Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7190 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7190 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPINA DOMENICO N. IL 08/07/1959
avverso la sentenza n. 19661/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, del
21/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 29/11/2013

Con sentenza in data 21/1/2013 del Tribunale di Napoli il Sig. Domenico SPINA è stato
condannato alla pena di 600,00 euro di ammenda in relazione al reato previsto dagli artt.5 e 6
della legge 30 aprile 1962, n.283, commesso il 16/5/2010.

Osserva la Corte che il ricorrente propone censure che introducono contestazioni in punto di
fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si
tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante
giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Tale conclusione opera per il primo motivo di ricorso, apparendo evidente che la messa in
vendita di alimenti sulla pubblica via senza il minimo accorgimento igienico è condotta
palesemente contraria alla normativa richiamata e risulta incompatibile con dubbi circa
l’elemento soggettivo del reato contravvenzionale, come ampiamente motivato dal Tribunale.
Opera anche per il secondo motivo di ricorso, avendo il Tribunale negato le invocate
circostanze alla luce dei plurimi precedenti penali che, pur escludendosi la contestata recidiva,
sono stati ritenuti ostativi alla concessione delle stesse.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29/11/2013.

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamentano la mancata assoluzione
per insussistenza degli elementi costitutivi del reato e la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche.

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