Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7214 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7214 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO MATTEO SALVATORE N. IL 03/11/1967
avverso la sentenza n. 906/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
09/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 29/11/2013

Con sentenza in data 9/5/2013 la Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del
22/1/2013 del Tribunale di Bergamo con cui il Sig. Matteo Salvatore ESPOSITO è stato
condannato in relazione al reato previsto dall’art.5 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74, accertati il
4/9/2009 in relazione all’anno d’imposta 2007.
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta: a) la mancata risposta alle
questioni poste in tema di elemento soggettivo e di danno per l’erario; b) l’errata applicazione
di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. in tema di natura istantanea del reato e
data di accertamento.

Quanto al secondo è sufficiente rilevare che la data di accertamento (rilevante quale momento
di interruzione dei termini prescrizionali) non incide sulla data di commissione, che viene
correttamente definita dall’imputazione con riferimento all’anno d’imposta. Quanto al primo
motivo, la lettura della motivazione rende evidente che la Corte di appello ha affrontato
puntualmente le questioni proposte coi motivi di appello, questioni già prospettate i primo
grado e risolte dal Tribunale in termini conformi al giudizio che poi la corte territoriale ha
espresso. Ebbene, la Corte rileva che, secondo il costante orientamento di questa Corte, si
considerano generici, con riferimento al disposto degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591,
comma primo, lett. c) c.p.p., i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità le
medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che
nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento
della decisione sui punti contestati. Si tratta di interpretazione costantemente applicata dalla
giurisprudenza di questa Corte ed espressa, da ultimo, con la sentenza della Sesta Sezione
Penale, n.22445 del 2009, P.M. in proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che “e’
inammissibile per genericità il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni
ed argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato
dalla motivazione del provvedimento impugnato”.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente Versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29/11/2013.

Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.

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