Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7218 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7218 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAMBERTI DOMENICO N. IL 23/08/1955
avverso la sentenza n. 901/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
18/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 29/11/2013

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta: a) vizio motivazionale ai
sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen.; b) errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606,
lett.b) cod.proc.pen. e vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con
riguardo all’elemento soggettivo del reato e al trattamento sanzionatorio e all’applicazione
degli artt.62-bis e 157 cod. pen.
Osserva la Corte che il ricorso al di là degli ampi e ripetuti richiami ai principi interpretativi e
alle decisioni di questa Corte, non offre alcuno spunto effettivo per comprendere quali passaggi
motivazionali sarebbero illogici o del tutto inadeguati e quali vizi specifici connoterebbero il
percorso argomentativo della Corte. In realtà, la sentenza di appello si è fatta carico delle
censure mosse con l’impugnazione e ha esaminato i profili relativi all’elemento soggettivo del
reato, ritenendo intenzionale la scelta di non provvedere in modo ripetuto nel tempo agli
adempimenti che avrebbe dovuto perfezionare in coerenza con le sue stesse dichiarazioni ex
Mod. DM 10, e al trattamento sanzionatorio; il tutto con motivazione immune da vizi logici
palesi, vizi che il ricorrente neppure individua con chiarezza. In conclusione, secondo il
costante orientamento di questa Corte si considerano generici, con riferimento al disposto degli
artt.581, comma primo, lett.c) e 591, comma primo, lett. c) c.p.p., i motivi che ripropongono
davanti al giudice di legittimità le medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la
sentenza di primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di
appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati. Si tratta di interpretazione
costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed espressa, da ultimo, con la
sentenza della Sesta Sezione Penale, n.22445 del 2009, P.M. in proc.Candita e altri, rv
244181, ove si afferma che “e’ inammissibile per genericità il ricorso per cassazione, i cui
motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al
giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato”.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la non rilevanza in questa sede dell’avvenuta
maturazione dei termini massimi di prescrizione del reato in epoca successiva alla sentenza
impugnata, nonché in epoca anteriore alla sentenza di appello nei casi in cui la prescrizione
stessa non sia stata dedotta in quella sede e non sia stata rilevata (Sez.Un., n.32 del 22
novembre-22 dicembre 2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv
219531; n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Con sentenza in data 18/1/2013 la Corte di Appello di Salerno ha parzialmente la sentenza del
23/4/2009 del Tribunale di Nocera Inferiore a carico del Sig. Domenico Lamberti e,
dichiarati estinti i reati contestati fino al mese di aprile 2005, lo ha condannato alla pena di tre
mesi di reclusione e 300,00 euro di multa in relazione al reato previsto dagli artt.81 cod. pen.
e 2 del d.l. 12/9/1983, n.463, convertito in legge 11/11/1983, n.638, modificata dal d.lgs.
24/3/1994, n.211, commesso in relazione ai mesi di giugno e luglio 2005.

Così deciso in Roma il 29/11/2013.

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