dell’imputazione unicamente dalla denuncia

in maniera schematica le presunte somme debitorie, e, sotto un secondo profilo,
che i modelli DM 10 non sono stati mai acquisiti neppure in copia al
dibattimento. Lamenta poi la mancanza dell’elemento soggettivo del reato
dovendo considerarsi l’esiguità della somma omessa con conseguente possibile
errore di calcolo sulle somme da versare e il fatto che la stessa è stata versata
dall’imputato con soli 14 giorni di ritardo rispetto al termine di 90 giorni concesso
per legge; lamenta inoltre che sarebbe stato necessario valutare il contenuto
della contestazione notificata da parte dell’Inps onde verificare il chiaro e
indubbio tenore circa la necessarietà della fissazione di un termine perentorio ed
il suo scrupoloso rispetto ai fini della regolarizzazione della violazione.
Infine eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha tratto la prova del fatto che l’imputato, pur avendo
regolarmente presentato i rendiconti relativi e denunciato le somme corrisposte
ai dipendenti a titolo di retribuzione e la quota contributiva a loro carico, ha
tuttavia omesso di effettuare i versamenti dei contributi stessi, dalla
testimonianza del funzionario Bompignano e dai modelli DM 10 in atti; entrambi
tali elementi vengono contestati dal ricorrente sul presupposto, quanto al primo,
che il teste non avrebbe riferito di accertamenti da lui stesso direttamente
effettuati e, quanto al secondo, che in realtà tali documenti non sarebbero stati
acquisiti in giudizio.
E tuttavia, mentre la valenza probatoria delle dichiarazioni testimoniali non è
certo esclusa per il mero fatto che le stesse abbiano natura

de relato, ciò

comportando, semmai, la possibilità per le parti di chiedere ed ottenere l’esame
della fonte diretta, con riguardo al secondo aspetto, verificabile da questa Corte
in ragione della natura processuale del presupposto della doglianza, risulta dal
verbale dell’udienza del 18/12/2012 che, nel giudizio di primo grado, si provvide,
2

presentata dall’Inps nonché da un prospetto ad essa allegato ove erano riportati

4

su richiesta del P.M. e senza opposizione della Difesa, alla acquisizione di
documentazione Inps attestante le somme a debito del datore di lavoro imputato, evidentemente valorizzate dai giudici di merito per giungere appunto
alle conclusioni ricordate.
Quanto al secondo motivo di ricorso, pedissequamente ripetitivo dei motivi di
appello, è anch’esso manifestamente infondato, giacché il dolo del reato in

generica (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 2354/10 del 18/11/2009, Riitano, Rv.
245909;Sez. 3, n. 5416 del 07/11/2002, Soriano, Rv. 223372); né è
comprensibile il senso della doglianza relativa al contenuto dell’avviso inviato
dall’Inps; in ogni caso, il fatto che l’avviso non indicasse con chiarezza la natura
perentoria del termine di novanta giorni non può provocare alcuna illegittimità
dell’atto posto che un tale termine deriva dall’art. 2, comma 1 bis, della legge n.
463 del 1983 con conseguente inescusabilità di ogni possibile ignoranza sul
punto.

4. L’inammissibilità del ricorso, impedendo la formazione di un valido rapporto
processuale, impedisce la rilevabilità della prescrizione del reato maturata
successivamente alla sentenza impugnata, con riguardo alla mensilità di gennaio
del 2006, in data 16/11/2013 (cfr. Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv.
217266). Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014
Il Presidente

questione, come puntualmente motivato dalla Corte territoriale, ha natura

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