Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6999 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6999 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ESPOSITO ROSARIA, N. IL 172/1958,
2) DE ROSA VINCENZO, N. IL 22/1171954,
avverso l’ordinanza n. 88/2008 pronunciata dal Tribunale di Napoli, sezione
distaccata di Afragola, in funzione di Giudice dell’esecuzione, il 16/6/2011;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
lette le conclusioni del P.G. Dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ha chiesto
l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata dì Afragola, all’esito del giudizio
penale conclusosi con sentenza del 13 ottobre 2003, irrevocabile il 16 gennaio
2004, pronunciata nei confronti di Esposito Rosaria e di De Rosa Vincenzo,
emetteva ordine di demolizione del manufatto oggetto di illecito edilizio.
La Esposito faceva istanza di revoca dell’ordine di demolizione, che il giudice
dell’esecuzione accoglieva con ordinanza del 30 gennaio 2009, sul presupposto
che per il fabbricato in questione era stata presentata domanda di condono
edilizio, con versamento di oblazione congrua e degli oneri accessori, con la
conseguenza che l’ordine di demolizione risultava in contrasto con il
provvedimento di sanatoria in corso di rilascio.

Data Udienza: 14/11/2012

2. Avverso la suddetta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il
pubblico ministero deducendo che il manufatto abusivo era già stato oggetto di
ordinanza di acquisizione al patrimonio comunale e che pertanto l’istanza di
condono non avrebbe potuto essere accolta.
La Corte di cassazione, terza sezione penale, accoglieva il ricorso testé
descritto ed annullava l’ordinanza impugnata disponendo che il giudice del rinvio
accertasse la condonabilità dell’opera e quindi se in ordine alla stessa potesse

3. Con ordinanza emessa il 16 giugno 2010 il giudice dell’esecuzione del
Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Afragola, pronunciando in sede di
rinvio, rigettava l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione proposto dalla
Esposito.
Il giudice, premesso che la revoca dell’ordine di demolizione che risulti
Incompatibile con situazioni di fatto oggettive o sopravvenute, quali atti
amministrativi della competente autorità che abbiano conferito all’immobile altra
destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria, può sempre essere
disposta atteso che la statuizione sanzionatoria giurisdizionale ha natura
amministrativa e come tale non è suscettibile di passare in giudicato, rilevava
che siffatta incompatibilità deve essere assoluta ed altresì già esistente e
Insanabile. Richiamando la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, il
giudice rilevava che il rilascio della concessione in sanatoria non produce
automaticamente la caducazione dell’ordine di demolizione impartito con la
sentenza di condanna per il reato edilizio, atteso che il giudice dell’esecuzione ha
il dovere di controllare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo
della sussistenza dei presupposti della sua emanazione e dei requisiti di forma e
di sostanze richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.
Tanto rilevato in diritto, il giudice osservava che il 19 marzo 2004 era stata
notificata al ricorrente l’ordinanza dirigenziale numero 111/2004, emessa il 15
marzo 2004, con la quale si disponeva l’acquisizione delle opere abusive oggetto
della sentenza al patrimonio comunale della città di Afragola; il ricorso proposto
avverso tale ordinanza al Tar Campania risultava allo stato ancora pendente,
sicché per il decidente andava escluso che l’istanza di condono edilizio della
ricorrente potesse essere accolta, atteso che in relazione all’immobile oggetto
delle abusive attività edificatorie era intervenuto provvedimento di acquisizione
gratuita al patrimonio del Comune di Afragola ed il ricorso giurisdizionale
amministrativo pendente avverso la citata ordinanza di acquisizione, giacché
risalente addirittura al 2004 senza che fosse stato adottato alcun provvedimento,

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essere emesso legittimo provvedimento di sanatoria in tempi brevi.

