Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7194 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7194 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SAVINA ROSANNA N. IL 09/09/1953
avverso la sentenza n. 989/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
14/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 29/11/2013

Ritenuto:

— che l’interessata ha proposto ricorso per cassazione deducendo: a) vizio di motivazione e
violazione di legge, ritenendo non dimostrata la sua responsabilità per i fatti contestati, ritenuta sul
solo presupposto della mera proprietà dell’area interessata dagli interventi edilizi, b) mancanza di
motivazione in ordine alla rideterminazione della pena in accoglimento dell’appello del Pubblico
Ministero, c) intervenuta prescrizione del reato nelle more del deposito della sentenza di appello;
— che il primo motivo di ricorso risulta genericamente formulato e consistente, per lo più, in meri
richiami a principi giurisprudenziali, senza alcuno specifico riferimento alle argomentazioni
sviluppate dai giudici del gravame, i quali hanno rilevato che, nell’anno 2004, sull’area di proprietà
dell’imputata, erano state eseguite altre opere abusive demolite d’ufficio e, nel 2006, ella aveva fatto
richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un muro di cinta. Aggiungono i giudici del
gravame che l’area interessata dall’intervento era recintata e chiusa da un cancello con lucchetto e
che tale circostanza e la precedente richiesta di permesso di costruire dimostravano la piena
disponibilità dell’area in capo all’imputata ed il suo interesse ad escludere l’accesso al terreno a terzi.
Osservano, inoltre, che doveva ritenersi inverosimile la tesi secondo la quale soggetti estranei
avessero scavalcato il muro di cinta per realizzare un’abitazione all’insaputa della proprietaria del
terreno, la quale, al contrario, aveva tutto l’interesse, risiedendo in Francia, ad avere, nella zona
della quale era originaria, un’abitazione da utilizzare nei periodi di vacanza. Rilevano, infine, che
l’assenza di contratti di appalto risulta pienamente giustificata dalla natura completamente abusiva
dell’intervento;
–che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la disponibilità di indizi e presunzioni
gravi, precise e concordanti è richiesta con riferimento al proprietario (o comproprietario) dell’area
non formalmente committente e tali indizi sono stati individuati, ad esempio, nella piena
disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad effettuare la
nuova costruzione (principio del “cui prodest”), nella fruizione dell’opera secondo le norme
civilistiche dell’accessione ed in tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da
cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale,
all’esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa. Grava inoltre
sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di
opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (così Sez. III 19 settembre 2008, n.
35907 che riporta anche gran parte degli esempi sopra indicati e ampi richiami a precedenti
pronunce. Conf. Sez. III n. 25669, 3 luglio 2012). Successivamente si è ulteriormente precisato che
ai fini del disconoscimento del concorso del proprietario del terreno non committente dei lavori nel
reato urbanistico occorre escludere l’interesse o il suo consenso alla commissione dell’abuso edilizio
ovvero dimostrare che egli non sia stato nelle condizioni di impedirne l’esecuzione (Sez. III n.
33540, 31 agosto 2012).
— che la motivazione della sentenza impugnata, dunque, appare esauriente e perfettamente in linea
con i principi richiamati;
— che la determinazione della pena appare adeguatamente motivata, avendo i giudici del gravame
posto in evidenza la gravità dei fatti, trattandosi di abitazione di non modeste dimensioni destinata

che la Corte d’Appello di Lecce con sentenza del 14/12/2012 ha riformato parzialmente,
rideterminando la pena originariamente inflitta, la sentenza emessa in data 22/2/2012 dal Tribunale
di Lecce — Sezione Distaccata di Nardò e con la quale SAVINA Rosanna era stata condannata per
violazione della disciplina urbanistica e paesaggistica (reati di cui agli artt. 44 lett. c) d.P.R. 380\01
e 181 d.lgs. 42\2004 acc. Porto Cesareo il 25/1/2008);

alla soddisfazione di bisogni abitativi non primari realizzata, del tutto abusivamente, in zona a
destinazione agricola e sottoposta a vincolo paesaggistico, nonché la particolare inclinazione a
delinque dimostrata dall’imputata, la quale già in passato aveva realizzato sul posto opere abusive
reiterando la condotta nonostante la precedente demolizione d’ufficio;

— che, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi
non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la
prescrizione maturata dopo la pronuncia della decisione di secondo grado(Sez. IV n. 18641, 22
aprile 2004)

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende.

— che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla
declaratoria di inammissibilità — non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della
ricorrente (Corte Cost., 7-13 giugno 2000, n. 186) — consegue l’onere delle spese del procedimento,
nonché del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata,
di euro 1.000,00;

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