Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7064 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7064 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) RECUPERO SALVATORE N. IL 19/12/1968
avverso l’ordinanza n. 266/2012 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
26/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
IESIsentite le conclusioni del PG Dott. °ft, CZ. A-0 CZ-,
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Uditi difensor Avv.;ei. Vt.

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Data Udienza: 11/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del Riesame di Messina con ordinanza in data 26-4-2012, confermava
quella del Gip della stessa sede (28-3-2012) applicativa della custodia cautelare in
carcere nei confronti, tra gli altri, di Salvatore RECUPERO, con la contestazione
provvisoria dei reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/1990.
2. L’indagato ha proposto ricorso, tramite il difensore, articolato in due motivi.

punto della gravità indiziaria per il reato associativo e per la ricorrenza dell’aggravante
di aver promosso, costituito e diretto l’associazione, avendo il tribunale citato una serie
di sentenze di questa corte in tema senza farne applicazione al caso concreto,
incorrendo quindi in motivazione apparente, fondata soltanto sulla commissione dei
reati fine, confondendo così l’unicità del disegno criminoso con la fattispecie associativa,
senza dare adeguatamente conto delle ragioni alla base dell’affermazione della gravità
del quadro indiziario.
4. Secondo motivo: vizio di motivazione in ordine all’attualità delle esigenze cautelari,
ritenuta soltanto sulla base delle ‘modalità e circostanze dei fatti contestati’, ma senza
tener conto del tempo decorso dalla commissione del fatto e della lontananza della
residenza dell’indagato (Catania) dal luogo del fatto (isole Eolie), tale da impedire la
reiterazione dello stesso reato, nello stesso luogo e con gli stessi correi, in caso di
sottoposizione a misura che vincolasse a rimanere nel luogo di residenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è caratterizzato da assoluta genericità essendosi il ricorrente limitato in
sostanza a ricordare i criteri ai quali deve ispirarsi il giudizio di legittimità in caso di
Impugnazione di un provvedimento cautelare personale, senza tuttavia specificare le
ragioni per le quali il tribunale non avrebbe dato adeguatamente conto dei motivi di
affermazione della gravità del quadro indiziario. La censura è comunque anche
manifestamente infondata sol che si consideri che, da pag. 17 in poi, l’ordinanza ha
scrupolosamente indicato e puntualmente riportato le numerose intercettazioni a
sostegno dell’esistenza di uno stabile legame tra il Recupero e Santino Taranto, che,
abitualmente rifornito dal primo di cocaina, la spacciava poi, coadiuvato dai suoi sodali,
sull’isola di Salina.
3. Legame idoneo, pure per la complessità dei rapporti di dare avere tre le parti, gestiti
anche a mezzo assegno postdatati e implicanti debiti dell’acquirente perfino per 21.000
euro -a conferma delle dimensioni dell’attività e del fatto che la stessa, a differenza da
quanto sostenuto nel ricorso, era attuativa, quanto meno a livello gravemente

2

3. Primo motivo: erronea interpretazione della legge penale e vizio di motivazione sul

indiziario, di una serie indeterminata di reati, e non di reati concorsuali in
continuazione-, a configurare il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 in un complesso
quadro animato dalla consapevolezza di realizzare un generico programma di provvista
e smercio di sostanze stupefacenti finalizzato, pur nella diversità degli interessi
personali perseguiti, al comune scopo dello sviluppo del commercio di stupefacenti onde
incrementarne i profitti (Cass. 3509/2012; 23798/2003; 17348/2003; 10077/1997;
2759/1992 in ordine alla configurabilità del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 tra

4. L’ordinanza ha pure puntualmente dato conto delle ragioni del riconoscimento al
Recupero del ruolo di capo e promotore dell’associazione (che dà luogo non già a
circostanza aggravante, come ritenuto dal ricorrente, ma ad ipotesi autonoma di reato:
Cass. 6312/2010), indicando, da pag. 19, gli elementi sintomatici della sua posizione di
supremazia, rappresentati dalla direzione delle operazioni di rifornimento dello
stupefacente e delle collaterali attività di esazione e riscossione, non esenti da forme di
intimidazione, dei conseguenti crediti.
5.

Del pari manifestamente infondata la seconda doglianza. Contrariamente a quanto
sostenuto nel ricorso con la censura di vizio di motivazione in ordine all’attualità delle
esigenze cautelari, il tribunale, lungi dal ritenerla sulla base soltanto delle ‘modalità e
circostanze dei fatti contestati’, non ha mancato di evidenziare che, al di là della
presunzione relativa di sussistenza di tali esigenze in relazione al reato associativo,
di essa vi era prova anche in concreto grazie all’elevata professionalità dimostrata dal
Recupero, in grado di corrispondere a qualunque richiesta di droga proveniente dal
Taranto, alla sua autorevolezza nel modo del narcotraffico, desumibile dalla forza di
intimidazione palesata da alcune conversazioni intercettate, alla presenza di condanne
per reati contro il patrimonio. A fronte di che, come ineccepibilmente osservato
nell’ordinanza, il tempo decorso dalla commissione del fatto costituiva elemento del
tutto recessivo, tenuto anche conto dello sforzo del Recupero di sminuire la portata
della vicenda e della mancata prova di recisione dei legami con il narcotraffico.

6. Conseguentemente, poi, con piena ragione è stato ritenuto che, essendo quel tipo di
attività gestibile anche dall’abitazione (nella specie risultava tra l’altro l’esistenza di una
rete di distributori agli ordini dell’indagato), la presunzione, ora anch’essa relativa
(Corte Cost. 231/2011), di adeguatezza della sola misura custodiale, non fosse scalfita
dalla lontananza della residenza dell’indagato (Catania) dal luogo del fatto (isole Eolie),
invano valorizzata nel ricorso per sostenere l’impossibilità di reiterare l’attività
criminosa nello stesso luogo e con gli stessi correi. Assunto che trascura come la misura
cautelare miri a prevenire il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello
per cui si procede, non già necessariamente caratterizzati da identiche modalità
soggettive ed oggettive.

3

fornitore di stupefacenti ed acquirenti).

7. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616
cod. proc. pen., determinandosi in C 1000, in ragione della natura delle doglianze, la
somma da corrispondere alla cassa ammende.

P. Q.

M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

pen..
Roma 11-12-2012
Il consigliere est.

Lo

_.)

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc.

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