Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7129 del 22/12/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7129 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Piscitelli Nicola nato a Bari il 06/04/1973

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari del 18/10/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per
prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bari ha rigettato l’impugnazione proposta dal
prevenuto Nicola Piscitelli avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Bari e
per l’effetto condannato l’appellante alla pena di giustizia oltre al
risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in
separata sede, per il reato di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.
L’imputato è stato ritenuto colpevole di avere sottratto l’autovettura,
sottoposta a pignoramento, Lancia Lybra TD, targata BR 752 ML, di cui era

Data Udienza: 22/12/2015

stato nominato custode quale legale rappresentante della Tecno Trivel,
debitrice esecutata.
In occasione di accesso successivo all’imposizione dell’indicato vincolo
esecutivo, l’incaricato dell’Istituto Vendite Giudiziarie non rinveniva più il
mezzo, già sottoposto a pignoramento, senza che in detta occasione il
Piscitelli offrisse indicazione alcuna per il ritrovamento dello stesso.

2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione

2.1. Con il primo motivo, l’imputato denuncia violazione di legge per
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 606, comma
1, lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 159, comma terzo, e 160,
comma terzo, cod. pen.), per non avere la Corte territoriale dichiarato la
prescrizione del contestato reato.
La Corte di appello avrebbe proceduto ad un errato calcolo dei termini
di sospensione della prescrizione conseguente all’impedimento del difensore.
Siffatto periodo di sospensione sarebbe stato invalidamente calcolato
con superamento del termine di sessanta giorni previsto dalla legge (art.
159, comma primo, n. 3, cod. pen.) giusta il computo, nell’indicato periodo,
del più ampio rinvio effettuato dal Tribunale di Bari, in seguito all’astensione
del difensore del prevenuto.
2.2. Con il secondo motivo, l’imputato lamenta vizio di motivazione per
manifesta illogicità dell’impugnata sentenza (art. 606, comma 1, lett. e)
cod. proc. pen.) nella parte in cui i Giudici di appello hanno apprezzato come
integrata in capo al Piscitelli la fattispecie contestata (art. 388, comma
terzo, cod. pen.).
La Corte territoriale avrebbe formulato un giudizio di colpevolezza ai
danni del prevenuto senza che fosse in alcun modo provata, oltre ogni
ragionevole dubbio, l’imputabilità al primo della sparizione del bene,
parcheggiato sulla pubblica via e sottoposto a vincolo esecutivo in ragione di
un maldestro pignoramento effettuato da un ufficiale giudiziario, che non
avrebbe disposto la custodia del bene presso idonea autorimessa.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia ancora violazione di
legge (art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.) lamentando l’erroneità
della valutazione compiuta dalla Corte di appello del certificato del casellario
e dell’unico precedente penale da cui il prevenuto sarebbe stato gravato.

l’imputato, in proprio, affidando il proposto mezzo a tre motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Come correttamente ritenuto dalla Corte di appello di Bari, infatti, in
tema di sospensione della prescrizione, il limite di sessanta giorni previsto
dall’art. 159, comma primo, n. 3, cod. pen., non si applica nel caso in cui il
differimento dell’udienza sia determinato dalla scelta del difensore di aderire
alla manifestazione di protesta indetta dagli organismi di categoria.

tempo, anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione
alle esigenze organizzative dell’Ufficio procedente (Sez. 3, n. 11671 del
24/02/2015, Spignoli; Sez. 5, n. 18071 del 08/02/2010, Placentino).

2. Il secondo motivo è, del pari, inammissibile per aspecificità, non
confrontandosi lo stesso con la motivazione spesa, sul punto, dalla Corte
territoriale.
La condotta materiale del reato di sottrazione di beni pignorati o
sottoposti a sequestro, previsto dall’art. 388, comma terzo, cod. pen., _
risulta integrata, tra le altre ipotesi, dalla sottrazione della cosa sottoposta a
custodia per spostamento da un luogo all’altro, effettuato senza preavviso
all’ufficiale giudiziario e al Giudice dell’esecuzione (Sez. 6, n. 5581 del
24/04/1998, Di Benedetto).
Laddove il bene pignorato dall’ufficiale giudiziario alla presenza del
soggetto nominato custode, che in tale contesto venga reso edotto degli
obblighi di legge, non venga più rinvenuto in occasione di un successivo
accesso, deve ritenersi integrato a carico del custode l’estremo obiettivo
dello spostamento non autorizzato del bene.
Varrà in tal senso la mancanza di indicazioni fornite dal custode
sull’eventuale rinvenimento del bene o ancora la mancanza della prova di
una denuncia sporta dal primo o dell’assunzione di altre iniziative dirette,
comunque, a segnalare la sparizione del bene e, in ogni caso, ad integrare
l’adempimento degli obblighi di legge sul custode gravanti.
Risponderebbe infatti a plausibile ed alternativa ricostruzione degli
eventi, la sottrazione o il furto del bene pignorato ad opera di un terzo,
ipotesi, questa, a cui deve accompagnarsi, però, proprio in ragione degli
obblighi di legge sul medesimo gravanti, che il custode si sia attivato,
denunciando la sparizione del bene.
Come quindi rilevato dalla Corte territoriale con motivazione di piena
adesione agli indicati principi, uno spostamento consentito a terzi
3