non consentiva di ritenere che in tempi brevi potesse intervenire un
provvedimento favorevole all’istante.
4. Avverso tale decisione ricorrono per cessazione la Esposito ed il De Rosa
a mezzo del difensore di fiducia, avv. Attilio Belloni.
4.1. Con un primo motivo si lamenta la mancata osservanza dell’articolo
666, comma 5 cod. proc. pen., laddove prevede che il giudice dell’esecuzione
abbia bisogno o assumere prove.
A seguito dell’annullamento della prima ordinanza il giudice del rinvio era
stato richiesto di accertare la condonabilità dell’opera, tenuto conto anche, ma
non solo, del provvedimento acquisitivo. Egli, quindi, non avrebbe dovuto
pronunciare sul punto senza aver prima condotto accertamenti, anche
avvalendosi dei suoi poteri ufficiosi. Per contro, in ordine alla condonabilità
dell’opera, il giudice territoriale non ha condotto alcun accertamento al fine di
verificare se il provvedimento acquisitivo del Comune ostesse all’accoglibilità
dell’istanza di condono e quali fossero i tempi per la definizione della relativa
istanza di sanatoria, limitandosi a una presa d’atto delle circostanze storiche che
avevano portato alla prima sentenza del giudice di legittimità.
4.2. L’esponente lamenta, inoltre, violazione dell’articolo 32, comma 25 del
D.L. 269/2003, in relazione all’articolo 31 della I. n. 47/85, che disciplina la
legittimazione attiva alla presentazione dell’istanza di condono.
Rilevato che dalla legge emerge che non occorre essere titolari di diritti
dominicali sul cespite gravato da abuso al fine di vedersi riconosciuta la
legittimazione alla presentazione dell’istanza di condono, essendo sufficiente al
riguardo un interesse anche altrimenti rinvenibile e qualificabile, l’esponente
rileva che il provvedimento di acquisizione da parte del Comune non determina
di per sé l’inefficacia, l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’istanza di condono,
poiché la legittimazione attiva alla presentazione di quest’ultima è anche in capo
a coloro che, come nel caso di specie, siano detentori e non proprietari del bene.
Anche con riferimento al giudizio in ordine ai tempi di definizione del ricorso
al Tar l’esponente rileva errores in procedendo del giudice dell’esecuzione. Il
primo sarebbe consistito nel fatto che si sono considerati i tempi di definizione
del ricorso al Tar avverso la sanzione amministrativa di acquisizione e non già,
come richiesto dai giudice di legittimità, i tempi per l’evasione dell’istanza di
condono da parte dell’ente comunale. Il secondo errore sarebbe consistito nel
fatto che non è stato applicato il principio di diritto per il quale, a seguito della

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può chiedere all’autorità competente tutti i documenti e le informazioni di cui

domanda di condono edilizio, a mente dell’articolo 31 I. n. 47/85 diviene
improcedibile il ricorso diretto contro provvedimenti sanzionatori dell’abuso di cui
si chiede la sanatoria. Sulla scorta di tale principio il giudicante avrebbe dovuto
ritenere il ricorso pendente dinanzi al Tar come tamquam non esset.
Si assume, ancora, che il giudice dell’esecuzione, per attribuire rilievo alla
acquisizione al patrimonio comunale del bene, avrebbe dovuto previamente
valutare, sia pure incidentalmente, la legittimità del presupposto procedimento
giacché l’effetto acquisitivo sorge non da un autonomo provvedimento ma si
determina ope legis a seguito della accertata inottemperanza dell’ordine di
demolizione. Sotto tale punto di vista l’esponente rileva che nella sentenza di
condanna pronunciata a carico dell’imputata non era stato dato un ordine di
remissione in pristino con spese a carico dell’imputata medesima ma era stata
disposta soltanto la demolizione delle opere a cura dell’autorità giudiziaria. In
data 28 gennaio 2008 era stata emessa dall’ufficio del pubblico ministero
l’ingiunzione a demolire; ma in quel tempo l’istanza di condono era già stata
depositata, con la conseguenza che non si poté produrre alcun effetto acquisitivo
in pregiudizio dei diritti nascenti dalla citata istanza di condono, compreso quello
di vederla valutata dall’ente a ciò competente. Poiché l’effetto acquisitivo si
determina ope legis all’esito di una fattispecie complessa, il giudice avrebbe
dovuto verificare se tale fattispecie si era integralmente perfezionata, con
accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e notifica
all’interessato dell’avviso di accertamento. Per contro il giudice ha dato per
scontato il verificarsi dell’effetto acquisitivo senza procedere ad alcun
accertamento. E ciò, nonostante dalla semplice lettura del provvedimento di
acquisizione all’ente comunale emergesse il mancato rispetto della procedura
appena descritta.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
5.1. Questa Corte, con la sentenza che ha annullato l’ordinanza con la quale
si revocava l’ordine di demolizione disposto con sentenza del 13.10.2003 del
Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Afragola, ha disposto che il giudice del
rinvio accertasse la condonabilità dell’opera e quali i tempi per una eventuale
sanatoria dell’illecito.
Infatti il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell’esecuzione
dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di
condanna – sospensione che venga richiesta per l’avvenuta presentazione della
domanda di condono edilizio D.L. 30 settembre 2003, n. 289, ex art. 32,
convertito con modificazioni in L. 24 novembre 2003, n. 326 – deve accertare la
esistenza delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della

