Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7103 del 14/12/2015
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7103 Anno 2016
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PORCINI GIANCARLO N. IL 27/11/1943
nei confronti di:
RADANO LUCIO N. IL 11/01/1956
avverso la sentenza n. 2/2013 TRIBUNALE di SALERNO, del
02/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
Data Udienza: 14/12/2015
- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr.ssa Felicetta Marinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per la parte civile, l’avv. Giorgio Colangeli in sostituzione dell’avv. Lucio
Basco, che si è riportato al ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
emessa dal Giudice di prima cura, che aveva assolto Radano Lucio dai reati di
ingiuria e minaccia a lui ascritti per insussistenza del fatto. Secondo l’accusa il
Porcini, entrato nella filiale della BMPS di corso Garibaldi, in Salerno, per
chiedere di chi fosse un’auto parcheggiata all’esterno, che gli ostruiva il
passaggio, sarebbe stato ingiuriato dal Radano, cassiere della Banca, che era suo
creditore.
Alla base della decisione vi sono un giudizio di inattendibilità della persona offesa
e le dichiarazioni del teste Manzi, collega di lavoro dell’imputato.
2. Ha presentato ricorso per Cassazione, nell’interesse della persona offesa,
costituita parte civile, il suo difensore, dolendosi della illogicità e incoerenza della
motivazione. Lamenta che la testimonianza della persona offesa sia stata
indebitamente svalutata, nonostante fosse stata lucida, logica, univoca e
riscontrata dal teste laccio, avventore occasionale della Banca, che ha
confermato di aver udito parole ingiuriose, pur non ricordandone il contenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. I giudici hanno valutato attentamente le
dichiarazioni dei testi escussi e rilevato che non convergono sul nucleo centrale
dell’accusa, rappresentato dal proferimento di ingiurie nei confronti di Porcini da
parte del cassiere della banca; non hanno mancato di rilevare che il contesto in
cui si sono svolti i fatti è stato rappresentato concordemente da tutti i testimoni,
ma solo la persona offesa ha riferito di essere stata ingiuriata nel modo
specificato in imputazione, mentre il teste Manzi, presente sul posto, pur
confermando il clima teso che si era creato tra i due, ha escluso di aver udito
parole offensive e minacciose. Né hanno mancato di valutare le dichiarazioni di
laccio, che ha fatto riferimento a non meglio precisate “parole ingiuriose” – ma
non anche minacciose – proferite dall’imputato, senza comunque specificarne il
contenuto, talché non è stato possibile accertare se si sia trattato di parole
realmente offensive dell’onore e del decoro della persona, ovvero solo di
2
1. Il Tribunale di Salerno, con la sentenza impugnata, ha confermato quella
”imprecazioni” generate dal clima teso esistente – per ragioni pregresse – tra i
due. Non è affatto irragionevole, pertanto, la conclusione cui sono pervenuti i
giudici di primo e secondo grado, sia perché – come correttamente rilevato in
sentenza – i dubbi che possono derivare dal rapporto di colleganza di Manzi con
l’imputato sono compensati dalla genericità delle dichiarazioni
di laccio, sia
perché l’interesse di Porcino ad una definizione del giudizio a lui favorevole non
lo rende totalmente affidabile, tenuto conto del fatto che era debitore
dell’imputato ed ha un interesse concreto a compensare il debito preesistente
che la diversa rappresentazione dei fatti, operata da parti e testimoni, non
consente nemmeno di pervenire ad una soluzione tranquillizzante in ordine
all’esistenza di scriminanti (il teste Manzi ha fatto riferimento alla parola “usura”
pronunciata da Porcino nel corso dell’accesa discussione: pag. 7 della sentenza),
talché assume rilievo determinante la genericità delle dichiarazioni dell’unico
teste neutro che ha reso dichiarazioni parzialmente favorevoli all’accusa.
La motivazione con cui è stato esclusa la prova della responsabilità oltre il
ragionevole dubbio regge, pertanto, alle critiche del ricorrente, né a questa Corte
è consentita una rivisitazione del materiale istruttorio in funzione di una nuova
valutazione. Consegue che il ricorso, seppur non inammissibile, risulta infondato;
ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. il ricorrente, soccombente, va condannato
alle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/12/2015
con un credito risarcitorio collegato alla presente vicenda. A tanto va aggiunto