Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7238 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7238 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto
da
Caneva Glauco, nato il 25 agosto 1976
avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza – sezione distaccata di Schio del 3
aprile 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale,
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Orazio Savia, in sostituzione dell’avv. Alessandro Diddi.

Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 30 novembre 2011, pronunciata su richiesta delle parti ex
art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Vicenza – sezione distaccata di Schio ha
applicato all’imputato la pena di mesi 2 di arresto ed euro 20.000 di ammenda, con il
beneficio della sospensione condizionale e con il riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche e della continuazione. Ciò, in relazione al reato di cui all’art. 256,
comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, relativo ad attività di gestione di rifiuti

2001, e 181, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, relativi al mutamento della
destinazione agricola dell’area, soggetta a vincolo paesaggistico, attraverso detta
attività di gestione di rifiuti.
2. – Avverso la sentenza e l’ordinanza di rigetto della richiesta di acquisizione di
documentazione sopravvenuta resa all’udienza del 3 aprile 2013, l’imputato ha
proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo: 1) la violazione del
diritto di difesa, perché il processo sarebbe stato celebrato all’udienza del 3 aprile
2013 all’insaputa dei difensori; 2) l’anomala durata del procedimento e la mancata
assunzione di prova decisiva, costituita da formulari dei rifiuti formatisi
successivamente alla richiesta di patteggiamento; 3) la violazione dell’art. 448,
comma 1, cod. proc. pen., sul rilievo che la pronuncia di patteggiamento sarebbe
intervenuta ben dopo 16 mesi dalla richiesta e, dunque, non nell’immediatezza del
fatto, e con un dispositivo diverso da quanto richiesto dalle parti, non essendo stata
disposta la sostituzione della pena detentiva ex art. 53 della legge n. 689 del 1981; 4)
la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, perché il giudice, pur non
avendo ammesso la produzione documentale richiesta dal difensore e relativa ai
formulari dei rifiuti attestanti la rimessione in pristino dell’area, ne avrebbe comunque
tenuto conto, non condannando l’imputato al ripristino dell’area e, anzi, ordinandone il
dissequestro e la riconsegna all’avente diritto.
La difesa prospetta, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 444 cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 111, terzo comma, Cost.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – Manifestamente insussistente è la violazione del diritto di difesa dedotta
con il primo motivo di doglianza. La circostanza prospettata dal ricorrente, secondo cui
il processo sarebbe stato celebrato all’udienza del 3 aprile 2013 all’insaputa dei

non autorizzata, e ai reati di cui agli art. 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del

difensori, risulta infatti puntualmente smentita dal verbale di udienza, dal quale risulta
la presenza del difensore di fiducia, nella persona di un sostituto da lui designato.
3.2. – Quanto alla mancata assunzione di prova decisiva, costituita da formulari
dei rifiuti, e all’anomala durata del procedimento, deve rilevarsi che i rilievi difensivi
sono formulati in reciproca contraddizione. Lo stesso ricorrente afferma, infatti, che la
pretesa causa di estinzione del reato si è formata dopo la richiesta di patteggiamento,
implicitamente ammettendo che, se il patteggiamento fosse intervenuto

causa estintiva, perché non ancora formatasi.
3.3. – Quanto alla mancata sostituzione della pena detentiva ex art. 53 della
legge n. 689 del 1981, oggetto del terzo motivo di ricorso, è sufficiente qui rilevare
che, dalla semplice lettura della sentenza impugnata, emerge che la relativa richiesta
era stata formulata dalle parti in modo del tutto generico, non essendo indicato il
quantitativo della pena sostitutiva; e ciò, nonostante l’invocato art. 53 della legge n.
689 del 1981 preveda una discrezionalità del giudice nella determinazione delle
dell’ammontare della pena sostitutiva.
3.4. – Inammissibile, per genericità, è il quarto motivo di impugnazione, con cui
si prospetta la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, sul rilievo che
il giudice, pur non avendo ammesso la produzione documentale richiesta dal difensore
e relativa ai formulari dei rifiuti attestanti la rimessione in pristino dell’area, ne
avrebbe comunque tenuto conto, non condannando l’imputato al ripristino dell’area e
ordinandone il dissequestro e la riconsegna all’avente diritto.
Dalla stessa prospettazione difensiva risulta, infatti, che il giudice ha dato per
scontato il fatto che la difesa intendeva provare attraverso la produzione documentale
non ammessa; con la conseguenza che la mancata ammissione di tale produzione non
ha avuto per l’imputato alcuna influenza negativa sulla decisione.
3.5 – La questione di legittimità costituzionale prospettata, in via subordinata,
dalla difesa è irrilevante.
La questione ha per oggetto l’art. 444 cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3
e 111, terzo comma, Cost., nella parte in cui: a) lo stesso non consente all’imputato o
al difensore munito di procura speciale di revocare l’istanza di applicazione della pena
prima della pronuncia del giudice, qualora alla richiesta di patteggiamento
sopravvengano fatti o circostanze che alterino la precedente valutazione di
convenienza, sulla base della quale la parte si sia indotta all’accordo; b) lo stesso non
prevede che, al fine della pronuncia della sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod.
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immediatamente dopo la richiesta, il giudice non avrebbe potuto tenere conto di tale

proc. pen., il giudice possa acquisire e vagliare documentazione fondamentale, ma
sopravvenuta alla richiesta di patteggiamento nelle more della decisione.
Con riferimento al profilo sub a), va rilevato che la difesa afferma – come
appena visto – che il Tribunale ha tenuto in considerazione la documentazione
tardivamente presentata, dando per ammessa la circostanza dell’avvenuto ripristino
dei luoghi, che con tale documentazione si intendeva provare e realizzando in
concreto il pieno soddisfacimento della prospettazione difensiva. Con riferimento al

potuto indurre il giudice ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc.
pen., perché essa si riferisce semplicemente al ripristino dello stato dei luoghi
successivo alla commissione del reato e non è idonea ad escludere la sussistenza del
reato stesso.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.500,00.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

profilo sub b), va invece osservato che la documentazione prodotta non avrebbe

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