Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7171 del 13/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7171 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TALERICO PALMA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FREDIANI COSIMO N. IL 09/06/1937
avverso l’ordinanza n. 412/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
11/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PALMA TALERICO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. (), (-uv._
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Data Udienza: 13/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1.

Con atto in data 30.5.2013, Frediani Cosimo, con riferimento alla sentenza emessa

nei suoi confronti dalla Corte di appello di Genova del 5.5.2011, che aveva parzialmente
riformato la pronuncia del Tribunale di Savona del 10.7.2009, divenuta irrevocabile dal
12.4.2013, aveva, innanzitutto, lamentato che la citata sentenza avrebbe affermato la sua
penale responsabilità per i reati di cui ai capi I), m), e n) dell’imputazione rispetto ai quali il
Tribunale di Savona non lo aveva giudicato in quanto mai allo stesso contestati; aveva,

del 15.5.2007, con la quale era stata pronunciata declaratoria di non doversi procedere nei
suoi confronti “perché l’azione penale non doveva essere iniziata per difetto di giurisdizione
(notaio Jelmini di Lugano, capo di imputazione l)”, aggiungendo che “lo stesso principio vale
per i reati m) e n)”; aveva, altresì, richiesto la revoca della suddetta sentenza per abolitio
criminis,

sostenendo che era “stato condannato per falso ideologico in assemblee

straordinarie della Immobiliare Cartindustria s.r.l.” e che “il D.L. n. 6/2003 ha abolito le
assemblee straordinarie”, con la conseguenza che “se avesse detto il falso in una assemblea
straordinaria di una s.r.I., il fatto non è previsto dalla legge come reato di falso ideologico”;
aveva, infine, chiesto, ai sensi dell’art. 675 cod. proc. pen., declaratoria di falsità dell’atto di
denuncia del 10.5.2005 con il quale Arcuri Ignazio “si definisce liquidatore della società”.
2.

Con provvedimento reso ai sensi del 2° comma dell’art. 666 cod. proc. pen. in data

11 aprile 2014, il Presidente della Corte di appello di Genova dichiarava inammissibili le
suddette richieste e ciò in quanto le stesse “sono manifestamente infondate, tenuto conto
dei rilievi espressi dal Procuratore Generale nel parere del 9.8.2013, da intendersi qui
richiamato per intero”.
3.

Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Frediani per il

tramite del suo difensore di fiducia, avvocato Alfonso Brighina, deducendo:
3.1. “violazione dell’art. 606 lett e) cpp”: il provvedimento impugnato sarebbe, sia sotto
il profilo sostanziale che formale, privo di motivazione, riportandosi unicamente ai rilievi del
Procuratore Generale senza, però, effettuare alcuna valutazione.
3.2. “Violazione dell’art. 606 lett. b) e c) cpp”: dopo avere premesso, che “i rilievi del
Procuratore Generale della Repubblica di Genova sono palesemente infondati e in violazione
del’art. 606 lett. b) e c) cpp”, ha censurato ogni singola prospettazione del citato Ufficio di
Procura, evidenziandone l’erroneità, e ha sostanzialmente ribadito le ragioni poste dal
proprio assistito a fondamento delle sue domande.
4. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Oscar
Cedrangolo, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile e che il ricorrente venga
2

inoltre, invocato l’applicazione del principio del ne bis in idem, con riferimento alla sentenza

condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre considerare – in via preliminare e assorbente – che il modello procedimentale del
processo di esecuzione è costituito dalle forme dell’udienza in camera di consiglio con la
partecipazione delle parti.

inammissibilità dell’istanza, con decreto motivato, è adottata de plano, sentito il pubblico
ministero, nelle ipotesi di manifesta infondatezza per difetto delle condizioni di legge e di
mera riproposizione di una richiesta già rigettata.
Tanto premesso, va rilevato che la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato le
tassative condizioni che legittimano l’emissione del decreto e la deroga alla regola del
contraddittorio assicurato dal procedimento in camera di consiglio e ha, altresì, chiarito che
la valutazione di manifesta infondatezza non deve implicare alcun giudizio dì merito e alcun
apprezzamento discrezionale (Cass., Sez. 1, 4 dicembre 2001, n. 5265, rv. 220687; Cass.,
Sez. 1, 13 gennaio 2000, n. 277, rv. 215368; Cass., Sez. 1, 30 ottobre 1996, n. 5642, rv.
206445; Cass. Sez. 1, 10 gennaio 2013, n. 6558, rv. 254887; Cass., Sez. 1, 18 aprile 2013,
n. 35045, rv. 257017).
La ratio del provvedimento de plano, in assenza di contraddittorio, consiste proprio nella
rilevabilità ictu ocull di ragioni che rivelino alla semplice prospettazione, senza uno specifico
approfondimento, la mancanza di fondamento dell’istanza.
Ne consegue che ogni qualvolta si pongano problemi di valutazione, imponenti l’uso di
criteri interpretativi in relazione al

thema decidendum, deve essere data all’istante la

possibilità dell’instaurazione del contraddittorio, con il procedimento camerale previsto sul
modello di quello tipico ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen..
Nel caso in esame, il decreto di inammissibilità è stato illegittimamente deliberato in
violazione della disposizione di cui all’art. 666 c.p.p., comma 2, al di fuori dei casi
normativamente previsti, in quanto nella predetta decisione è stato sostanzialmente
effettuato un giudizio valutativo di merito.
Qualora il giudice dell’esecuzione abbia omesso di fissare l’udienza in camera di consiglio
e abbia adottato un provvedimento de plano fuori dei casi espressamente stabiliti, si
determina una nullità di ordine generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio in ogni
stato e grado del procedimento, ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., dato che essa

3

Tuttavia, in forza del disposto dell’art. 666 c.p.p., comma 2, la decisione di

comporta l’omessa citazione dell’imputato e l’assenza del suo difensore in casi in cui ne è
obbligatoria la presenza.
Pertanto, la Corte di cassazione, adita con ricorso contro un tale provvedimento, deve
previamente rilevare, ex art. 609, 2° comma, cod. proc. pen., il vizio procedurale e
annullare senza rinvio con trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione perché deliberi
nelle forme previste dall’art. 666 cod. proc. pen. (cfr. Cass. Sez. 3, 29 maggio 1998, n.
1730, rv. 211550).

annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di
appello di Genova.
Così deciso, il 13 gennaio 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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