Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 699 del 20/06/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 699 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CORTESE ARTURO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RINALDI OTELLO N. IL 15/03/1941
avverso l’ordinanza n. 10/2013 TRIB. LIBERTA’ di RIETI, del
04/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ARTURO CORTESE;
sentite le conclusioni del PG Dott. katte cto To r e…G
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Data Udienza: 20/06/2013

1. – Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Rieti, in sede di riesame, ha
confermato il provvedimento del 06.02.2013 con cui il locale P.M. aveva disposto il
sequestro probatorio di azioni ordinarie della S.p.A. ASM di Rieti in misura pari al
40% del capitale sociale, per il valore complessivo di € 1.120.000,00, in relazione al
delitto di peculato, contestato a Rinaldi Otello, consigliere d’amministrazione della
S.p.A. ASM e legale rapp.te della S.p.A. AZIMUT, in concorso con Emili Giuseppe,
Sindaco di Rieti, e Limata Salvatore, consigliere d’amministrazione della S.p.A.
ASM, per avere gli stessi architettato e portato a compimento una duplice irregolare
procedura (completatasi, quanto al 38% delle quote, nel 2005, e messa in atto,
relativamente al restante 2%, nel 2012) diretta ad assicurare l’acquisto da parte della
non legittimata S.p.A. AZIMUT, per il tramite di un’aggiudicazione a un’A.T.I.
strumentalmente costituita e controllata di fatto dal Rinaldi e dal Limata, della
predetta quota del 40%, già detenuta dal Comune di Rieti, a prezzo notevolmente
inferiore a quello di mercato, con conseguente ingente danno economico per il
Comune.
Nell’ordinanza si assumeva che con l’operazione predetta di cessione a privati di
azioni di proprietà comunale a prezzo incongruo il Sindaco di Rieti aveva in sostanza
realizzato una distrazione di bene pubblico in favore di privati mediante un atto
dispositivo compiuto uti dominus: il che integrava, secondo la giurisprudenza, anche
dopo la novella del ’90, una vera appropriazione integrante peculato.
2. – L’avvocato Gianluca Tognozzi ha proposto ricorso per cassazione nell’interesse
del Rinaldi, deducendo:
a.- che le quote societarie, in quanto beni immateriali, non possono costituire oggetto
di peculato;
b.- che la cessione è avvenuta in esecuzione di una delibera comunale, che esclude la
rottura del nesso funzionale fra le azioni e il legittimo proprietario e, di conseguenza,
la configurabilità di un atto dispositivo compiuto dolosamente uti dominus;
c.- che la condotta contestata, così come ricostruita nell’ordinanza, è inquadrabile non
nel reato di peculato ma in quello di abuso d’ufficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Per quanto concerne il rilievo per cui non potrebbero costituire oggetto di peculato le
quote societarie in quanto entità immateriali, deve osservarsi che l’obiezione può
considerarsi non pertinente in riferimento ai titoli azionari, intesi in sé come cosa
mobile. Pur sotto tale profilo, resterebbe peraltro inesplicabile la funzione
“probatoria” del disposto sequestro.
Al di là di ciò, non c’è dubbio che non appare corretta la qualificazione attribuita dal
Tribunale alla condotta contestata (salva restando, ove ne ricorrano gli specifici
presupposti — anche in termini di attuale perseguibilità — l’eventuale ravvisabilità di
altre fattispecie delittuose).

RITENUTO IN FATTO

P.Q.M.
annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro probatorio
depositato il 6 febbraio 2013 ed ordina la restituzione di quanto in sequestro
all’avente diritto.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2013
IL CONsJqLllRE TENSORE

IL

La giurisprudenza di questa Corte ha, invero, stabilito che, dopo la soppressione della
fattispecie del peculato per distrazione, non è più configurabile il delitto di cui all’art.
314, comma primo, cp. nell’ipotesi in cui la disposizione di risorse pubbliche
avvenga per finalità diverse da quelle specificamente previste, ma pur sempre
nell’ambito delle specifiche attribuzioni del ruolo istituzionale svolto dall’operatore
pubblico in virtù delle norme organizzative dell’ente, perché in tal caso permane la
connessione funzionale tra la res e il dominus e, quindi, la legittimità del possesso
(Sez. 6, 16 ottobre 1992, n. 553, Bava; Sez. 6, 14 maggio 2009, n. 23066,
Provenzano; Sez. 6, 13 marzo 2009, n. 14978, De Mari). In tale situazione, la
condotta del pubblico dipendente che si comporti in modo indebito riguardo al bene
non può mai costituire distrazione integrante appropriazione definitiva.
Nel caso in esame, al Rinaldi e ai coindagati è stato addebitato di avere ceduto a
privati azioni di proprietà comunale a un prezzo incongruo. Sennonché, tale
operazione risulta comunque avvenuta nell’ambito di una procedura pubblica
formalizzata, che ha mantenuto, quindi, la relazione funzionale tra il bene e il suo
legittimo proprietario, restando così preclusa, alla stregua di quanto sopra esposto, la
possibilità di considerare la cessione come radicalmente sfornita di giustificazione e
frutto, quindi, di un’arbitraria contestuale interversione del possesso.
Consegue da tanto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del
decreto di sequestro probatorio depositato il 6 febbraio 2013 e la restituzione di
quanto in sequestro all’avente diritto.

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