Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7147 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7147 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VILLANO GAETANO N. IL 01/01/1976
avverso la sentenza n. 5528/2008 TRIBUNALE di TARANTO, del
20/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 29/11/2013

Con sentenza in data 20/7/2011 del Tribunale di Taranto il Sig. Gaetano VILLANO è stato
condannato alla pena di 1.600,00 euro di ammenda in relazione al reato previsto dagli artt.22
e 35 del d.lgs. n.626 del 1994, accertato il 22/12/2006.

Con successiva memoria la Difesa lamenta un vizio della notificazione in relazione all’udienza
avanti la Corte Suprema di Cassazione per essere incerta la data dell’udienza apposta
sull’avviso notificato e per essere stato l’avviso notificato all’avv. Antoniovito Altamura e non
all’avv. Antonio Altamura; lamenta, poi, la mancata rilevazione di una causa di applicazione
dell’art.129 cod. proc. pen., non preclusa dall’eventuale inammissibilità dei motivi ma solo da
una eventuale inammissibilità originaria del ricorso.
Osserva preliminarmente la Corte che l’eventuale incertezza sulla data dell’udienza (eventuale
in quanto lo spazio dedicato nell’atto di comunicazione a tale indicazione è correttamente
compilato con la data del 29 novembre 2013) non incide sulla regolarità della procedura,
trattandosi di procedura non partecipata ed avendo tale eventuale incertezza non impedito alla
parte di far pervenire tempestiva memoria, così esercitato i propri diritti difensivi. Analoga
conclusione opera anche con riguardo al destinatario dell’avviso, trattandosi di altro
professionista del medesimo studio legale “associato” ed avendo comunque l’atto raggiunto il
proprio scopo, come dimostra l’invio della memoria difensiva che questa Corte ha
tempestivamente ricevuto e ha quindi utilmente esaminato.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato manifestamente infondato nei termini
che seguono. Il ricorrente propone, infatti, censure che introducono contestazioni in punto di
fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si
tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante
giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148). Ora, il primo giudice ha esaminato i profili che
vengono riproposti in questa sede e ha operato una ricostruzione dei fatti sorretta da
motivazione non incoerente né illogica, circostanza che non consente a questa Corte di
provvedere nei termini sollecitati dal ricorrente.

Avverso tale decisione è stato proposto atto di appello, da qualificarsi come ricorso avverso
sentenza inappellabile ex art.593, comma 3, cod. proc. pen., col quale si lamenta l’inesistenza
dei presupposti di fatto della condanna, posto che gli adempimenti in tema di sicurezza erano
stati rispettati, come dimostrato nel corso del giudizio. In subordine, la contravvenzione deve
essere dichiarata prescritta, essendo maturato il termine massimo in data 22/12/2011.

Alla inammissibilità originaria del ricorso consegue la non rilevanza in questa sede
dell’avvenuta maturazione dei termini massimi di prescrizione del reato in epoca successiva
alla sentenza impugnata, nonché in epoca anteriore alla sentenza di appello nei casi in cui la
prescrizione stessa non sia stata dedotta in quella sede e non sia stata rilevata (Sez.Un., n.32
del 22 novembre-22 dicembre 2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv
219531; n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164). La costante giurisprudenza di
questa Corte ora citata esclude che i criteri di determinazione del decorso del termine
prescrizionale operino solo per i casi definiti di inammissibilità “originaria”, con la conseguenza
che il secondo profilo di criticità introdotto con la memoria difensiva risulta manifestamente
infondato.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.

d,,

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 29/11/2013.

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