Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6994 del 17/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6994 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FALACE VITTORIO N. IL 08/01/1977
avverso la sentenza n. 10206/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 17/06/2015

Ritenuto in fatto

– che la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha
confermato quella del Tribunale della sede, che aveva dichiarato l’appellante
Falace Vittorio colpevole del reato, accertato il 16 febbraio 2009, previsto e
punito dall’art. 2 legge n. 1423 del 1956, allo stesso contestato per avere violato
la misura di prevenzione del divieto di rientro nel Comune dì Napoli;
– che avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e vizio di

senza svolgere alcuna motivazione circa la effettiva rilevanza penale della
condotta contestata, in realtà inidonea a costituire un pericolo per la pubblica
sicurezza, e relativamente all’insussistenza degli estremi per disporre il
proscioglimento dell’imputato ex art. 129 cod. proc. pen. e comunque senza
adeguatamente illustrare le ragioni della mancata concessione delle attenuanti
generiche;

Considerato in diritto

– che l’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi non specifici e
comunque manifestamente infondati;
– che il contenuto del ricorso, quanto al primo motivo d’impugnazione,
risulta infatti prescindere totalmente dall’iter argomentatìvo, logico ed adeguato,
svolto dal giudice di merito per giustificare il rigetto dell’appello – nel quale pure
si evidenziava come fosse circostanza incontestata che l’imputato era stato
controllato mentre si trovava nel territorio del Comune di Napoli in una via del
quartiere Secondigliano, nota alle forze dell’ordine come una “piazza di spaccio
molto frequentata” e che non emergevano elementi per ritenere che egli non
fosse consapevole della conseguente violazione del divieto di rientro in quel
Comune, a nulla rilevando, attesa la contestazione di un reato contravvenzionale
punibile a titolo di colpa, la durata e le ragioni della presenza in quel territorio,
per altro neppure esplicitate dall’imputato, non richiedendo la norma, per altro,
una nuova valutazione in merito ai profili di concreta pericolosità della condotta
dell’agente, già apprezzati in sede di emissione del provvedimento
amministrativo – così configurando un vizio di aspecificità dei motivi, specie con
riferimento alle cause di non punibilità non rilevate dai giudici di appello, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen,

motivazione, avendo il giudice del merito confermato la sentenza di condanna

del ricorso (in tal senso ex multis Cass. sez. I, sentenza n. 39598 del 30
settembre – 11 ottobre 2004, ric. Burzotta);
– che manifestamente infondato risulta anche il motivo d’impugnazione
relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, essendo state le
stesse negate attribuendo rilievo negativo a significativi elementi: quali la
consapevole volontà dell’imputato di trasgredire all’ordine intimatogli e
l’inclinazione ail’antisocialità già ampiamente mostrata, quale desumibile dalla
necessità di adottare nei suoi confronti un provvedimento a tutela della
collettività;

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del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
congruamente determinabile in mille euro;

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, in data 17 giugno 2015.

– che alla declaratoria di inammissibilità del ricorà(consegue la condanna

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