Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 719 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 719 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALDERARO CALOGERO N. IL 11/06/1943
GUARNIERI CALOGERO (DETTO GIOACCHINO) N. IL
17/04/1949
GUARNIERI FRANCESCO N. IL 16/01/1972
GUARNIERI LUIGI N. IL 16/01/1975
avverso la sentenza n. 3690/2008 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 05/07/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 5 luglio 2010 la Corte d’Appello di Palermo,
giudicando in sede di rinvio da questa Corte di Cassazione, (Sez. V sentenza del
3.12.2007), riaffermava la penale responsabilità – per quanto qui rileva – di
Calderaro Calogero, Guarneri Calogero, Guarneri Francesco e Guarneri Luigi in
relazione alle due ipotesi di reato loro ascritte ai capi N e O della rubrica,

avvenuta in data 3.11.1999, la seconda in data 28.12.2001.
1.1 Giova precisare, sul punto, che :
– con sentenza di primo grado, emessa dal GUP presso il Tribunale di Palermo in
data 28 luglio 2005 gli attuali ricorrenti erano stati ritenuti responsabili dei reati
qui in discussione (nonchè, per Guarneri Calogero del delitto di cui all’art. 416

bis cod. pen. con pronunzia, sul punto, definitiva) con esclusione della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del 1991 ;
– la sentenza della Corte d’Appello emessa in data 8 gennaio 2007 confermava le
statuizioni emesse in primo grado ;
– la sentenza di questa Corte di Cassazione, sez. V del 3 dicembre 2007
annullava con rinvio la decisione della Corte territoriale, in riferimento alle
posizioni qui in valutazione ed ai capi N e O, avendo riscontrato vizio di
motivazione circa la ricorrenza dell’elemento psicologico del reato.
La decisione di questa Corte riguardava in particolare l’analisi delle condotte
contestate agli odierni ricorrenti e consistenti – secondo l’accusa – nella fittizia
intestazione di un impianto di produzione di calcestruzzo ubicato in Canicattì.
Detto impianto sarebbe stato in realtà riconducibile alla famiglia ‘mafiosa’ dei
Guarneri ed in particolare a Guarneri Diego classe ’50 – successivamente
deceduto nell’anno 2000 – ed a Guarneri Calogero ed ai suoi discendenti
(Francesco e Luigi) pur se fittiziamente intestato in un primo momento alla
società Tecno Beton srl (amministrata formalmente da Calderaro Giovanna, figlia
di Calderaro Calogero) e successivamente alla C.C. Calcestruzzi di Calderaro
Calogero e Cuscio Giuseppina Maria Rita (quest’ultima fidanzata di Guarneri
Luigi).
Nell’esaminare i motivi di ricorso afferenti alle imputazioni di intestazione fittizia,
questa Corte da un lato riteneva correttamente accertato e motivato l’elemento
oggettivo del reato, nel senso che effettivamente le intestazioni dell’impianto succedutesi nel tempo – erano da ritenersi ‘di comodo’, trattandosi di attività
economiche realmente gestite, in via di fatto e nel corso del tempo, dai
componenti della famiglia Guarneri, dall’altro evidenziava che la consumazione
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consistenti in violazioni dell’art. 12 quinquies legge n.356 del 1992, la prima

del delitto di intestazione fittizia si verifica all’atto della specifica attribuzione
patrimoniale ed in tale momento va verificata l’esistenza non solo dell’elemento
materiale ma anche dell’elemento psicologico del reato, caratterizzato dalla
specifica finalità di eludere l’applicazione della disciplina ablatoria prevista nel

corpus normativo in tema di misure di prevenzione (all’epoca legge n.575 del
1965) . Tale dolo specifico deve inoltre caratterizzare non solo l’azione di colui
che è interessato a scindere il dato formale della proprietà – attribuendolo al
terzo – dal proprio potere gestorio sul bene ma altresì l’azione del terzo, il quale

