Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7229 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7229 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Diella Giovanni, nato il 22 settembre 1958
avverso l’ordinanza del Tribunale di Trani del 14 ottobre 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 14 Ottobre 2014, il Tribunale di Trani, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di sospensione dell’ordine di demolizione
contenuto nella sentenza

gegt-ea.dello stesso Tribunale del 13 giugno 2002, in relazione ad abuso edilizio.
2. – Avverso l’ordinanza l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, formulando deduzioni che si possono così sintetizzare: 1) mancata

problemi di staticità, che risulterebbero da una consulenza tecnica di parte, a fronte
delle contrarie conclusioni che sarebbero state raggiunte da un tecnico di
un’amministrazione non competente; 2) pendenza della procedura dì sanatoria edilizia,
che avrebbe di per sé efficacia sospensiva della disposta demolizione; 3) pretesa
inosservanza dell’art. 33, comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001, per la mancata richiesta
all’amministrazione competente per la tutela dei beni culturali del parere vincolante
circa la restituzione in pristino o l’irrogazione di una sanzione pecuniaria e la mancanza
di motivazione sul punto.
In prossimità della camera di consiglio chNianti a questa Corte, la difesa ha
depositato una memoria con la quale ribadisce l’ultimo motivo di doglianza sopra
riportato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – Il primo motivo di doglianza è formulato in_ modo-non-specifico ed è,
comunque, manifestamente infondato. A fronte di una relazione tecnica di parte con la
quale, sulla base di mere inclímostrate asserzioni, si nega l’evidenza della situazione in
essere, sull’assunto che che la sopraelevazione non potrebbe essere abbattuta senza
danni all’edificio sottostante, il giudice dell’esecuzione correttamente valorizza, in senso
contrario le risultanze dell’accertamento svolto, su incarico dello stesso giudice,
dall’Ufficio tecnico comunale. Da tale accertamento emerge inequivocabilmente che non
vi è alcun ostacolo alla demolizione, perché non sussiste continuità strutturale della
parte da demolire con le parti preesistenti. E non può assumere rilievo in questa sede
la considerazione svolta dalla difesa circa l’incompetenza dell’amministrazione
comunale, perché l’accertamento in questione è stato svolta_in_quanto-richiesto-dal giudice, il quale, nell’assegnazione dell’incarico nell’ambito della procedura di incidente
di esecuzione, non è vincolato dalle ordinarie regole di ripartizione delle competenze

considerazione dell’impossibilità di procedere alla demolizione dell’immobile, per gravi

amministrative tra i diversi uffici, le quali riguardano esclusivamente l’attività
amministrativa in senso stretto.
3.2. – Il secondo motivò di doglianza è anch’esso manifestamente infondato e
genericamente formulato. La difesa non contrasta, infatti, neanche in via di mera
– _
prospettazione, l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui nessuna
prova è stata fornita in ordine all’esito della richiesta di sanatoria, nonostante il
consistente lasso di tempo trascorso dal deposito della relativa istanza (20 dicembre

3.3. – Del tutto ínconferente è, infine, il richiamo della difesa all’art. 33, comma
4, del d.P.R. n. 380 del 2001. Tale disposizione, che si inscrive nel quadro della disciplina
del ripristino dello stato dei luoghi imposto in via amministrativa, prevede che: «Qualora
le opere siano state eseguite su immobili, anche se non vincolati; compresi nelle zone
omogenee A, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il dirigente o il
responsabile dell’ufficio richiede all’amministrazione competente alla tutela dei beni
culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la
irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non
venga reso entro novanta giorni dalla richiesta il dirigente o il responsabile provvede
a utonoma mente>>
La difesa sì limita ad asserire, senza compiutamente richiamare i dati risultanti
dagli atti di causa, che l’immobile sarebbe appartenente alla categoria di quelli che,
anche se non vincolati, sono compresi nelle zone omogenee A; e, in ogni caso, non
considera che il parere vincolante circa la restituzione in pristino cui la disposizione fa
riferimento – e che nel caso di specie non sarebbe stato reso – non riguarda le
demolizioni disposte dal giudice all’esito del procedimento penale, ma solo quelle
disposte in via amministrativa ai sensi dello stesso art. 33.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata-in C-1-A9007 00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
3

2011).

Così deciso in Roma, 111 novembre 2015.

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