Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7142 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7142 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PICCIRILLO ADOLFO N. IL 13/04/1942
GALASSO LUCIA N. IL 01/05/1954
avverso la sentenza n. 5472/2011 TRIBUNALE di TARANTO, del
24/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 29/11/2013

Con sentenza in data 24/11/2011 del Tribunale di Taranto i Sigg. Adolfo PICCIRILLO e
Lucia GALASSO sono stati condannati alla pena di 3.500,00 euro di ammenda ciascuno in

relazione al reato previsto dall’art.44, lett.a), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, commesso il
15/5/2008.

Osserva la Corte che le censure mosse dai ricorrenti concernono elementi di fatto, quali la
pregressa presenza di servizi, che sono stati oggetto di valutazione da parte del Tribunale e da
questo posti a base di una ricostruzione della vicenda difforme da quanto sostenuto in sede
d’impugnazione. In conclusione, i ricorrenti propongono censure che introducono contestazioni
che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si tratta di
richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante
giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con
conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente
versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 29/11/2013.

Avverso tale decisione gli imputati hanno proposto separati atti di appello, convertiti in ricorso
in quanto la sentenza del Tribunale è inappellabile ex art.593 cod. proc. pen., con i quali
lamentano l’errata applicazione della legge, non sussistendo il mutamento della destinazione
d’uso della parte di immobile consistente in una veranda che già disponeva di servizi e non è
stata alterata nelle sue caratteristiche essenziali.

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