Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7139 del 29/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7139 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

Data Udienza: 29/11/2013

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:

Catanese Caterina, nata a Torino il 16.7.71
imputata art. 26 comma 2 L. 977/67
avverso la sentenza del Tribunale di Taranto dell’11.12.08

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;

osserva

La ricorrente impugna la decisione con la quale il Tribunale l’ha condannata alla pena di
2000 C di ammenda per avere ammesso al lavoro un minore senza la previa visita medica che
ne accertasse la idoneità allo scopo.
Nel gravame, si sostiene la mancanza di “indizi di colpevolezza” e si ricorda il contenuto
delle deposizioni acquisite in base alle quali si sarebbe dovuti pervenire ad un’assoluzione
dell’imputata.
Il gravame — formalmente un appello (convertito in ricorso stante la non appellabilità delle sentenze
è inammissibile perché in fatto. In esso, cioè, si”
che irrogano la soia pena dell’ammenda)

commentano le prove acquisite e si osserva che il sig. Reddi, persona offesa, non avrebbe mai
rischiato un processo per falsa testimonianza solo per difendere una persona a lui
sconosciuta. Ricordata, quindi, la deposizione di Di Matteo (amico del Reddi) e quelle del
magazziniere Catanese, osserva che non vi è motivo di credere ad una ispettrice che ha

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Appare fin troppo evidente, anche solo dalla sintesi appena fatta dei motivi di
impugnazione, che quest’ultima – tradendo la sua “natura” di appello – punta ad una
rivisitazione della vicenda e delle prove acquisite per “leggerle” in un modo diverso.
Se, però, ciò sarebbe stato ammissibile in un secondo grado di merito, non altrettanto
lo è in questo grado di legittimità ove la verifica sulla motivazione può solo riguardare la logica
della chiave interpretativa non certo la possibilità di esaminare le prove in un’ottica differente.
Orbene, l’esame della sentenza impugnata convince che il giudice ha operato con
accuratezza, riepilogando le vicende processuali ed il contenuto delle varie deposizioni ma,
soprattutto, spiegando per quale motivo fosse da annettersi credibilità al verbale redatto dal
teste Calderazzi, contenente dichiarazioni conformi del Reddi e della Catanese i quali ultimi,
poi, in dibattimento, avevano mutato versione.
Si tratta, all’evidenza di apprezzamenti di merito che, siccome operati in modo corretto
ed in linea con la logica, non sono più censurabili in questa sede.
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 29 novembre 2013

Il Presidente

assistito solo per pochi minuti alla presenza del Reddi nell’esercizio commerciale e non,
piuttosto, a quella di due testimoni che invece hanno detto che Reddi non era un dipendente
ma aveva solo dato una mano a spostare i cartoni.

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