Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7091 del 27/10/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 7091 Anno 2016
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOSONI BARBARA N. IL 07/12/1964
avverso la sentenza n. 728/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor AVV.

Data Udienza: 27/10/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Pasquale Fimiani,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato De Rosa, il quale insiste per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Bosoni Barbara è stata condannata dal tribunale di Milano alla

materiale commesso da privato in assegni; all’imputata viene contestato
di aver apposto la falsa firma del padre deceduto su tre assegni.
2.

La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo

grado, condannando l’imputata alle spese.
3.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il

difensore dell’imputata per i seguenti motivi:
a. con un primo motivo di ricorso denuncia inosservanza od
erronea applicazione della legge penale con riferimento agli
articoli 476, 482, 485, 491 cod. pen..
b. Con un secondo motivo di ricorso denuncia manifesta illogicità
e-o carenza di motivazione in ordine alla determinazione della
pena finale.
c.

Con il terzo motivo di ricorso chiede l’applicazione d’ufficio
della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis cod.
pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso l’imputata sostiene che, essendole
contestato di avere apposto la firma falsa quando il padre era ancora in
vita, il diritto di proporre querela si sarebbe estinto con la morte del
genitore, non essendo peraltro emerso che il fratello dell’imputata abbia
ricevuto un danno dal falso contestato. Il motivo di ricorso è
inammissib , in quanto non si confronta affatto con la motivazione del
giudice di appello alla pagina 1, laddove precisa che l’attribuzione del
potere di querela comporta il riconoscimento della qualità di persona
offesa a colui che ha ricevuto un qualche danno e che il fratello
dell’imputata ha ricevuto un danno pari almeno all’ammontare dell’attivo
1

pena di mesi 6 di reclusione ed euro 100 di multa per il reato di falso

A

ereditario. Queste considerazioni non vengono assolutamente esaminate
dalla ricorrente, che si limita a generiche affermazioni, in fatto, circa la
mancata esistenza di un danno concreto.
2. Con il secondo motivo di ricorso l’imputata censura la mancata
esistenza di una motivazione adeguata in ordine alla sua responsabilità
ed alla congruità della pena; la motivazione sulla responsabilità, invero,
è adeguata e priva di vizi ricorribili in sede di legittimità, anche in virtù
del rinvio alla pronuncia di primo grado ed alla genericità dei motivi di

della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento
impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo
grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico
ed inscindibile” (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino; conff.
Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del
20/01/2003, Vigevano; sez. 2, n. 19947 del 15 maggio 2008). Quanto
alla pena, occorre rilevare che non vi erano specifiche doglianze, sul
punto, con l’atto di appello, per cui la censura è inammissibile ai sensi
dell’art. 606, co. III, ultima parte , c.p.p..
3. Con il terzo motivo di ricorso si chiede l’applicazione dell’articolo
131 bis del codice penale. Questa Corte (Cass. Sez. feriale n. 40152 del
18 agosto 2015) ha già avuto modo di rilevare che la valutazione di tale
richiesta risulta preclusa dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso,
richiamando i principi più volte affermati da questa Corte a S.U.,
secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla
manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, ogni possibilità di
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.
(Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000 Rv. 217266), sia nel senso di farle
valere, sia di rilevarle di ufficio (Sez. Un., n. 23428 del 22/03/2005).
4. L’inidoneità di un ricorso inammissibile a costituire il rapporto
giuridico processuale di impugnazione rende, quindi, irrilevante lo “ius
superveniens”, più favorevole, che appunto non può essere rilevato.
5. Né può ritenersi che, nel caso di specie, si veda in un’ipotesi di
abolitio criminis che risulterebbe rilevabile, comunque, in questa sede,
oltre che innanzi al giudice dell’esecuzione ex art. 673 cod. proc. pen.
6. Ed invero, come evidenziato in premessa, nel caso di specie, il
reato sussiste e la non punibilità per la particolare tenuità è applicabile

appello, non dovendosi dimenticare che “Il giudice di legittimità, ai fini

solo all’esito della verifica della sussistenza del fatto e della sua illiceità
penale, come emerge chiaramente dal disposto dell’art. 651-bis c.p.p.,
sicchè non può ritenersi configurabile nella fattispecie una situazione
riconducibile a quella contemplata dall’art. 673/1 c.p. comportante la
revoca della sentenza “perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato”.
7. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la

nonché (trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili
di colpa emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e
congruo determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27/10/2015

condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA