Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7061 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7061 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ARGENTO MARIANNA N. IL 25/02/1986
avverso l’ordinanza n. 173/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
22/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
ette sentite le conclusioni del PG Dott. \-\,. ey, -F0~ g I
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Udit i difensor AvvY,. Pc9. 44 – 0 ‘

Data Udienza: 30/11/2012

RITENUTO IN

FArrco

1. Oggetto di ricorso è l’ordinanza in data 23-3-2012 con la quale il Tribunale del riesame di
Salerno ha rigettato la richiesta di riesame proposta da Marianna ARGENTO avverso il
provvedimento emesso il 22-2-2012 dal Gip del tribunale di quella città, applicativo della
misura cautelare della custodia in carcere alla predetta, con la contestazione provvisoria dei
reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. aggravato (capo 3), all’art. 74 dPR 309/1990 (capo 10),
all’art. 73 dPR citato (capo 11).

detto Ciro (compagno e poi marito della ricorrente), Vincenzo D’Andrea, Roberto Capri e
Salvatore Nigro, responsabile dell’omicidio di Donato Stellato, e che aveva come obiettivi reati
contro la persona ed il patrimonio, in particolare imposizione di tangenti ad operatori
commerciali nell’ambito della installazione e gestione di videogiochi, nonché in materia di
stupefacenti -con conseguente creazione di una struttura associativa a ciò finalizzata-,
collocava all’interno di entrambi i sodalizi, valorizzando gli elementi desumibili dalle
intercettazioni telefoniche ed ambientali, la Argento, la quale, a far tempo dall’inizio della
detenzione del marito (13-11-2008), aveva assunto il ruolo basilare di tenere i contatti con i
correi all’esterno, seguendo le attività estorsive del gruppo e quelle relative al commercio di
stupefacenti (contatti con il fornitore Prinno), nonché curando personalmente il sostentamento
dei sodali detenuti e delle loro famiglie, ed eseguendo gli incarichi ricevuti dal marito.
3. Con il ricorso proposto per il tramite del difensore, avv. M. Sarno, l’indagata deduceva
erronea applicazlone della legge penale in relazione agli artt. 416 bis cod. pen., 73 e 74 dPR
309/1990, 273, 274 e 275 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione.
3.1 Si sosteneva, in punto di gravità indiziaria, che nulla indicava l’adesione della Argento ai
reati contestati, in quanto la stessa non era nominata dai collaboratori di giustizia mentre le
risultanze delle intercettazioni erano neutre rispetto alla esistenza della sua ritenuta affectio
sodetatis: vuoti che invano si era cercato di colmare valorizzando il rapporto di coniugio con

uno dei coindagati che al massimo poteva rendere configurabile il reato di favoreggiamento.
3.2 In punto di esigenze cautelari si lamentava, sotto il profilo del pericolo di reiterazione del
reato, il riferimento ad indici meramente ipotetici, richiamando giurisprudenza di questa corte
che esige la concretezza del pericolo, e si affermava che i reati non erano ostativi alla misura
degli arresti domiciliari evocando la decisione della sezioni unite penali di questa corte
16085/2011.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2.1 E priva di fondamento la doglianza di violazione di legge e vizio di motivazione sul punto
della gravità del quadro indiziario in ordine all’adesione della Argento ai due sodalizi e alla sua
partecipazione ai reati fine, avendo il tribunale, contrariamente all’assunto della ricorrente,
fornito ragionata e condivisibile contezza, con argomenti immuni dai vizi denunciati, delle
2

2. Il provvedimento, premessa l’esistenza del gruppo camorristico creato da Vincenzo Villacaro

ragioni per le quali, a fronte della generica asserzione del carattere neutro delle intercettazioni,
queste, puntualmente ed analiticamente ricordate e commentate nell’ordinanza, fossero invece
sintomatiche del fatto che la donna non solo si era resa latrice all’esterno di istruzioni
impartitele dal marito detenuto per l’attuazione delle attività estorsive e di commercio degli
stupefacenti, ma se ne era resa altresì esecutrice seguendo concretamente tali attività, in
particolare tramite contatti con il fornitore Prinno, nonché curando personalmente il
sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie. Il che costituisce chiaro sintomo,
vicolo con il creatore del gruppo camorristico. Mentre il silenzio dei collaboratori di giustizia sul
ruolo della Argento, valorizzato nel ricorso, trova piana spiegazione nel rilievo del tribunale che
l’indagata era rimasta estranea alla fase genetica dei sodalizi, essendovi subentrata a pieno
titolo a seguito dell’arresto del marito.
2.2 Del pari infondata la censura in punto di esigenze cautelari che addebita al provvedimento,
sotto il profilo del pericolo di reiterazione del reato, il riferimento ad indici meramente ipotetici,
mentre occorrerebbe la concretezza del pericolo. Tale impostazione, astrattamente esatta in
subiecta materia, trascura completamente la presunzione, dettata dall’art. 275, comma 3, cod.
proc. pen. per il reato di associazione di stampo mafioso, di sussistenza delle esigenze
cautelari, a meno che non siano acquisiti elementi dai quali risulti che esse non sussistono,
nella specie non indicati nel ricorso.
Mentre l’assunto della ricorrente secondo cui i reati oggetto della provvisoria incolpazione, non
sarebbero ostativi alla misura degli arresti domiciliari, si basa erroneamente sul richiamo alla
decisione della sezioni unite penali di questa corte n. 16085/2011, la quale afferma che il
principio di proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, operano come parametro di
commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto,
tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la
durata dello stesso. Pronuncia che non si attaglia al caso in esame relativo ad associazione di
stampo mafioso, reato per il quale l’adeguatezza della sola misura custodiale è oggetto di
presunzione assoluta ai sensi dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen..
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc.
proc..
Roma 30-11-2012

quanto meno a livello gravemente indiziario, di affectio societatis, sia pure indotta dallo stretto

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