Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6973 del 20/11/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6973 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
D’ONOFRIO GIUSEPPE N. IL 11/01/1978
PENGUE PASQUALE N. IL 25/02/1963
avverso la sentenza n. 623/2013 TRIBUNALE di AVELLINO, del
22/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Data Udienza: 20/11/2013
..
Fatto e diritto
D’ONOFRIO Giuseppe e PENGUE Pasquale ricorrono per cassazione contro la sentenza di
applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, per il reato di tentato furto aggravato,
deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine all’insussistenza di una delle
“cause di non punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p..
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.
ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della
pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora
il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta
sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione
di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai
sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide,
invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette
cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli
atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre
questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza precisare per quali
specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in € 1.500,00 ( millecinquecento), a titolo di sanzione pecuniaria, in
favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla
determinazione della causa di inammissibilità.
1
I ricorsi sono manifestamente infondati.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio del 20 novembre 2013
Il Consigliere estensore