Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 717 del 24/10/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 717 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: AIELLI LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RETROSI MASSIMILIANO N. IL 29/04/1969
avverso la sentenza n. 8332/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
16/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA AIELLI;

Data Udienza: 24/10/2016

IN FATTO E IN DIRITTO

Retrosi Massimiliano ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Roma 16/2/2015 che in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Velletri
del 17/1/2011, dichiara-va estinto per prescrizione il reato di danneggiamento, e
rideterminava la pena per il residuo reato di rapina in anni tre di reclusione,
chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.

con riguardo all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in ordine al
reato a lui ascritto, tenuto conto del travisamento delle prove utilizzate e delle
prove addotte dalla difesa, ignorate .
Il ricorso è inammissibile.
Invero nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e
più favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo
grado e confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono
questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede
di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici.
Va precisato che nel caso di specie ci si trova di fronte ad una ” doppia
conforme”, cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna)
per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di
legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione)
che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della
novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla legge n. 46 del
2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando
nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel
processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può
essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella
di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite
del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice
d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti
a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (sez. 2 n. 5223 del
24/1/2007, Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha
riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo
avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima
conclusione in ordine alla responsabilità dell’imputato per il fatto allo stesso
ascritto, dando particolare riscontro alle dichiarazioni di Scaglia Romano che

proc. pen.; deduce l’erronea la mancanza e manifesta illogicità della motivazione

veniva aggredito dal Retrosi, poi riconosciuto in Caserma, il quale si
impossessava delle banconote contenute in un cassetto che scardinava.
Tale giudizio esaustivo in fatto e corretto in diritto, preclude qualsiasi ulteriore
esame da parte della Corte di legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani,
Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al

considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 2.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.
Roma, 24 ottobre 2016

versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,

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