Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7219 del 10/12/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 7219 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Beatrice Michele, nato a Torremaggiore il 5/7/1956
avverso la sentenza del 5/5/2015 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 maggio 2015 la Corte d’appello di Milano ha respinto
l’impugnazione proposta da Michele Beatrice nei confronti della sentenza del 10
giugno 2014 del Tribunale di Como, che lo aveva condannato alla pena di mesi
uno di reclusione ed euro 310 di multa per il reato di omesso versamento di
ritenute previdenziali ed assistenziali operate, quale amministratore della S.r.l.
TRE I, sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti per i periodi di
imposta di dicembre 2007 e da gennaio a dicembre 2008 (art. 2, comma 1 bis,
d.L. 463/1983).
La Corte territoriale ha, in accordo con il primo giudice, nuovamente
disatteso l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dall’imputato,
fondata sul rilievo che la società aveva la propria sede in Castellanza e che il
riferimento ad una sede sociale in Maslianico, in Provincia di Como, era

Data Udienza: 10/12/2015

irrilevante, in quanto tale sede era cessata dal 1 dicembre 2008, condividendo la
Corte territoriale il rilievo del Tribunale secondo cui in caso di reati di pari gravità
la competenza per connessione, ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., si determina
in relazione al luogo di commissione del primo reato, in relazione al quale vi era
la comunicazione da parte della sede INPS di Como della prima notizia di reato.
La Corte d’appello ha disatteso anche il rilievo relativo alla mancata
dimostrazione della corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti, evidenziando
che l’omissione contributiva si era protratta per circa un anno, nel corso del

regolare corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti, tenendo conto anche del
fatto che il fallimento della società era intervenuto nel 2010 e che quindi poteva
ritenersi esservi stata continuità della attività di impresa.
Il motivo di appello relativo alla impossibilità di adempimento spontaneo,
per una situazione di difficoltà economica e per l’ammissione della società al
concordato preventivo, è stato ritenuto generico in quanto privo di elementi di
riscontro fattuali, escludendo anche che la crisi di liquidità sopravvenuta
costituisse forza maggiore tale da giustificare l’omissione.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’imputato, mediante il suo
difensore, affidandolo a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato erroneità ed illogicità della
motivazione (art. 606, lett. e), cod. proc. pen.), in relazione al rigetto della
propria eccezione di incompetenza territoriale, in quanto la società TRE I
amministrata dal ricorrente aveva sempre avuto la sua sede legale in
Castellanza, in Provincia di Varese, e non era neppure provato che all’epoca dei
fatti l’unità locale di Maslianico fosse operativa; inoltre, contrariamente a quanto
erroneamente affermato nella sentenza impugnata, il primo accertamento era
stato effettuato dalla sede INPS di Busto Arsizio 1’11 dicembre 2009, e quelle
della sede INPS di Como solamente il successivo 9 febbraio 2012. Ha, inoltre,
richiamato il consolidato orientamento interpretativo secondo cui il reato di
omesso versamento di ritenute previdenziali si consuma nel luogo in cui ha sede
l’ufficio INPS che ha la competenza sul territorio nel quale si trova la sede
effettiva dell’impresa, intesa come centro della prevalente attività amministrativa
e direttiva di organizzazione e coordinamento dei fattori della produzione ed ove
l’impresa abbia aperto la sua posizione assicurativa, con la conseguenza che il
reato contestatogli si era consumato in Busto Arsizio, laddove, avendo la sede in
Castellanza, avrebbero dovuto essere effettuati i versamenti omessi.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato insufficienza e illogicità della
motivazione (art. 606, lett. e), cod. proc. pen.), lamentando la mancanza della
prova della effettiva corresponsione delle retribuzioni, non desumibile dalla sola

2

quale l’impresa dell’imputato aveva continuato ad operare, evidentemente con la

presentazione dei relativi modelli telematici e dall’essere intervenuta la
dichiarazione di fallimento solo nel 2010, e l’insussistenza dell’elemento
soggettivo del reato, in conseguenza della situazione di difficoltà economica della
società, che aveva domandato di essere ammessa al concordato preventivo, con
il conseguente impedimento al pagamento di debiti inseriti nella proposta di
concordato.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato violazione di legge penale e
mancanza di motivazione (art. 606, lett. b) et e), cod. proc. pen.), per l’omessa

generiche e l’insufficienza della motivazione circa la misura della pena ed i criteri
adottati per determinarla.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.

