Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6966 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6966 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FLORIANI ANDREA N. IL 28/11/1984
MAJIC RANKO N. IL 27/02/1968
avverso la sentenza n. 785/2013 TRIBUNALE di VERONA, del
25/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 20/11/2013

Motivi della decisione
Floriani Andrea ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Verona in data 25.03.2013, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al delitto di
furto aggravato in fattispecie tentata.
L’esponente denuncia il vizio motivazionale in riferimento al mancato
apprezzamento delle condizioni legittimanti l’adozione di pronuncia liberatoria ex

Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
coimputato Majic Ranko, deducendo censure di identico contenuto.
I ricorsi, che è dato esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
Giova considerare che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il
principio in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può

art. 129 cod. proc. pen. ed in riferimento alla congruità della pena.

prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.
Tanto chiarito, occorre rilevare che, nel caso di specie, il giudice ha
espressamente evidenziato che non sussistevano i presupposti per disporre il
proscioglimento dei prevenuti, alla luce del verbale di arresto e delle dichiarazioni
confessorie rese dal Floriani. Oltre a ciò, si osserva che il giudicante ha pure
evidenziato che la pena risultava equa, rispetto ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.

Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00
ciascuno a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di € 1.500,00 ciascuno in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 20 novembre 2013.

ed in riferimento all’art. 27 Cost.

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