Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7186 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7186 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI IURI SALVATORE N. IL 04/11/1950
avverso la sentenza n. 3099/2012 TRIBUNALE di GENOVA, del
27/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 29/11/2013

Con sentenza ex art.444 cod. proc. pen. del 27/6/2012 il Tribunale di Genova ha applicato al
Sig. Salvatore DI IURI in relazione al reato ex artt.81 cod. pen., 1161 Cod. Navig, 44,
lett.c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, 650 cod. pen. e
5, lett.b), della legge 30 aprile 1962, n.283, la pena di tre mesi di arresto e 8.000,00 euro di
ammenda, con sostituzione della pena detentiva.
Avverso tale decisione è stato presentato ricorso con cui si lamenta difetto di motivazione in
ordine alla insussistenza delle condizioni che imporrebbero l’applicazione dell’art.129 cod. proc.
pen

I limiti che la giurisprudenza ha fissato circa l’interpretazione degli artt.129 e 444 cod. proc.
pen. e circa l’obbligo di motivazione del giudice sono costanti a far data dalla decisione delle
Sez.Un. Penali n.10732 del 27 settembre 1995, Serafino (rv 202270), secondo cui la motivazione può limitarsi a dare conto degli estremi del materiale probatorio dal cui esame il giudice
ha tratto la convinzione che non emergono gli estremi di non procedibilità ex art.129 cod. proc.
pen. così che in presenza dell’accordo delle parti non sono necessari ulteriori approfondimenti
(Sez.Unite Penali, sentenza n.3 del 1999, udienza 25 Novembre 1998, Messina, rv 212437).
A tali consolidati principi consegue che le parti che hanno sottoscritto e proposto l’accordo
sull’applicazione della pena accolto dal giudice non sono legittimate a mettere in discussione
con successiva impugnazione i presupposti dell’accordo medesimo (principio costantemente
affermato fin dalla sentenza della Sez.1, n.1549 del 1995, Sinfisi, rv 201160), con la
conseguenza che il controllo di legittimità in ordine alla sentenza di applicazione della pena può
avere ad oggetto la motivazione soltanto nel caso che dal provvedimento emerga l’evidenza
dell’esistenza di una delle condizioni indicate dall’art.129 c.p.p. (per tutte, sentenza della
Sez.3, Sezione n.2309 del 1999, Bonacchi, rv 215071) e che il ricorrente adempia all’onere di
fornire puntuale indicazione dell’errore compiuto dal giudicante.
Posto che nel caso di specie la motivazione non appare meritevole di censure, il ricorso deve
essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616
c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere
che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29/11/2013
L’Est en ore

Il Presidente

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili.

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