1. Per ciò che = la censura concernente l’erroneo rigetto da parte
della Corte d’appello della eccezione di incompetenza per territorio, fondata sul
rilievo che la società Tre I S.r.l. amministrata dall’imputato aveva sempre avuto
la sede legale in Castellanza, ricompresa nel circondario del Tribunale di Busto
Arsizio, con la conseguente incompetenza territoriale del Tribunale di Como,
occorre osservare che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente
affermato che i reati di omesso versamento dei contributi previdenziali ed
assicurativi e delle relative ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte ai
lavoratori sono di natura omissiva e si consumano nel luogo in cui il versamento
si sarebbe dovuto effettuare nel termine stabilito, e tale luogo coincide con
quello dell’ufficio INPS che ha competenza sul territorio ove si trova la sede
effettiva dell’impresa, intesa come centro della prevalente attività amministrativa
e direttiva di organizzazione e coordinamento dei fattori della produzione, anche

riduzione di pena in conseguenza del riconoscimento delle circostanze attenuanti

se non coincidente con la sede legale, stante il carattere soltanto formale di
quest’ultima (Sez. 3, n. 3985 del 24/11/2000, Pignatti, Rv. 218321; conformi
Sez. 1, n. 3883 del 20/01/2004, Rv. 226855; Sez. 3, n. 9366 del 21/01/2003,
Rv. 223612; Sez. 1, n. 28472 del 09/07/2002, Rv. 221761; Sez. 3, n. 33945 del
05/07/2001, Rv. 219990).
Dagli atti del giudizio di primo grado, cui è consentito l’accesso in ragione
della natura processuale della eccezione e della conseguente censura, atteso che
quando mediante ricorso per cassazione è dedotto, come caso in esame, un
error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la
Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa
questione, può accedere all’esame diretto dei relativi atti processuali (Sez. U, n.

3

5.:

42792 del 31/10/2001, dep. 28/11/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 1, n.
8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304; Sez. 4, n. 47981 del 28/09/2004,
Mauro, Rv. 230568), emerge, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente,
che la società Tre I S.r.l. dallo stesso amministrata, fino all’anno 2009 aveva la
propria sede in Maslianico, comune compreso nel circondario del Tribunale di
Como, giacché ciò si ricava dalla comunicazione di notizia di reato dell’INPS di
Como e da quanto dichiarato dai funzionari di tale sede nel corso del giudizio di
primo grado innanzi a detto Tribunale.

motivazionale e della violazione di legge denunciati dal ricorrente con il primo
motivo di ricorso, essendo stata correttamente ravvisata la competenza per
territorio del giudice del luogo in cui i versamenti omessi avrebbero dovuto
essere effettuati, e cioè l’ufficio INPS di Como (non essendo stati forniti nel corso
delle fasi di merito elementi di fatto per ritenere che la sede effettiva
dell’impresa fosse diversa da quella legale), con la conseguente competenza per
territorio del Tribunale di Como.