In tal caso, infatti, il corso della prescrizione può essere sospeso per il

,

dell’autovettura pignorata integra, esso stesso, a carico del custode
l’elemento soggettivo del reato contestato.
Risulta infatti, in tal caso, in capo all’agente la consapevolezza della
sottrazione del bene alla procedura esecutiva, secondo il dolo generico
proprio del reato, dolo che deve ritenersi ricorrere in caso di conoscenza del
vincolo giudiziario e della volontà dell’amotio e ciò indipendentemente dallo
scopo dell’agente (Sez. 6, n. 8428 del 17/01/2008, Lieto).
Su siffatto adottato impianto motivatorio, le ragioni del ricorso

finiscono per sottoporre al giudizio della Corte quelle evidenze fattuali che
hanno già trovato composizione ad opera dei Giudici di merito.
Né d’altro canto gli attuali profili di impugnativa riescono a disallineare,
in punto di logica, il ragionamento osservato dalla Corte territoriale.

3. Il terzo motivo di ricorso è del pari inammissibile sia perché errato
nella operata qualificazione che dello stesso dà il prevenuto sia perché
assolutamente generico e non conducente.
Per la lamentata errata lettura del certificato del casellario, si ha che,
innanzitutto, il ricorrente — il quale invoca una non meglio precisata
violazione di norma processuale stabilita a pena di nullità inutilizzabilità
inammissibilità o decadenza (art. 606 lett. c) cit.) — non dà ingresso al
motivo veicolando lo stesso secondo la corretta fattispecie del ‘vizio di
motivazione derivante da travisamento del fatto risultante da atti
specificamente indicati nei motivi’ (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.
pen.).
L’imputato denuncia, inoltre, in modo generico e non conducente, l’
erronea valutazione dei contenuti dell’indicato certificato senza
argomentare sulle ricadute che il segnalato errore avrebbe avuto quanto alla
impugnata sentenza.
La genericità di contenuto del motivo non consente di definire,
neppure, il presupposto interesse del ricorrente a condurre l’indicata critica.

4. L’ inammissibilità del ricorso, come sopra ricostruita, sottrae, infine,
ogni rilievo alla pure dedotta questione della prescrizione del reato.
Va esclusa infatti, sul punto, fondatezza e correttezza al computo
dedotto dal ricorrente, diretto, come esso è, a riportare la prescrizione ad
epoca antecedente alla sentenza di appello.
La causa estintiva è invero maturata al 20 dicembre 2013 (ante novella
n. 251 del 2005 secondo disciplina della prescrizione ratione temporis
4

ripropongono le censure articolate dall’imputato in appello e, con le stesse,

4

applicabile), considerato anche il tempo di sospensione della prescrizione
pari a mesi sette e giorni diciotto, e quindi in epoca successiva alla sentenza
di appello che è del 18 ottobre 2013.
Nella inammissibilità del ricorso e quindi nella mancata costituzione di
un valido rapporto d’impugnazione, è preclusa infatti la possibilità di rilevare
e dichiarare l’indicata causa di non punibilità, a norma dell’art. 129, comma
1, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 45114 del 15/10/2014, Pileggio, in
motivazione; Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni; Sez. U, n. 32 del

5. Il ricorso resta, pertanto, in via conclusiva come inammissibilmente
proposto.
6. Alla inammissibilità del mezzo segue, per legge, la condanna del
prevenuto al pagamento delle spese processuali e di una somma che si
reputa equo stimare in euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, il 22/12/2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

22/11/2000, D.L., Rv. 217266).

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