Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6964 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6964 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MORGANI ROMANO TOMASO, N. IL 6/9/1957,
2) PELUCHETTI VANDA GIACOMINA, N. IL 16/10/1959,
3) MORGANI FLAVIO, N. IL 16/6/1986,
4)

MORGANI DIEGO, N. IL 13/371993,

avverso la sentenza n. 1203/2011 pronunciata dalla Corte di Appello di Brescia
del 20/12/2011 nei confronti di:
1) BONOMELLI BORTOLINO, N. IL 22/4/1967, IMP.;
2) MILANO ASS.NI, RESP. CIV.;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni dell’avv. Alberto Milesi, difensore delle parti civili, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udite le conclusioni dell’avv. Michele Bonetti, difensore dell’imputato, che ha
chiesto si voglia dichiarare l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Breno, dichiarava Bonomelli
Bortolino responsabile di omicidio colposo in danno di Damiolini Fernando e di
Morgani Marco. Secondo la ricostruzione operata dal Tribunale, il 16 agosto 2004

Data Udienza: 14/11/2012

il Bonomelli era alla guida dell’autoveicolo BMW targato BZ 413 XN e percorreva
una strada statale quando, a causa dello stato di ubriachezza e dell’elevata
velocità mantenuta, perdeva il controllo del veicolo e dapprima collideva con il
guardrail che costeggiava la carreggiata, quindi contro un manufatto in
calcestruzzo ed un terrapieno, e infine si impuntava innalzandosi dal suolo per
poi ricadervi con la parte posteriore sinistra. A seguito del sinistro riportavano
lesioni letali i passeggeri Damiolini Fernando e Morgani Marco.

che gli elementi processuali deponessero per un diverso svolgersi
dell’accadimento; in particolare il giudice dell’appello riteneva che l’imputato non
si trovasse alla guida del veicolo al momento in cui questi era fuoriuscito dalla
sede stradale, che era invece condotto dal Morgani. Quindi, ravvisando
comunque profili di colpa specifica nella condotta tenuta dal Bonomelli (in
sostanza l’aver consentito al Morgani di raggiungere e mantenere un’elevata
velocità di marcia nonostante l’inesperienza e le particolari condizioni psicofisiche), la Corte di Appello giudicava emergente un fatto diverso rispetto a
quello contestato all’imputato e ritenuto nella sentenza di primo grado, atteso
che l’evento del reato non era collegabile alla condotta dell’imputato in via
diretta, come rappresentato dall’imputazione che lo indicava quale conducente
del veicolo, ma solo in via indiretta, per non aver sorvegliato l’altrui guida.
Ad avviso del giudice di seconde cure era pur vero che l’incolpazione del
Bonomelli prevedeva il generico addebito di imprudenza, negligenza ed
imperizia, oltre ad alcuni specifici addebiti di colpa relativi all’aver egli stesso
condotto il veicolo a velocità eccessiva ed in stato di ubriachezza. Tuttavia anche
quel profilo di colpa generica era pur sempre riferito alla condotta di guida
dell’imputato medesimo; sicché, nella specie, non si era in presenza
semplicemente di un diverso profilo di colpa che si aggiungeva o si sostituiva a
quello già contestato ma di un comportamento diverso ed alternativo rispetto a
quello individuato nel capo di imputazione. Pertanto la Corte distrettuale riteneva
di dover fare applicazione dell’articolo 521 cod. proc. pen. ed annullava la
sentenza di primo grado, disponendo che gli atti fossero rimessi al pubblico
ministero per l’ulteriore corso.
3. Ricorre per cassazione nell’interesse delle persone offese Morgani
Romano Tomaso, Peluchetti Vanda Giacomina, Morgani Flavio e Morgani Diego il
difensore di fiducia avv. Alberto Milesi, il quale lamenta vizio della motivazione
della sentenza impugnata nonché travisamento della prova.

2. Sull’appello promosso dall’imputato la Corte di appello di Brescia riteneva

Rileva l’esponente che la Corte di Appello ha optato per una ricostruzione
dell’accaduto difforme da quella fatta propria dal giudice di prime cure, ritenendo
infondato il giudizio espresso da questi circa le conclusioni alle quali erano
pervenuti i periti nominati in corso di giudizio dall’ufficio; conclusioni valutate
irricevibili in quanto basate su presupposti di fatto erronei. Infatti, in consonanza
con la tesi dell’imputato, i periti avevano affermato che questi al momento del
sinistro era seduto affianco al finestrino destro anteriore del veicolo (quindi al
lato passeggero).
escussione dibattimentale dei periti e dei consulenti delle parti fosse accertato
che il Bonomelli era al guida del veicolo e che non era ricevibile la tesi di una
trasmigrazione dei corpi del Damiolini e del Morgani dalla parte anteriore a quella
posteriore dell’abitacolo e viceversa.
Il Collegio distrettuale aveva invece recuperato le valutazioni dei periti (e
segnatamente dell’ing. Corbia) nonostante la ricostruzione proposta da questi
fosse criticabile per più motivi, con effetti anche sulla compiutezza, logicità e
coerenza della motivazione del provvedimento assunto dalla Corte di Appello.
Rileva ancora l’esponente che la sentenza di secondo grado si manifesta
carente nella motivazione relativa alla posizione del Morgani all’interno
dell’abitacolo, che si afferma essere stata quella del conducente del veicolo,
senza però chiarire con quali modalità il corpo del Morgani fosse passato da quel
posto al sedile posteriore ed in quale momento.
Ancora, deduce vizio

di motivazione in ordine alla valutazione di

attendibilità delle dichiarazioni del teste Boniotti Ruggero e delle dichiarazioni
dell’imputato.
Infine, si lamenta la mancata valutazione della prova rappresentata dalle
testimonianze resa da Damolini Fulvio e da Pedrali Simona.
4. In data 26.10.2012 l’avv. Michele Bonetti, difensore di fiducia del
Bonomelli, ha depositato memoria difensiva in favore dell’imputato, con la quale
si contesta l’ammissibilità del ricorso proposto dalle persone offese sia perché
volto ad un riesame nel merito sia per difetto di interesse delle parti civili, non
avendo queste subite alcun pregiudizio dalla pronuncia impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

