Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7038 del 09/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7038 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Ferragina Andrea, nato il 17/8/1981 a Catanzaro
Zanzico Pasquale, nato il 22/3/1952 a Mesagne (BR)

avverso la sentenza resa in data 23/6/2011 dalla Corte di appello di
Lecce – sez. Taranto.

Letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Sergio Beltrani;
udite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sost. proc.
gen. dott. Elisabetta Cesqui, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso di
Pasquale Zanzico, e l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza
in accoglimento del ricorso di Andrea Ferragina;
rilevata la regolarità degli avvisi per l’odierna udienza pubblica;

Data Udienza: 09/11/2012

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RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Lecce – sez. Taranto, con la sentenza indicata
in epigrafe, ha confermato, quanto alle affermazioni di responsabilità in
danno degli odierni ricorrenti FERRAGINA (in ordine alla ricettazione di
una autovettura AUDI A3, 1,9 TDI, accertata in Taranto in data
intercorrente tra il 3 novembre 2001 ed il 14 gennaio 2002) e ZANZICO
(in ordine al riciclaggio della predetta autovettura) per i reati di cui al
capo A), la sentenza resa dal Tribunale di Taranto in data 6 marzo 2007;

in virtù della sopravvenuta declaratoria di estinzione per prescrizione del
reato di cui al capo B), la Corte di appello rideterminava in termini più
favorevoli le pene irrogate ai predetti soggetti.
2. Avverso tale provvedimento, hanno proposto distinti ricorsi gli
imputati, FERRAGINA personalmente, ZANZICO con l’ausilio del
difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1,
disp. att. cod. proc. pen.:
ZANZICO:
I – mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione (lamentando che l’affermazione di responsabilità in suo
danno fonda su motivazione meramente apparente);
FERRAGINA:
I – violazione od erronea applicazione dell’art. 522, comma 2, c.p.p.
(lamentando l’illegittimità della qualificazione come ricettazione del
riciclaggio in origine contestatogli);
H – violazione od erronea applicazione dell’art. 62-bis c.p.
(lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche);
III – violazione dell’art. 606, lett. E), c.p.p. in difetto di motivazione
quanto alla richiesta di sospensione condizionale della pena.
Hanno chiesto conclusivamente l’annullamento dell’impugnata
sentenza con ogni conseguenza di legge.
Al ricorso del FERAGINA era allegata una istanza di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato che dagli atti (f. 77) risulta trasmessa per
competenza alla Corte di cassazione (con nota a firma del Presidente del
collegio della Corte di appello).

2

4

All’odierna udienza pubblica, la parte presente ha concluso come da
epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti,
pubblicato mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di PASQUALE ZANZICO è in toto inammissibile, perché
fonda raS su motivi dedotti genericamente ed in forma perplessa, e

Il ricorso di ANDREA FERRAGINA è fondato limitatamente al terzo
motivo: ne consegue la declaratoria di estinzione del reato ascrittogli per
intervenuta prescrizione.

I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA’.
1. Con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità, delineati dall’art.
606, comma 1, lettera e), c.p.p., come vigente a seguito delle modifiche
introdotte dalla L. n. 46 del 2006, questa Corte Suprema ritiene che la
predetta novella non abbia comportato la possibilità, per il giudice della
legittimità, di effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della
decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già
effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità
limitarsi a verificare l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di
merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento. La mancata
rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto
ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d.
travisamento della prova, purché siano indicate in maniera specifica ed
inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di
volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo
da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da
parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od
un esame parcellizzato.

1. 1. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, poi, deve

.4

risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu °a” dovendo il

3

comunque manifestamente infondati.

sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a

rilievi

di

macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le
ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano
validità, e meritano di essere tuttora condivise, Cass. pen., Sez. un., n.

maggio 2000 n. 12, Jakani, rv. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24
settembre 2003, Petrella, rv. 226074).
A tal riguardo, devono tuttora escludersi la possibilità di «un’analisi

orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti,
nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte
circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi» (Cass. pen., sez.
VI, n. 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, rv. 233621; conforme, sez. II,
n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789), e la possibilità per il
giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. VI, n.
27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559; sez. VI, n. 25255 del 14
febbraio 2012, Minervini, rv. 253099).
1.2. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell’art.
606, comma 1, lett. e), c.p.p. intenda far valere il vizio di
«travisamento della prova>> (consistente nell’utilizzazione di
un’informazione inesistente o nell’omissione della valutazione di una
prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od
omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato
motivazionale sottoposto a critica) deve, inoltre, a pena di
inammissibilità (Cass. pen., sez. I, n. 20344 del 18 maggio 2006, Salaj,
rv. 234115; sez. VI, n. 45036 del 2 dicembre 2010, Damiano, rv.
249035):
a) identificare specificamente l’atto processuale sul quale fonda
doglianza;

4

la
w_c…„

24 del 24 novembre 1999, Spina, rv. 214794; Sez. un., n. 12 del 31

b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto
emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione
svolta nella sentenza impugnata;
c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato
probatorio invocato, nonché dell’effettiva esistenza dell’atto processuale
su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti

d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della
motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno
dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.
1.3. Il giudice di legittimità ha, ai sensi del novellato art. 606 c.p.p., il
compito di accertare (Cass. pen., sez. VI, n. 35964 del 28 settembre
2006, Foschini ed altro, rv. 234622; sez. III, n. 39729 del 18 giugno
2009, Belloccia ed altro, rv. 244623; sez. V, n. 39048 del 25 settembre
2007, Casavola ed altri, rv. 238215; sez. II, n. 18163 del 22 aprile
2008, Ferdico, rv. 239789):
(a) il contenuto del ricorso (che deve contenere gli elementi sopra
individuati);
(b) la decisività del materiale probatorio richiamato (che deve essere
tale da disarticolare l’intero ragionamento del giudicante o da
determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione);
(c) l’esistenza di una radicale incompatibilità con l’iter motivazionale
seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto (non
essendo il giudice di legittimità obbligato a prendere visione degli atti
processuali anche se specificamente indicati, ove non risulti detto
requisito);
(d) la sussistenza di una prova omessa o inventata, e del c.d.
«travisamento del fatto», ma solo qualora la difformità della realtà

1_

storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu °cui/ ed assuma anche
carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi
probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è

5

nel fascicolo del dibattimento;

sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e,
quindi, anche contraddittorio).

1.4. In presenza di una doppia conforma affermazione di
responsabilità, va, peraltro, ritenuta l’ammissibilità della motivazione
della sentenza d’appello

per relationem

a quella della decisione

impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo

esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell’effettuazione
del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza
impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente
riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato
il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici,
non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le
motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si
integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al
quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità
della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato
le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado
e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi
logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei
due gradi di merito costituiscano una sola entità (Cass. pen., sez. II, n.
1309 del 22 novembre 1993, dep. 4 febbraio 1994, Albergamo ed altri,
rv. 197250; sez. III, n. 13926 del 1° dicembre 2011, dep. 12 aprile
2012, Valerio, rv. 252615).

1.5. Infine, anche il giudice d’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse
possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente

iter motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione
effettuata (per tutte, Cass. pen., sez. VI, n. 1307 del 26 settembre
2002, dep. 14 gennaio 2003, Delvai, rv. 223061).

grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già

1.6. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione
«oltre ogni ragionevole dubbio», già adoperata dalla giurisprudenza
di questa Corte Suprema (per tutte, cfr. Cass. pen., Sez. un., n. 30328
del 10 luglio 2002, Franzese, rv. 222139), e successivamente recepita
nel testo novellato dell’art. 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la
valutazione inerente all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è
opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal
costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e
della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale. Si
è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una
funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in
precedenza, il «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza dell’imputato
ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530,
comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso
criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente
adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, immanente
nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario, secondo cui la
condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale
assoluta della responsabilità dell’imputato (cfr. Cass. pen., sez. II, n.
19575 del 21 aprile 2006, Serino ed altro, rv. 233785; sez. II, n. 16357
del 2 aprile 2008, Crisiglione, rv. 239795).
1.7. Alla luce di queste necessarie premesse vanno esaminati gli
odierni ricorsi.

IL RICORSO ZANZICO.
2. Il ricorso DE BARTOLOMEI è inammissibile perché fonda su motivi
dedotti genericamente ed in forma perplessa, e comunque
manifestamente infondati.

(.4

La giurisprudenza di questa Corte Suprema è ormai orientata nel
senso dell’inammissibilità, per difetto di specificità, del ricorso

presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento
impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa

(Cass. pen., sez. VI, n. 32227 del 16 luglio 2010, T., rv. 248037: nella

7

diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio

T^1 , ^

,

• ■ •1 r • •

fattispecie il ricorrente aveva lamentato la “mancanza e/o insufficienza
e/o illogicità della motivazione” in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a fondamento di
un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale; conforme, sez.
VI, n. 800 del 6 dicembre 2011, dep. 12 gennaio 2012, Bidognetti ed
altri, rv. 251528).
Invero, l’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p, stabilisce che i
provvedimenti sono ricorribili per <>.; la disposizione, se
letta in combinazione con l’art. 581, comma 1, lett. c), c.p.p. (a norma
del quale è onere del ricorrente <>) evidenzia che non può ritenersi
consentita l’enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso,
essendo onere del ricorrente di specificare con precisione se la
deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla
contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di
tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti
della motivazione censurata.
Peraltro, il ricorso si limita a contestare genericamente la motivazione
posta a fondamento dell’accertamento del fatto contestato, in concreto
limitandosi a riproporre doglianze già esaminate dalla Corte d’appello,
senza confrontarsi apprezzabilmente con le ragioni del convincimento da
questa espresso. La Corte d’appello ha, infatti, valorizzato, con
motivazione (da valutare in unione con quella della sentenza di primo
grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme
affermazione di responsabilità) esauriente, logica, coerente, e come tale
incensurabile in questa sede, le dichiarazioni del teste BASILE, non
congruamente contestate dall’imputato (5§ 4 e 5 della sentenza di primo
grado; f. 2 della sentenza d’appello).

