Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7237 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7237 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
D’Adamo Carmine, nato il 28 g iu g no 1970
avverso la sentenza del Tribunale di Benevento del 26 marzo 2012 ;
visti g li atti, il provvedimento impu g nato e il ricorso ;
udita la relazione svolta dal consi g liere Alessandro M. Andronio ;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

g enerale,

Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo il ri g etto o, in subordine, l’inammissibilità
del ricorso ;
udito il difensore, avv. Maria Carmela Mignone.

Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 26 marzo 2012, il Tribunale di Benevento ha – per
quanto qui rileva – condannato l’imputato odierno ricorrente alla pena dell’ammenda,
per i reati di cui agli artt. 81, secondo comma, 674 cod. pen. e 256 del d.lgs. n. 152
del 2006, a lui contestati perché, con più atti esecutivi di un medesimo disegno
criminoso, quale autista di un’autocompattatore con semirimorchio, non si adoperava
ad evitare «lo spargimento e l’imbrattamento di percolato fuoriuscito» dal

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di impugnazione, si deduce la erronea applicazione
dell’art. 674 cod. pen., perché tale disposizione presupporrebbe, sotto il profilo
dell’elemento soggettivo, una condotta attiva consistente nel cosciente e volontario
lancio o versamento delle cose. Una tale condotta non sarebbe configurabile in capo
all’imputato, che era un semplice autista e conduceva il camion al momento del fermo
da parte degli agenti. Ciò che si attribuisce all’imputato è che egli avrebbe dovuto
essere a conoscenza dello stato di cattivo funzionamento del camion, reso evidente
dalla fuoriuscita del percolato che lascia una scia lungo la strada. Non si sarebbe
considerato – secondo la difesa – che il camion non aveva fori né vistose anomalie, o
rotture, o comunque vizi palesi che l’autista potesse individuare e verificare, come
confermato da alcuni dei testimoni escussi e dalla documentazione relativa alla tenuta
stagna e alla buona manutenzione del mezzo.
2.2. – Si prospettano, in secondo luogo, l’erronea applicazione dell’art. 674 cod.
pen. nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione,
perché non si sarebbe considerato che dagli atti processuali era emerso che il camion
era in perfetto stato di manutenzione, era stato ispezionato soltanto 20 giorni prima
degli eventi, non aveva fori o fessure; inoltre, al momento del fermo, vi era una
pioggia battente e lo stesso camion si trovava nelle immediate vicinanze di una
discarica; con la conseguenza che la pretesa fuoriuscita di liquidi e di cattivo odore
sarebbe superata da tali univoche risultanze processuali, non prese in considerazione
dal Tribunale. Né si sarebbe considerato che il teste Crivellone aveva sostanzialmente
dichiarato di non ricordare bene le circostanze ed aveva riconosciuto che il camion era
ricoperto di teli.
2.3. – Anche con il terzo motivo di impugnazione si prospettano l’erronea
applicazione dell’art. 674 cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta
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semirimorchio stesso, che transitava lungo la strada pubblica.

illogicità della motivazione, sul rilievo che il Tribunale avrebbe omesso completamente
di valutare il fatto che l’attività in questione era stata oggetto delle autorizzazioni
previste dalla normativa di settore. Ad avviso della difesa, per la sussistenza del reato
di cui all’articolo 674 cod. pen., non è sufficiente rilievo che le emissioni siano
astrattamente idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è indispensabile anche la
puntuale specifica dimostrazione oggettiva del superamento dei parametri fissati dalla
normativa ambientale.

applicazione dell’art. 674 cod. pen., la violazione degli artt. 530 e 533 cod. proc. pen.,
perché la motivazione sulla responsabilità penale sarebbe espressa in termini di mera
probabilità anziché in termini di certezza. In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto
motivare nel senso di ritenere nient’affatto plausibile ogni spiegazione diversa
dall’ipotesi accusatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
I motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente – attengono
essenzialmente alla portata normativa dell’art. 674 cod. pen. e alla motivazione della
sentenza impugnata circa la prova della responsabilità penale.
3.1. – Quanto al primo profilo, deve rilevarsi che la prospettazione difensiva
secondo cui, per la sussistenza del reato, sarebbe necessaria la violazione della
normativa ambientale è manifestamente infondata. Oggetto di contestazione nel caso
di specie è, infatti, la prima delle due fattispecie punita dalla disposizione, che si
riferisce alla condotta di chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in
un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o
molestare persone, senza che sia necessario ad integrare l’illecito la circostanza che il
rigetto o il versamento siano effettuati in violazione della normativa ambientale. E ciò,
a differenza della seconda fattispecie punita dalla richiamata disposizione, nella quale
si fa espresso riferimento ad emissioni di gas, vapori o fumo atti a offendere o
imbrattare un molestare persone ed effettuate nei casi non consentiti dalla legge e,
cioè, in violazione delle normative di tutela dell’ambiente.
Correttamente, dunque, il Tribunale ha ritenuto sussistente nel caso di specie il
reato contestato indipendentemente dall’accertamento di violazioni ambientali.
3.2. – Quanto al secondo profilo, l’intera prospettazione difensiva – articolata in
più motivi – risulta inammissibile, perché evidentemente diretta ad ottenere da questa
Corte una rivalutazione del quadro probatorio, allo scopo di verificare, non la
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2.4. – Con un quarto motivo di gravame, si prospetta, oltre all’erronea

completezza, la logicità e la coerenza interna della motivazione della sentenza
impugnata, ma la praticabilità di ricostruzioni alternative dei fatti.
Deve del resto rilevarsi che il Tribunale ha svolto argomentazioni pienamente
logiche e coerenti, oltre che analitiche, perché ha evidenziato che l’automezzo era
stato visto spandere del percolato lungo la pubblica via durante il suo percorso. Tale
circostanza era stata accertata dai due carabinieri che avevano proceduto
all’accertamento, i quali avevano fornito un’analoga versione dei fatti, evidenziando

fessure causate dallo stato di usura dei sistemi di protezione del mezzo e che lo stesso
percolato era un liquido maleodorante. Le deposizioni dei testi dell’accusa sono state
poste correttamente a confronto con quelle dei testi della difesa, i quali avevano
evidenziato che nel giorno dell’accertamento vi era una pioggia battente e che il
mezzo era stato verificato, sotto il profilo della tenuta stagna, circa 20 giorni prima dei
fatti. Sono stati presi in considerazione anche i documenti prodotti dalla difesa, dai
quali risulterebbe che l’autocarro era stato preso a noleggio in buono stato funzionale.
Tale essendo il complesso delle risultanze istruttorie, il Tribunale ne ha dedotto – con
valutazione logica e coerente e, dunque, insindacabile in questa sede – che l’autista
del camion avrebbe dovuto essere a conoscenza dello stato di cattivo funzionamento
del camion stesso, perché questo era reso evidente dalla fuoriuscita del percolato che
lasciava una scia lungo la strada; scia percepita con evidenza dai carabinieri che
avevano proceduto all’accertamento e, dunque, facilmente percepibile anche
dall’autista del mezzo. E ciò, indipendentemente dal riscontro del buon funzionamento
del mezzo effettuato giorni prima.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

che il percolato fuoriusciva da vari punti, probabilmente in corrispondenza delle

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