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domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per
l’accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la
insussistenza di cause di non condonabilità assoluta; e) l’avvenuto integrale
versamento della somma dovuta ai fini dell’obiezione; f) l’eventuale rilascio di un
permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito.
In presenza di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio
in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della
questione è tenuto inoltre ad una attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi
risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel
caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del
procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un
rapido esaurimento dello stesso (Sez. 3, sent. n. 24665 del 15/04/2009, P.M. in
proc. Murgia, rv. 244076; Sez. 4, sent. n. 15210 del 05/03/2008, Rv. 239606;
Sez. 3, sent. n. 38997 del 26/09/2007, Rv. 237816; Sez. 3, sent. n. 3992 del
12/12/2003, Rv. 227558).
5.2. Il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento impugnato in questa
sede, ha escluso la condonabilità dell’opera per essittstata questa acquisita al
patrimonio del Comune di Afragola con provvedimento la cui impugnazione è
pendente sin dal 2004, sicchè si è ritenuto di escludere “che in tempi brevi possa
Intervenire un provvedimento favorevole per l’istante”.
Con tale motivazione il G.E. mostra di ritenere che l’effetto acquisitivo si sia
realizzato già solo in ragione della esistenza del provvedimento, omettendo
quindi di valutare incidentalmente se ne ricorressero o meno le condizioni
legittimanti. Ovviamente tale accertamento era necessario proprio perché
richiesto dal giudice di legittimità di verificare la condonabilità del manufatto.
5.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte l’ente comunale diviene ex
lege

proprietario del manufatto abusivo a seguito della ingiustificata

Inottemperanza nel termine di novanta giorni del condannato per reato edilizio
all’ordine di demolizione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 45704 del 26/10/2011,
Franceschelli, Rv. 251320). L’ingiustificata inottemperanza all’ordine di
demolizione dell’opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi
entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa
dall’Autorità amministrativa determina l’automatica acquisizione gratuita al
patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, senza che sia necessaria
né la notifica all’interessato dell’accertamento dell’inottemperanza né la
trascrizione, in quanto il primo atto ha solo funzione certificativa dell’avvenuto

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di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile

trasferimento del diritto di proprietà, costituendo titolo per l’immissione in
possesso, mentre la trascrizione serve a rendere opponibile il trasferimento ai
terzi a norma dell’art. 2644 cod. civ. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22237 del
22/04/2010, Gotti, Rv. 247653).
L’avvenuta acquisizione al patrimonio comunale non è peraltro di per sé
ostativa alla condonabilità dell’abuso. In sede amministrativa è stato affermato
che “il condono degli abusi edilizi ai sensi della Legge 28 febbraio 1985 n.47,
stante l’ art. 43 della legge stessa, non è precluso dal provvedimento d’
acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune, cui siano seguiti la
presa di possesso del bene e la trascrizione del provvedimento, salvo che non sia
seguita la demolizione/ (Cons. Stato., Sez. 5, 23 maggio 2001, n. 2973), e ciò
in quanto l’incompatibilità con la sanatoria ricorre quando all’immissione in
possesso siano seguite la demolizione dell’immobile abusivo ovvero la sua
utilizzazione ai fini pubblici (Cons. Stato, sez. 5, 25 ottobre 1993, n. 1080). Si è
aggiunto che l’inteferenza tra procedimenti giurisdizionali concernenti la
legittimità dei provvedimenti sanzionatori edilizi e provvedimenti -espliciti o
impliciti- sull’istanza di condono è testimoniata dall’articolo 44 della legge n. 47
del 1985, che dispone la sospensione dei primi sino al momento della emissione
dei secondi (Cons. Stato, Sez. 5, 5 giugno 1997, n. 594).
Pertanto, il dato estrinseco dell’adozione di provvedimento acquisitivo del
manufatto abusivo al patrimonio comunale non esaurisce l’indagine in ordine alla
condonabilità dell’opera. Così come la verifica dei tempi di un eventuale condono
non è correttamente realizzata attraverso il riferimento ai tempi di esaurimento
di un procedimento amministrativo che ha ad oggetto la disposta acquisizione.
5.4. L’ordinanza impugnata ha quindi sostanzialmente eluso quanto disposto
dalla sentenza di annullamento del giudice di legittimità, e pertanto merita di
essere annullata, con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame, da condursi
alla luce dei principi qui ribaditi.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo
esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14/11/2012.

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