Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 70 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 70 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
SALUCI GIOVANNI

n. il 19.07.1950

avverso l’ordinanza n. 683/2010 del Tribunale di Caltanissetta – del
28.04.2011
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in UDIENZA CAMERALE del 14 novembre 2012 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott.
Rosario Giovanni Russo che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.

Data Udienza: 14/11/2012

FATTO E DIRITTO
L’avv. Francesco Bellino, difensore di fiducia di SALUCI Giovanni, ricorre
in Cassazione avverso il decreto emesso dal Tribunale di Caltanissetta, in
data 28.042011, con il quale è stata rigettata la sua opposizione ex art.
99 d.P.R. 115/2002, avverso il decreto di diniego di ammissione al
beneficio del patrocinio a spese dello Stato emesso il 1° luglio 2010 dallo
stesso Tribunale.
violazione di legge in particolare dell’art. 76 del d.P.R.

115/2002, nonché mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione.
Si deduce che il diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato
si basa sulla mera presunzione di percezione di redditi derivanti da attività
criminali per essere stato il ricorrente già condannato per uno dei reati
previsti dal nuovo comma 4 bis del citato art. 76, sebbene non sia stata
acquisita alcuna prova che in concreto il SALUCI abbia percepito somme di
qualsivoglia natura di lecita o illecita provenienza. La valutazione dei
redditi della persona, con riferimento a quelli non dichiarati, va operata
con riferimento ad elementi di fatto precisi, gravi e concordanti. La
contraddittorietà del decreto impugnato emerge dalla documentazione
allegata all’istanza di tenore tale da essere bastevole a vincere la
presunzione di cui all’art. 76 e segnatamente la richiesta di sussidio
economico formulata da Lubrano Giuseppina e le attestazioni relative agli
accessi presso il centro di volontariato DOULOS – distribuzione alimenti.
Con parere scritto il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso.
I motivi posti a base del ricorso sono infondati.
A dimostrarne la infondatezza è il contrario orientamento costante della
giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che, ai fini del diniego
dell’ammissione al gratuito patrocinio o della revoca del beneficio già
riconosciuto, rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere
accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di
cui all’art. 2729 cod. civ.. Ne consegue che va ritenuta la legittimità del
provvedimento con il quale il Tribunale ha motivato il rigetto
dell’impugnazione avverso il decreto di diniego di ammissione al gratuito
patrocinio, avendo evidenziato che il SALUCI, aveva riportato ben due
condanne per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., con la conseguenza
che, in materia di ammissione al patrocinio a spese dello Stato era

Si denuncia

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t

senz’altro applicabile la nuova disciplina prevista dall’art. 76 comma 4 bis
d. P. R. 115/2002.
Per altro, correttamente e puntualmente, il Tribunale, nel richiamare la
sentenza della Corte Costituzionale n. 139/2010, ha evidenziato che non
sussistono affatto quei dubbi di incostituzionalità evidenziati dal ricorrente,
chiarendo che un’interpretazione costituzionalmente orientata impone di
intendere la presunzione di cui al richiamato art. 76 non come assoluta,

contraria, e spetta, comunque, al richiedente dimostrare con allegazioni
adeguate fornendo elementi comprovati, chiari ed univoci, il suo stato di
non abbienza.
Sul punto non si ritiene illogica o contraddittoria la motivazione del
Tribunale laddove, nell’esaminare la documentazione a tal fine allegata
all’istanza, non ha ritenuto idonea il mero stato di detenzione del SALUCI,
peraltro non interrotto, e la richiesta di aiuto a centri di volontariato da
parte di un soggetto estraneo al nucleo familiare. E, dunque, non si rileva
carente di logica l’affermazione che tale documentazione non è sufficiente
per superare una presunzione che trova la sua ragion d’essere proprio
nella regola di esperienza che alcuni gravi delitti – tra i quali quello di
associazione di tipo mafioso – sono normalmente produttivi di redditi
considerevoli, per di più difficilmente accertabili in sede di istanza di
ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 14 novembre 2014.

ma piuttosto come una presunzione iuris tantum, che ammette prova

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