elusiva che in tal modo si intende realizzare.
Ciò posto, questa Corte rilevava che sul punto le decisioni di merito non avevano
correttamente ed esaustivamente esaminato il tema della esistenza di detto dolo
specifico in capo ai ricorrenti.
In particolare, la decisione allora impugnata aveva valorizzato – quali elementi
indicativi della consapevolezza del Calderaro di concorrere alla elusione della
normativa antimafia – i contenuti di talune conversazioni intercettate tra soggetti
diversi dagli attuali ricorrenti (conversazione tra Lo Giudice e Greco del
14.8.2001 e conversazione tra Lo Giudice e Marino del 8.3.2002) nonchè
l’esistenza sin dagli anni ’90 di procedimenti giudiziari che avevano posto in
evidenza l’adesione dei membri della famiglia Guarneri di Canicattì (in particolare
Guarneri Diego e Guarneri Calogero detto Gioacchino) al sodalizio mafioso
denominato ‘cosa nostra’ (si cita una sentenza del 1996 emessa dal Tribunale di
Agrigento) e la stessa esistenza dell’accusa di associazione mafiosa contestata al
Garneri Calogero nel medesimo procedimento avente ad oggetto le fittizie
intestazioni.
Tuttavia questa Corte, nel ribadire la necessità di prova della ricorrenza del dolo
nel momento specifico della attribuzione – rilevava che :
– la ricostruzione operata nella decisione di merito valorizzava un fenomeno di
successione ‘interna’ dei ruoli di comando mafioso delle attività svolte dalla
famiglia Guarneri ipotizzando che in un primo momento il vertice di tale
organismo era Guarneri Antonio, deceduto nel 1998, cui sarebbero succeduti nel
ruolo Guarneri Diego, a sua volta deceduto nel 2000, e Guarneri Calogero. Nella
conversazione del 2001 si fa riferimento al Calderaro come prestanome di
Guarneri Diego, poi sostituito da Guarneri Gioacchino e tale elemento appare
senza dubbio rilevante, ma sostanzialmente unico;
– ciò perchè non vi è analisi dei contenuti della citata sentenza del Tribunale di
Agrigento, pur citata;

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si rende disponibile alla intestazione fittizia consapevole della specifica finalità

– non si spiega in modo adeguato perchè le conversazioni del 2001 e del 2002
potessero essere indicative della ricorrenza del dolo specifico in riferimento alle
avvenute attribuzioni patrimoniali ;
– non può essere valorizzato a tal fine il coinvongilmento di Guarneri Calogero
nel medesimo processo per associazione mafiosa, non essendo precisato in che
momento il Guarneri possa aver avuto consapevolezza della iniziativa giudiziaria
avviata nei suoi confronti.
Ferma restando, pertanto, la verifica positiva circa la disponibilità ‘di fatto’

Francesco e Luigi (si veda quanto affermato a pag.41 della decisione in esame)
questa Corte riteneva necessario – in riferimento a tutti gli odierni ricorrenti – il
rinvio al giudice di appello al fine di « indicare con precisione, ove sussistenti, gli
elementi di fatto dai quali si ricavi che la condotta consistita nella attribuzione
fittizia dei beni di cui ai capi N e O fosse stata posta in essere con la coscienza e
volontà di perseguire il fine – proprio anche solo dei titolari di fatto ma condiviso
dal terzo intestatario fittizio – di eludere l’applicazione di misure di prevenzione
prevedibilmente prossime ad essere irrogate».