2. Del pari infondato risulta il secondo motivo di ricorso, mediante il quale il
ricorrente ha dedotto vizio di motivazione in ordine alla dimostrazione
dell’avvenuto versamento delle retribuzioni ai dipendenti ed alla sussistenza
dell’elemento psicologico in capo all’imputato, in quanto la motivazione della
sentenza impugnata (che ha ricavato la prova della continuità aziendale e della
corresponsione delle retribuzioni attraverso un indice presuntivo univoco,
costituito dalla prosecuzione della attività d’impresa, non spiegabile se non con la
regolare corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti) sfugge al vizio di
illogicità ed insufficienza denunciato dal ricorrente, in quanto l’avvenuto
versamento delle retribuzioni (con la conseguente sussistenza del reato omissivo
contestato) è stato ritenuto provato sulla base di una massima di esperienza (e
cioè l’inverosimiglianza della prestazione di attività lavorativa in assenza del
pagamento delle corrispondenti retribuzioni), di cui è stata fatta logica
applicazione e che non è stata specificamente censurata, potendo, tra l’altro, la
prova del pagamento delle retribuzioni in relazione alle quali sia stato omesso il
versamento dei dovuti contributi previdenziali essere fornita anche mediante
elementi indiziari (Sez. 3, n. 38271 del 25/09/2007, Pellé, Rv. 237829; in
termini Sez. 3, n. 29037 del 20/02/2013, Zampiccoli, Rv. 255454), anche
provenienti dallo stesso imputato, come la compilazione dei modelli DM10, come
avvenuto nel caso di specie ed evidenziato dal Tribunale (in termini Sez. 3,
2/9/2005 n. 32848).
La generica deduzione della situazione di difficoltà finanziaria della società
amministrata dall’imputato e la successiva ammissione della stessa alla
4

Ne consegue, alla stregua dei principi ricordati, l’infondatezza del vizio

procedura di concordato preventivo (peraltro avvenuta nel 2010, allorquando si
era già verificata l’omissione contributiva contestata) non escludono la
volontarietà della condotta omissiva contestata all’imputato né determinano una
forza maggiore, perché lo stato d’insolvenza non libera il sostituto d’imposta dai
doveri verso l’Erario in relazione alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti, in
quanto, per la contemporaneità dell’obbligo retributivo e di quello contributivo, il
medesimo è tenuto a ripartire le risorse esistenti all’atto dell’erogazione degli
emolumenti in modo da poter assolvere al debito para-fiscale, anche se ciò
comporti l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (Sez. 3,

n. 19574 del 21/11/2013, Assirelli, Rv. 259741; conforme Sez. 3, n. 26712 del
14/04/2015, Vismara, Rv. 264306).

3. Infondate risultano anche le censure relative alla omessa riduzione della
pena a seguito del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla
insufficienza della motivazione in ordine alla determinazione della pena.
Per ciò che concerne la mancata indicazione della diminuzione di pena
conseguente alla applicazione delle attenuanti generiche, la Corte d’appello, nel
disattendere la censura dell’imputato, ha ritenuto che tale diminuzione fosse
stata sostanzialmente applicata dal primo giudice nel determinare una pena base
particolarmente esigua. Tale affermazione costituisce sufficiente esplicitazione
della avvenuta considerazione del riconoscimento delle attenuanti generiche
nella determinazione della pena, essendo sufficiente la mera affermazione della
congruità della pena, dovendosi ritenere in tal caso il giudizio di comparazione
implicitamente effettuato con l’esito della prevalenza delle generiche (Sez. 5, n.
4715 del 06/10/1999, Pugliese, Rv. 214563; conforme Sez. 3, n. 42910 del
29/09/2009, Gallicchio, Rv. 245209).
In ordine ai criteri seguiti per la determinazione della pena la Corte d’appello
ha dato atto di aver tenuto conto della richiesta dell’imputato di soggiacere ad
una sanzione contenuta, sia nella misura della pena base sia nella misura degli
aumenti per la continuazione, in tal modo dando conto di aver valutato l’entità
del fatto, la richiesta dell’imputato e la sua personalità, soddisfacendo in tal
modo all’obbligo di motivazione imposto anche per i criteri seguiti per la
determinazione della pena, atteso che la determinazione in concreto della pena
costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio
analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da
parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato,
anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli,
accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di
ritenerla adeguata o non eccessiva, giacché ciò dimostra che egli ha considerato
sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod.
k

5

pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello (Sez. 6, n.
10273 del 20.5.1989 Rv 181825).
In conclusione il ricorso in esame deve essere rigettato e l’imputato
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 10/12/2015

processuali.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA