Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7037 del 09/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7037 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Sciabà Orazio, nato il 12/6/1949 a Messina
La Malfa Gino, nato il 20/1/1972 a Torino

avverso la sentenza resa in data 24/10/2011 dalla Corte di appello di
Messina.

Letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Sergio Beltrani;
udite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sost. proc.
gen. dott. Elisabetta Cesqui, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
rilevata la regolarità degli avvisi per l’odierna udienza pubblica;

Data Udienza: 09/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Messina, con la sentenza indicata in epigrafe,
ha confermato la sentenza resa dal G.U.P. del locale Tribunale in data 13
luglio 2006, che aveva dichiarato ORAZIO SCIABA’ colpevole del reato di
cui al capo P (usura continuata in danno di pp.00. non identificate,
commessa in Messina fino al marzo del 2004), e GINO LA MALFA
colpevole dei reati di cui ai capi UU – VV

WW (nell’ordine: rapina

commessa in Messina il 14 febbraio 1997; rapina aggravata della
somma di circa 27 milioni di lire in danno dell’Ufficio Postale di Messina .
Villaggio Aldisio, commessa in Messina il 2 agosto 2001; furto aggravato
e continuato di più autovetture parcheggiate sulla pubblica via,
commesso in Messina in data anteriore al 26 giungo 2004), ed aveva
condannato ciascuno alla pena ritenuta di giustizia.
2. Avverso tale provvedimento, hanno proposto distinti ricorsi gli
imputati, con l’ausilio dei rispettivi difensori, deducendo i motivi di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
SCIABA’:
I – violazione di legge e motivazione mancante o, comunque, illogica
e contraddittoria (lamentando che l’affermazione di responsabilità non
sia suffragata da idonea motivazione, tali non potendo ritenersi le
illogiche e contraddittorie considerazioni fondate sulle espletate
intercettazioni);
LA MALFA:
I – inosservanza di norme processuali, violazione di legge e
motivazione illogica, in relazione agli artt. 271, 267, 268, comma 3,
c.p.p., nonché 624, 625 e 628 c.p. (lamentando che le intercettazioni
ambientali operate sull’autovettura di TAVILLA FILIPPO, in uso a
TAVILLA NICOLA, dalla cui conversazione con il LA MALFA è emersa
prova degli odierni reati, sarebbero state eseguite illegittimamente, in
presenza di un radicale contrasto – quanto all’asserita indisponibilità di
postazioni interne alla Procura della Repubblica inquirente – con la
certificazione ad esso allegata – che attestava la disponibilità di tre

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aggravata della pistola di ordinanza di un agente di Polizia Municipale,

postazioni, ed essendo in quella fase irrilevanti le eventuali connesse
esigenze investigative);
Il – violazione degli artt. 624, 625, 628 c.p. ed illogicità della
motivazione (lamentando il difetto di riscontri alle emergenze delle
eseguite intercettazioni);
III – vizio di motivazione in ordine all’operato aumento per la
recidiva.

sentenza con ogni conseguenza di legge.
All’odierna udienza pubblica, la parte presente ha concluso come da
epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti,
pubblicato mediante lettura in udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono in toto inammissibili, perché fondano su motivi non
consentiti in sede di legittimità, dedotti genericamente, o comunque
manifestamente infondati.

I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA’.
L Con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità, delineati dall’art.
606, comma 1, lettera e), c.p.p., come vigente a seguito delle modifiche
introdotte dalla L. n. 46 del 2006, questa Corte Suprema ritiene che la
predetta novella non abbia comportato la possibilità, per il giudice della
legittimità, di effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della
decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già
effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità
limitarsi a verificare l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di
merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento. La mancata
rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto
ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d.
travisamento della prova, purché siano indicate in maniera specifica ed
inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di
volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo
da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da

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Hanno chiesto conclusivamente l’annullamento dell’impugnata

parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od
un esame parcellizzato.

1.1. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, poi, deve

risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il
sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e

considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le
ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano
validità, e meritano di essere tuttora condivise, Cass. pen., Sez. un., n.
24 del 24 novembre 1999, Spina, rv. 214794; Sez. un., n. 12 del 31
maggio 2000 n. 12, Jakani, rv. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24
settembre 2003, Petrella, rv. 226074).
A tal riguardo, devono tuttora escludersi la possibilità di «un’analisi
orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti,
nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte
circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi» (Cass. pen., sez.

VI, n. 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, rv. 233621; conforme, sez. Il,
n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789), e la possibilità per il
giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. VI, n.
27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559; sez. VI, n. 25255 del 14
febbraio 2012, Minervini, rv. 253099).
1.2. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell’art.

606, comma 1, lett. e), c.p.p. intenda far valere il vizio di
«travisamento della prova» (consistente nell’utilizzazione di
un’informazione inesistente o nell’omissione della valutazione di una
prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od
omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato

t

motivazionale sottoposto a critica) deve, inoltre, a penaaierii(
di
inammissibilità (Cass. pen., sez. I, n. 20344 del 18 maggio 2006, S

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rv. 234115; sez. VI, n. 45036 del 2 dicembre 2010, Damiano, rv.
249035):
a) identificare specificamente l’atto processuale sul quale fonda la
doglianza;
b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto
emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione

c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato
probatorio invocato, nonché dell’effettiva esistenza dell’atto processuale
su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti
nel fascicolo del dibattimento;
d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della
motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno
dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.
1.3. Il giudice di legittimità ha, ai sensi del novellato art. 606 c.p.p., il

compito di accertare (Cass. pen., sez. VI, n. 35964 del 28 settembre
2006, Foschini ed altro, rv. 234622; sez. III, n. 39729 del 18 giugno
2009, Belloccia ed altro, rv. 244623; sez. V, n. 39048 del 25 settembre
2007, Casavola ed altri, rv. 238215; sez. II, n. 18163 del 22 aprile
2008, Ferdico, rv. 239789):
(a) il contenuto del ricorso (che deve contenere gli elementi sopra
individuati);
(b) la decisività del materiale probatorio richiamato (che deve essere
tale da disarticolare l’intero ragionamento del giudicante o da
determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione);
(c) l’esistenza di una radicale incompatibilità con l’iter motivazionale
seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto (non
essendo il giudice di legittimità obbligato a prendere visione degli atti
processuali anche se specificamente indicati, ove non risulti d tt
requisito);

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svolta nella sentenza impugnata;

(d) la sussistenza di una prova omessa o inventata, e del cd.
«travisamento del fatto», ma solo qualora la difformità della realtà
storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu acuii ed assuma anche
carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi
probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è
sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e,

1.4.

In presenza di una doppia conforma affermazione di

responsabilità, va, peraltro, ritenuta l’ammissibilità della motivazione
della sentenza d’appello

per relationem

a quella della decisione

impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo
grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già
esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell’effettuazione
del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza
impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente
riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato
il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici,
non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le
motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si
integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al
quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità
della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato
le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado
e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi
logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei
due gradi di merito costituiscano una sola entità (Cass. pen., sez. II, n.
1309 del 22 novembre 1993, dep. 4 febbraio 1994, Albergamo ed altri,
rv. 197250; sez. III, n. 13926 del 1° dicembre 2011, dep. 12 aprile
2012, Valerio, rv. 252615).

1.5. Infine, anche il giudice d’appello non è tenuto a rispondere a
tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse
possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differ

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quindi, anche contraddittorio).

iter motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione
effettuata (per tutte, Cass. pen., sez. VI, n. 1307 del 26 settembre
2002, dep. 14 gennaio 2003, Delvai, rv. 223061).

1.6. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione

«oltre ogni ragionevole dubbio», già adoperata dalla giurisprudenza
di questa Corte Suprema (per tutte, cfr. Cass. pen., Sez. un., n. 30328

nel testo novellato dell’art. 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la
valutazione inerente all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è
opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal
diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio
costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e
della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale. Si
è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una
funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in
precedenza, il <

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