1.2 In sede di giudizio di rinvio, la Corte territoriale riteneva raggiunta la prova
della ricorrenza dell’elemento psicologico dei reati qui in esame.
Ciò in relazione ad una serie di elementi istruttori – combinati tra loro – che
possono così sintetizzarsi:
– è stata acquisita la sentenza emessa dalla Corte di Assise (e non dal Tribunale)
di Agrigento in data 28.3.1996 nei confronti di Guarneri Antonio e Guarneri
Diego in relazione al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. .
In tale decisione veniva riconosciuta l’appartenenza a cosa nostra di Guarneri
Antonio – capofamiglia di Canicattì – con condanna del medesimo, poi deceduto
nel 1998, alla pena di 12 anni di reclusione mentre Guarneri Diego veniva
assolto per non aver commesso il fatto;
– venivano altresì acquisiti i decreti di sottoposizione a misure di prevenzione nei
confronti di Guarneri Antonio, Diego ed altri componenti della famiglia; detti
decreti comprendono gli anni intercorsi dal 1995 al 2005 e attestano la
penetrazione della famiglia mafiosa nel settore economico della produzione di
calcestruzzo;
– veniva escusso un ulteriore collaboratore di giustizia, tal Di Gati Maurizio, sulle
attività delle famiglie mafiose nella zona dell’agrigentino.
La Corte evidenzia, nel valutare gli apporti istruttori, che effettivamente dopo la
morte di Guarneri Antonio gli interessi economici nel settore del calcestruzzo,
ricollegabili ai capitali mafiosi, vennero curati da Guarneri Diego e Guarneri
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dell’impianto di calcestruzzo in questione in capo a Guarneri Calogero ed ai figli

Calogero. Da ciò la conferma delle deduzioni logiche correlate all’analisi dei
colloqui intercettati e relativi alla Tecno Beton, da ritenersi nelle mani della
famiglia Guarneri (Calderaro Calogero ‘appariva’ originariamente per Guarneri
Diego e quest’ultimo era stato sostituito da Guarneri Calogero detto Gioacchino).
Il ruolo svolto da Calderaro Calogero era dunque di socio di fatto dei Guarneri e
costui era subentrato, quale prestanome, al cugino Marino Calogero, proprio
attraverso la costituzione della Tecno Beton. Ciò risulterebbe confermato anche
dalla deposizione del teste Sorriso Leopoldo, imprenditore di Canicattì, che ha
Il complesso degli elementi raccolti consente di ritenere pienamente sussistente
l’elemento psicologico del reato e la specifica finalità elusiva in capo agli attuali
ricorrenti.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione – a mezzo dei rispettivi difensori Calderaro Calogero, Guarneri Calogero, Guarneri Francesco e Guarneri Luigi.
2.1 Nel ricorso redatto nell’interesse di Calderaro Calogero si articolano tre
motivi.
Con il primo si deduce vizio di motivazione e violazione di legge in riferimento
alla rinnovata affermazione di penale responsabilità per i reati oggetto della
decisione. Il ricorrente evidenzia che il giudice di rinvio non avrebbe affatto
colmato le lacune motivazionali che avevano determinato l’annullamento della
prima decisione di appello. Resterebbe, infatti, privo di reale motivazione il punto
segnalato da questa Corte ovvero la ricorrenza, in fatto, di elementi da cui
desumere l’esistenza del dolo specifico al momento della attribuzione
patrimoniale. Gli argomenti evidenziati dalla Corte territoriale si limitano a
ribadire l’esistenza di una scissione – peraltro parziale – tra proprietà formale e
controllo di fatto da parte della famiglia Guarneri ma nulla aggiungono sul punto
oggetto dell’annullamento.
Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche. La
sentenza nulla dice sul punto, a fronte della incensuratezza del ricorrente.
Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla mancata
concessione della sospensione condizionale della pena. Non vi è alcun argomento
speso in motivazione circa tale aspetto a fronte della ricorrenza dei presupposti
di legge.
2.3 Nel ricorso redatto nell’interesse di Guarneri Calogero, Guarneri Francesco e
Guarneri Luigi si articolano due motivi.

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riferito circa la qualità di prestanome dei cugini Guarneri svolta dal Calderaro.

