Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7188 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7188 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
TURIACO Ignazio n.Essones (Francia) il 24 febbraio 1974
avverso la sentenza emessa il 19 novembre 2013 dalla Corte di appello di Milano

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Giulio Romano, che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
sentito l’avv. Guido Contestabile del foro di Palmi, sostituto dell’avv. Enrico Bucci del foro di
Torino, il quale si è riportato ai motivi di ricorso;
osserva:

Data Udienza: 05/11/2015

2_

Ritenuto in fatto
1.

Con sentenza in data 19 novembre 2013 la Corte di appello di Milano ha

riformato la sentenza emessa il 20 maggio 2010 dal Tribunale di Milano con la quale Turiaco
Ignazio era stato dichiarato colpevole dei delitti di riciclaggio di autovetture contestati ai capi 6,
8 e 11 dell’imputazione ed era stato condannato, ritenuta la continuazione, alla pena di anni
cinque di reclusione ed euro 2.000,00 di multa. La Corte territoriale ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti dell’appellante in ordine al delitto contestato al capo 6 per precedente

multa.
2.

Avverso la predetta sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso

per cassazione deducendo:
1) l’erronea applicazione dell’art.420 quater cod.proc.pen. in relazione alla dichiarazione
di contumacia emessa all’udienza del 20 ottobre 2009 dal giudice di primo grado sul
presupposto che il decreto di citazione a giudizio fosse stato validamente notificato all’imputato
presso il difensore domiciliatario, e dell’art.420 ter cod.proc.pen. per l’omessa traduzione per
l’udienza di rinvio del 18 febbraio 2010 dell’imputato, tratto in arresto il 3 febbraio 2010, con
conseguente nullità della sentenza di primo grado e di appello ex art.178 lett.c) cod.proc.pen.;
quanto alla dichiarazione di contumacia, il ricorrente si duole della ritenuta regolarità della
notifica del decreto di citazione a giudizio, non essendosi tenuto conto che l’elezione di
domicilio presso il difensore era stata effettuata dal Turiaco il 10 febbraio 2001 in relazione alle
sole ipotesi di reato contestate al capo 6 e non era valida anche per le altre imputazioni; inoltre
l’imputato, detenuto dal 3 febbraio 2010, non era stato tradotto in udienza né all’udienza del
18 febbraio 2010 né a quella successiva del 4 marzo 2010, mentre aveva rinunciato a
comparire all’udienza del 1° aprile 2010 per la quale era stata invece disposta la traduzione;
non era provato che tra l’arresto e la traduzione, disposta solo allorché era stato reso noto al
Tribunale il suo stato di detenzione, il Turiaco fosse a conoscenza dell’instaurato rapporto
processuale dibattimentale e fosse quindi in grado di comunicare il proprio stato di detenzione
(comunicazione che. Peraltro, secondo il ricorrente dovrebbe spettare all’Amministrazione
penitenziaria);
2) l’illogicità e contraddittorietà della motivazione anche per travisamento del fatto
processuale in ordine all’affermazione di responsabilità per il riciclaggio contestato al capo 11
(riciclaggio di autovettura Audi 6) sulla base dell’erronea identificazione nell’imputato del primo
venditore dell’auto con targhe riciclate (primo venditore risultava essere tale Solcia Achille sia
per il reato di riciclaggio contestato al capo 11 che per quello contestato al capo 8, in relazione
al quale l’acquirente Di Maggio aveva riconosciuto l’imputato nella fotografia del sedicente
Solcia; il riconoscimento del Di Maggio era avvalorato dal confronto tra la foto segnaletica del
Turiaco e la foto apposta sulla carta d’identità apparentemente intestata a Mapelli Fulvio

giudicato ed ha ridotto la pena ad anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 1.550,00 di

utilizzata per la stipula del contratto relativo all’utenza telefonica mobile fornita come recapito
al Di Maggio dal venditore Solcia/Turiaco e, comunque, all’identificazione del primo venditore
nel Turiaco; anche per il riciclaggio contestato al capo 6 si era pervenuti solo per via induttiva);
non si era tenuto conto, tuttavia, dei documenti d’identità esibiti dal sedicente Solcia in
occasione della stipulazione dell’atto di vendita dell’autovettura (di cui era stata acquisita
copia) che recavano fotografie di persona ictu °cui/ diversa dall’imputato;
3)

l’illogicità e la mancanza di motivazione sulla ritenuta attendibilità dei risultati

