Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7233 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7233 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso, proposto da
Totino Roberto, nato il 18 novembre 1952
avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Ivrea del 11 dicembre 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Oscar Cedrangolo, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorso.

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza dell’il dicembre 2014, il Gip del Tribunale di Ivrea, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha – per quanto qui rileva – rigettato l’istanza
dell’interessato diretta ad ottenere l’estinzione del reato di cui ad un decreto penale di
condanna del 23 marzo 2009, divenuto esecutivo il 4 luglio 2010, ed avente ad oggetto
un delitto. Il giudice dell’esecuzione, ha, in particolare rilevato che, per tale decreto
penale, non opera la causa di estinzione prevista dall’art. 460, comma 5, cod. proc.

sia stato commesso un altro delitto.
2. – Avverso l’ordinanza l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen.
Sostiene il ricorrente che il momento iniziale di decorrenza del termine quinquennale
dovrebbe essere fatto risalire al maggio del 2009, perché lo stesso decreto era stato
fatto oggetto di opposizione da parte del coimputato; cosicché, per determinare il tempo
in cui questo era divenuto definitivo, doveva aversi riguardo non alla sentenza
irrevocabile che aveva deciso sull’opposizione, ma ai normali termini previsti per
l’irrevocabilità del decreto l’opposto, non operando a tal fine la norma dell’art. 463 cod.
proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su una doglianza manifestamente
infondata.
La fattispecie dell’estinzione del reato oggetto di un decreto penale di condanna
pronunciato a carico di più imputati, nel caso in cui solo alcuni di essi abbiano proposto
opposizione, è regolata dal combinato disposto degli artt. 460, comma 5, 463, comma
1, 464, comma 5, cod. proc. pen. La prima di tali disposizioni, nella parte che qui rileva,
prevede che «il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne
un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione,
l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole». Il
successivo art. 463, comma 1, prevede che «l’esecuzione del decreto di condanna
pronunciato a carico di più persone imputate dello stesso reato rimane sospesa nei
confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio
conseguente all’opposizione proposta da altri coimputati non sia definito con pronuncia
irrevocabile». Infine, l’art. 464, comma 5, prevede che, «con la sentenza che proscioglie
l’imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato ovvero è
commesso in presenza di una causa di giustificazione, il giudice revoca il decreto di

pen., non essendo ancora decorsi cinque anni dall’esecutività del medesimo senza che

condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto
opposizione».
Ne consegue che il momento in cui il decreto penale di condanna diventa
esecutivo nei confronti degli imputati non opponenti coincide con il momento in cui il
giudizio di opposizione proposto dagli altri è definito con sentenza irrevocabile. E ciò
trova la sua ragione giustificativa nella necessità di evitare contrasti di giudicati, cui
risponde la disposizione che prevede la revoca del decreto penale anche nei confronti

indicate dall’art. 464, comma 5. Diversamente opinando, sì ammetterebbe una
declaratoria di estinzione del reato nonostante un’eventuale pronuncia successiva dì
assoluzione nel merito; ed è questa la ragione che giustifica la diversità del momento
dell’esecutività del decreto penale pronunciato nei confronti di un solo soggetto (o di
più soggetti che non propongano opposizione) e di quello pronunciato nei confronti di
più soggetti, di cui alcuni dei quali non opponenti.
Con riferimento al caso in esame, deve dunque affermarsi il principio secondo
cui, nel caso di decreto penale pronunciato a carico di più soggetti dei quali soltanto
alcuni propongano opposizione, il termine per l’estinzione del reato per i non opponenti,
ai sensi dell’art.’ 460, comma 5, non decorre dalla scadenza del termine per la
proposizione dell’opposizione non proposta, ai sensi dell’art. 461, comma 5, cod. proc.
pen., ma dalla irrevocabilità della pronuncia che decide sull’opposizione proposta dai
coimputati, ai sensi dell’art. 463, comma 1, cod. proc. pen. Dunque, detto termine che è quinquennale, trattandosi di delitto – non deve essere computato-a-partire-dalmaggio 2009, come sostenuto dal ricorrente, ma dal 4 luglio 2010, come correttamente
rilevato dal giudice dell’esecuzione; con la conseguenza che esso non era ancora
decorso al momento della proposizione dell’istanza diretta ad ottenere l’estinzione del
reato.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.

dei non opponenti nel caso si pronuncia di assoluzione degli opponenti per le cause

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 1’11 novembre 2015.

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