8

”’

IL RICORSO FERRAGINA.
3. Il ricorso è all’evidenza inammissibile limitatamente ai primi due

motivi, entrambi manifestamente infondati.
3.1. Quanto al primo motivo, infatti, come già chiarito da questa

Corte Suprema (Sez. V, n. 17048 del 21 febbraio 2001, Gabrielli ed altri,
rv. 219667), la disamina degli elementi costitutivi dei reati di
ricettazione e di riciclaggio evidenzia che tutti gli elementi previsti dalla
presenti anche in quella a carattere speciale di cui all’art. 648-bis c.p.:
quest’ultima si caratterizza rispetto alla prima poiché contiene in sè un
elemento specializzante, costituito da un’attività ulteriore rispetto alla
ricezione del denaro, di beni o di altre utilità, consistente nel fatto che la
<> deve aver luogo in modo da realizzare la sostituzione o il
trasferimento di detti beni o, comunque, da ostacolare l’identificazione
della loro origine delittuosa.
Ciò posto, nella specie non può ravvisarsi alcuna immutazione del
fatto contestato, in quanto i due fatti, quello contestato e quello
ritenuto, si trovano in rapporto di continenza, nel senso che la norma
generale comprende quella speciale; in considerazione di ciò, l’imputato
ha senz’altro avuto la possibilità di svolgere adeguata difesa anche in
relazione al fatto come diversamente qualificato, dovendosi appunto
difendere in relazione alla ricezione di una ben determinata autovettura
di altrettanto ben determinata provenienza furtiva, ed avendo il giudice
di primo grado ritenuto, in difettD di adeguata prova del contrario, che
egli fosse rimasto estraneo al “taroccamento” di detta autovettura, della
quale si era limitato a conoscere la provenienza furtiva.

In proposito, va conclusivamente affermato il seguente principio di
diritto:
«Non è configurabile la violazione del principio di correlazione tra
accusa e sentenza nel caso in cui, a fronte della originaria contestazione
del reato di riciclaggio (ipotesi di specie), l’imputato sia condannato per
il reato di ricettazione (ipotesi di genere), perché ritenuto estraneo alc…„,

9

disposizione generale, quale deve considerarsi l’art. 648 c.p., sono

”taroccamento” dell’autovettura di provenienza furtiva della quale aveva
consapevolmente disponibilità>>.
3.2. Palesemente affetto da manifesta infondatezza è il secondo
motivo: il FERRAGINA aveva, infatti, ottenuto già in primo grado il
riconoscimento della attenuanti generiche. Ed appare davvero arduo
comprendere come sia stato possibile dolersi – successivamente – del

3.3. Fondata è, al contrario, la doglianza inerente alla dedotta
assenza di motivazione sulla chiesta sospensione condizionale della
pena.
In primo grado l’imputato, incensurato, era stato condannato alla
pena di anni due e mesi due di reclusione ed euro duemila di multa.
In appello, la pena era stata ridotta ad anni due ed euro duemila di
multa.
La sentenza d’appello menziona, tra i motivi di gravame, la richiesta
di sospensione condizionale della pena, che però non esamina.
Va evidenziato che il FERRAGINA, nato il 17 agosto 1981, era al
momento della commissione del fatto (che la sentenza di primo grado
colloca tra il 3 novembre 2001 ed il 14 gennaio 2002) infraventunenne:
il beneficio gli era, pertanto, senz’altro astrattamente concedibile, ed il
diniego doveva essere necessariamente sorretto da adeguata
motivazione.
Peraltro, in relazione alla data del commesso reato come sopra
determinata dalla sentenza di primo grado, deve prendersi atto
dell’intervenuta decorrenza del termine (decennale, in considerazione
del fatto che la sentenza di primo grado è successiva alla data di entrata
in vigore della I. n. 251 del 2005) di prescrizione, pur tenendo conto
della sospensione (per malattia di ZANZICO: prognosi dieci giorni)
dall’8 giugno 2004 al 15 marzo 2005: dal 3 novembre 2001 (dies a quo

r

più favorevole) la prescrizione si è verificata al più tardi il 3 novembre _1(2011, più nove mesi e sette giorni, ovvero al 10 agosto 2012.
10

loro mancato riconoscimento.

LE STATUIZIONI ACCESSORIE.
4.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso di PASQUALE

ZANZICO comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che egli ha proposto ricorso determinando la causa di
inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto

della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

4.1. In ossequio all’espresso dettato dell’art. 96, comma 1, d.P.R. n.

115 del 2002, l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
presentata da ANDREA FERRAGINA va trasmessa per la decisione alla
Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso di ZANZICO PASQUALE e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
mille alla Cassa delle ammende;
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di
FERRAGINE ANDREA perché il reato è estinto per prescrizione. Dispone
trasmettersi l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato alla
Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, per quanto di
competenza.
Così deciso il 9 novembre 2012

Il Com onente estensore

Il Presidente

conto dell’entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore

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