distanza di undici mesi dall’incontro con il venditore dell’autovettura oggetto del reato di
riciclaggio contestato al capo 8, tenuto conto della non corrispondenza alla persona del Turiaco
di alcuni elementi caratterizzanti descritti dal Di Maggio che risultava aver apposto la sua
sottoscrizione non solo accanto alla foto del Turiaco ma anche accanto a quella di altro
soggetto; dalla sentenza di primo grado, inoltre, non risultava chiaro se il confronto tra la foto
segnaletica del Turiaco e quella apposta sulla carta d’identità del Mapelli fosse stato effettuato
dal Tribunale o se il Tribunale si fosse rimesso ad un apprezzamento di fatto compiuto dagli
inquirenti:
4) l’illogicità e la mancanza di motivazione quanto alla qualificazione giuridica del fatto
contestato al capo 8, costituente ricettazione e non riciclaggio, in mancanza di una compiuta
motivazione circa l’identità tra Solcia Achille, individuato fotograficamente nell’imputato
dall’acquirente di Maggio, che firmò a Torino l’atto di vendita dell’autovettura Wolkswagen Golf
indicata al capo 8, e il Solcia Achille che aveva provveduto alla reimmatricolazione della stessa
autovettura alla Motorizzazione civile di Reggio Calabria il 30 ottobre 2012, così realizzando il
reato di riciclaggio; non risultava infatti che fossero state confrontate l’effige del Turiaco
risultante dalla foto segnaletica e quella del Solcia Achille acquisita dalla Polizia stradale di
Reggio Calabria.
Sono stati depositati in data 20 ottobre 2015 motivi nuovi con i quali si deduce:
1) la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione all’art.178 lett.c)
cod.proc.pen. per erronea applicazione degli artt.420-quater e 420-ter cod.proc.pen. in quanto
il giudice del merito, allorché era stato informato dell’arresto dell’imputato, avrebbe dovuto
riconoscere il legittimo impedimento dello stesso per le due precedenti udienze; il giudice di
appello a sua volta avrebbe dovuto rilevare la nullità verificatasi nel giudizio di primo grado e
dichiarare la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell’art.604 co.4 cod.proc.pen.;
2)

“la violazione dell’art.606 comma I lett.D) per mancanza, contraddittorietà o

manifesta illogicità della motivazione in relazione alla valutazione della sussistenza
dell’elemento psicologico del reato”; la condotta del ricorrente rientrerebbe nel novero di “un
mero difetto di negligenza non punibile dal giudice penale”;

(),

dell’individuazione fotografica compiuta da Di Maggio Francesco il 12 novembre 2002, a

4
3) “la violazione dell’art.606 comma I lett.D) per mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta attendibilità dell’individuazione
fotografica (capo 8)”, avendo la Corte territoriale accomunato l’individuazione fotografica e la
ricognizione prevista dall’art.213 cod.proc.pen.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo e il primo dei motivi nuovi sono manifestamente infondati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez.VI 24 maggio 2001 n.24083,
Palombi G. sez.II 20 ottobre 2006 n.36791, Lo Carmine), l’elezione di domicilio effettuata
dall’imputato, ai sensi dell’art.161 cod.proc.pen., nel procedimento originariamente condotto a
suo carico conserva validità, se non revocata, per l’intera durata del procedimento ed estende i
suoi effetti anche al diverso procedimento successivamente riunito al primo. Infatti nell’ipotesi
in cui due procedimenti penali vengano riuniti, in virtù del principio di economia processuale
che produce la interazione degli effetti di taluni provvedimenti assunti in un procedimento, la
dichiarazione di domicilio formulata dall’imputato in uno dei due procedimenti opera anche
nell’altro. Ne deriva che nel caso di specie la notifica all’imputato del decreto di citazione per il
giudizio di primo grado presso il difensore domiciliatario era stata validante effettuata e che
pertanto il Tribunale di Milano all’udienza del 20 ottobre 2009 legittimamente dichiarò la
contumacia dell’odierno ricorrente.
Quanto alla mancata traduzione dell’imputato per le due udienze immediatamente
successive al suo arresto avvenuto il 3 febbraio 2010 (udienze del 18 febbraio e del 4 marzo
2010), la Corte rileva che, come affermato dalle Sezioni Unite (Sez.un. 26 settembre 2006
n.37483, Arena) e di recente anche da questa sezione (Cass. sez.II 9 aprile 2015 n.17810,
Milani; sez.III 17 luglio 2015 n.33404, Tota ), in tema di impedimento a comparire può
legittimamente procedersi in contumacia dell’imputato – citato a giudizio in stato di libertà e
successivamente tratto in arresto e detenuto per altra causa – quando di tale sopravvenuta
condizione il giudice non sia stato posto a conoscenza e l’imputato, o il suo difensore, pur
potendolo, non si siano diligentemente attivati per darne comunicazione all’autorità giudiziaria
procedente; solo la conoscenza, da parte del giudice, di un legittimo impedimento a comparire
dell’imputato ne preclude la dichiarazione di contumacia, a meno che l’imputato stesso non
acconsenta alla celebrazione dell’udienza in sua assenza o, se detenuto, rifiuti di assistervi. Nel
caso di specie la traduzione dell’imputato è stata disposta per l’udienza del

