Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 714 del 24/10/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 714 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: AIELLI LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MORELLI IDA N. IL 03/07/1979
avverso la sentenza n. 1969/2014 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 13/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA AIELLI;

Data Udienza: 24/10/2016

In fatto e in diritto

Morelli Ida ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di l’Aquila del
13/3/2015 che, su impugnazione del Procuratore generale e dell’imputata,
riformava parzialmente la sentenza di primo grado qualificando il fatto ai sensi
dell’art. 648 c. 1 co. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la mancanza e manifesta
illogicità della motivazione con riguardo alla affermazione di penale

circostanza attenuante di cui all’art. 648 cpv. cod. pen. ed alla valorizzazione
della dichiarazione del teste.
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
La Corte territoriale, quanto al primo motivo di ricorso, nel confermare la
sentenza di primo grado, si è adeguata al costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del
delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita
del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza
si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di
modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove
indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura
intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza
illecita di quanto ricevuto, come avvenuto nel caso di specie, ove il consistente
importo dell’assegno, sul quale, tra l’altro non vi era indicazione del beneficiario
(con il che lo stesso non poteva essere considerato mezzo di pagamento dello
stipendio di un operaio), correttamente è stato elemento sufficiente per la
ravvisabilità del dolo. Sulla base di tale condotta e considerato l’oggetto
materiale della ricettazione ( assegno di consistente importo), è stata, poi,
correttamente esclusa la circostanza attenuante di cui all’art. 648 cpv. cod. pen.
(Sez. 2, Sentenza n. 32832/2007, Rv. 237696).
Quanto poi alle dichiarazioni del teste, la Corte conformemente al primo
giudice, le ha ritenute attendibili e sulla base delle stesse, ha ritenuto, con
giudizio in fatto privo di illogicità , che la donna avesse pienamente concorso alla
ricettazione del titolo di cui conosceva la provenienza illecita.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
All’inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,

responsabilità dell’imputata in ordine al reato alla stessa ascritto, al diniego della

considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in € 2.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle

Roma, 24 ottobre 2016

ammende.

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