Con il primo si denunzia mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Vi
sarebbe, ad avviso del ricorrente, aperta violazione dell’obbligo determinato dalla
sentenza di rinvio circa la verifica di aspetti concreti da cui poter dedurre la
ricorrenza del dolo specifico e della finalità elusiva. La motivazione sarebbe, in
sostanza, riproduttiva della precedente decisione oggetto di annullamento. Si
ribadisce che il decreto applicativo di misura di prevenzione risulta applicato a
Guarneri Calogero solo nell’anno 2004 e pertanto le fittizie intestazioni
riguardano un periodo di molto antecedente. Sarebbe, sul punto, erronea in

familiari, destinatari di misure nel periodo precedente. Circa Guarneri Francesco
e Guarneri Luigi la Corte territoriale nulla dice.
Con il secondo motivo si rappresenta, in ogni caso, l’omessa applicazione dell’art.
129 cod. proc. pen. in rapporto alla intervenuta estinzione del reato per
prescrizione. Già in primo grado è stata infatti esclusa l’aggravante di cui all’art.
7 legge 203 del 1991 ed il reato in questione ha pena massima di anni sei. I reati
sarebbero dunque estinti per prescrizione già prima della decisione emessa il 5
luglio 2010.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La decisione impugnata va annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione
dei reati contestati ai capi N e O della originaria rubrica, unici oggetto del
giudizio di rinvio.
Il tema del decorso del tempo, affrontato nel secondo motivo di ricorso dei
Guarneri appare decisivo ed assorbente, atteso che le fittizie intestazioni
contestate risalgono al 3.11.1999 e al 28.12.2001 e risulta esclusa, in fatto, la
ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203 del ’91.
Il reato di attribuzione fittizia è da ritenersi reato istantaneo con effetti
permanenti e si consuma nel momento in cui viene realizzata l’attribuzione
medesima, sostenuta dalla finalità di eludere le disposizioni di legge in tema di
prevenzione patrimoniale, come ritenuto in numerosi arresti, tra cui di recente
Sez. H n.23197 del 290.4.2012, rv 252385.
Non essendovi indicazione di sospensioni, pertanto, il termine prescrizionale
ultimo, relativo alla seconda contestazione è quello del 28.5.2009.
Va peraltro negato l’effetto più favorevole di cui all’art. 129 comma 2
cod.proc.pen. risultando infondati tutti i motivi di ricorso relativi alla
affermazione di penale responsabilità operata.
Pur attraverso una verifica limitata al profilo di «evidenza» di cui alla suddetta
previsione normativa, va infatti affermato che il giudice di rinvio, lungi dal
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diritto l’assimilazione della posizione di Guarneri Calogero a quella di altri

riproporre i medesimi contenuti della decisione oggetto di annullamento aveva
correttamente esteso il percorso valutativo, includendo circostanze idonee a
rappresentare – all’epoca delle fittizie intestazioni – la ricorrenza dell’elemento
psicologico in capo agli imputati.
Risultavano infatti già operate attività giudiziarie di contrasto all’agire mafioso di
Guarneri Antonio (condannato con la acquisita decisione del 1996 per 416 bis) e
Guarneri Diego (coinvolto nella verifica giudiziaria del ’96, pu(se assolto, ma
destinatario di procedure di prevenzione) e tale dato indubbiamente rileva al fine

sotto il profilo dell’elemento materiale.
Va pertanto emessa decisione di annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione dei reati oggetto del procedimento. La pena inflitta a Guarneri
Calogero va dunque rideterminata nella misura di anni sei di reclusione per
effetto della sola responsabilità – già passata in cosa giudicata – per il delitto di
cui all’art. 416 bis.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente ai reati di cui ai capi N
e O perchè estinti per prescrizione.
Per l’effetto ridetermina la pena nei confronti di Guarneri Calogero in anni sei di
reclusione.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso il 8.10.2013

di qualificare la finalità elusiva delle fittizie intestazioni, già ritenute dimostrate

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