10 aprile 2010,

allorché il giudice di primo grado ha avuto notizia dello stato di detenzione dell’imputato, e a
detta udienza, come risulta dal ricorso, il Turiaco non comparve per sua volontà.
1.2. Il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale e il terzo motivo nuovo
tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e

c

v

1.1.

all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di
merito, prospettando peraltro per la prima volta elementi di pretesa inattendibilità
dell’individuazione fotografica da parte del Di Maggio nell’imputato del sedicente Solcia Achille.
Nel caso in esame il giudice di merito ha legittimamente richiamato per relationem la
sentenza di primo grado nella parte in cui si evidenziava,
identificazione dell’imputato”,

“a riprova della corretta

l’ulteriore elemento costituito dall’accertamento relativo

all’identità tra la foto segnaletica del Turiaco e quella apposta sulla carta d’identità esibita da
tale Fulvio Mapelli al momento della stipula del contratto con il gestore di telefonia Omnitel

sedicente Solcia Achille n. Trieste il 12 maggio 1976. Le generalità di quest’ultimo, persona
inesistente, erano state utilizzate anche dal venditore dell’autovettura Audi A6 oggetto del
riciclaggio contestato al capo 11, che aveva utilizzato per l’atto di vendita una carta d’identità e
una patente di guida i cui moduli erano stati rubati in bianco e contraffatti; il mezzo risultava
essere stato reimmatricolato in favore del sedicente Solcia presso la Motorizzazione civile di
Reggio Calabria (come quello oggetto del reato di riciclaggio contestato al capo 8), mentre
nella sentenza di primo grado erano state poste in evidenza le identiche modalità di condotta
in altri episodi “certamente addebitabili a Turiaco/Solcia/Mapellí/Vola/Albanese”. Le conclusioni
circa la responsabilità in ordine ai delitti di riciclaggio contestati ai capi 8 e 11 al ricorrente
risultano quindi -tenuto conto che tutti gli atti di indagine sono stati acquisiti con il consenso
delle parti ex art.493 co.3 cod.proc.pen. (è stato esaminato come teste solo Solcia Achille
Attilio n. Milano il 21 marzo 1963) e che “la povertà” dei motivi di appello (cfr. motivazione
della sentenza impugnata) non richiedeva effettivamente ulteriori approfondimenti
argomentativi- adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale
valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione dei fatti esente da incongruenze
logiche e da contraddizioni.
Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non
essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti
compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi
dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Il sindacato demandato alla Corte di
Cassazione è infatti limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di
un logico apparato argonnentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula,
pertanto, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30-4- 1997
n. 6402, Dessimone).

ti,

relativo all’utenza di telefonia mobile il cui numero era stato fornito all’acquirente Di Maggio dal

Quanto alla qualificazione giuridica del fatto contestato al capo 11 come ricettazione e
non come riciclaggio, la Corte rileva che la censura è fondata unicamente sulla ritenuta erronea
identificazione del Solcia, a cui favore il veicolo con false targhe era stato reimnnatricolato, nel
Turiaco, tesi che i giudici di merito con idonea motivazione hanno disatteso.
1.3.

Il secondo motivo nuovo, riguardante la sussistenza dell’elemento psicologico del

reato di riciclaggio è inammissibile, oltre che per la sua estrema genericità, in quanto i motivi
nuovi di impugnazione devono essere inerenti ai temi specificati nei capi e punti della decisione

connessione funzionale tra i motivi nuovi e quelli originari (Cass. sez.VI 13 gennaio 205
n.6085, Comitini; sez.VI 2 ottobre 2014 n.45075, Sabbatini). Nel caso di specie la sussistenza
o meno dell’elemento psicologico del reato di riciclaggio, invece, non costituiva oggetto dei
motivi del ricorso principale.
2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 5 novembre 2015

il cons. est.

investiti dall’impugnazione principale già presentata, occorrendo la sussistenza di una

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