5.1. Preliminare ad ogni altra è la questione concernente l’ammissibilità del
ricorso per cassazione avente ad oggetto il provvedimento adottato in grado di
appello ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen. Tale pronuncia, risulta ormai
stabilito, assume la forma della sentenza-ordinanza. Infatti, nel caso in cui la
questione della diversità del fatto rispetto a quello enunciato nel capo di

Il Tribunale, per contro, aveva ritenuto che all’esito dell’approfondita

imputazione si ponga nel giudizio di appello, perché non rilevata dal primo
giudice o perché emersa solo In secondo grado, il giudice è tenuto non solo a
disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, ma anche a pronunciare
sentenza con la quale dichiara la nullità della decisione di primo grado, onde
evitare il suo passaggio in giudicato (Cass. sez. un., sent. n. 2477 del 6.11.1991,
Paglini, rv. 189397; Cass. Sez. 2, sent. n. 47976 del 19/11/2004, Mastrocinque,
Rv. 230954).

Il primo, assertivo della non ricorribilità della sentenza-ordinanza ex art. 521
cod. proc. pen., richiama il principio di tassatività delle impugnazioni (art. 568,
comma 1), evidenziando come il provvedimento in parola non sia contemplato
tra quelli che a mente degli artt. 607 cod. proc. pen. sono indicati come
aggredibili con il mezzo del ricorso per cassazione da parte dell’imputato nonché
Il fatto che la sentenza dichiarativa della nullità della decisione adottata in prime
cure si risolve in un atto di mero impulso processuale, inidoneo come tale a
produrre alcuna lesione del diritto di difesa, dal momento che l’imputato è posto
in condizione di esercitare pienamente tale diritto nel giudizio che verrà
instaurato ex novo, senza incontrare alcuna preclusione (tra le altre, Cass. Sez.
3, 6.11.1998, Galasso; Sez. 6, sent. n. 9744 del 21.1.2004, Ascani, rv. 229210;
Sez. 5, sent. n. 40625 del 27.10.2006, Verde, rv. 236304).
Un secondo orientamento, per contro, forte del principio posto dall’art. 111,
co. 7 Cost. e ripreso dall’art. 568, co. 2 cod. proc. pen – in forza dei quali sono
state ritenute sempre soggette a ricorso per cassazione, quando non siano
altrimenti impugnabili, tutte le sentenze a prescindere dal fatto che con esse sia
stato o meno deciso il merito del processo e salvo espressa deroga – e della
Indiscussa natura di sentenza-ordinanza del provvedimento che qui occupa,
sostiene che ogni parte processuale può proporre ricorso per cassazione,
beninteso fatta salva la verifica dell’interesse all’impugnazione. Secondo tale
orientamento, dunque, il ricorso per cassazione deve ritenersi proponibile da
tutte le parti legittimate – compresi, quindi, tanto il pubblico ministero che le
parti private. L’imputato, a fronte di un provvedimento con il quale il giudice di
secondo grado abbia rilevato la diversità del fatto rispetto a quello contestato,
disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero, è titolare di un
interesse all’impugnazione, individuato in quello al ripristino della originaria
imputazione (Cass. Sez. 4, sent. n. 12110 del 25 ottobre 1994, Bortolotti,
199879; Sez. 5, sent. n. 38795 del 25 settembre 2001, Maggi, rv. 220800).
Il conflitto è stato affrontato dalle S.U. con la sentenza n. 29529 del
25/06/2009, P.G. in proc. De Marino, Rv. 244108, con la quale, identificata nella

4

5.2. La questione ha visto nel tempo consolidarsi due opposti orientamenti.

previsione del secondo comma dell’art. 568 cod. proc. pen. una deroga al
principio della tassatività delle impugnazioni, si è ritenuto sgombrato il campo
dall’unico argomento testuale su cui poggia l’orientamento che esclude la
ricorribilità per cassazione delle sentenze “processuali”, quali quelle che viene qui
in discorso. Inoltre, per il S.C., una lettura costituzionalmente orientata del
quadro normativo evidenzia che il ricorso per cassazione è previsto per
assicurare la realizzazione del “giusto processo”, il quale richiede che venga
celebrato in conformità delle norme attraverso le quali esso è positivamente
fine consentito per tutte le ipotesi in cui “la legge” sia stata in concreto violata
nell’ambito di “quel” processo, ne deriva che risulterebbe del tutto arbitrario – ed
in palese frizione con il parametro di cui ora si tratta – distinguere, ai fini della
ricorribilità delle sentenze, tra violazioni della legge sostanziale o violazioni della
legge processuale: per di più, “discriminando” queste ultime, le quali, ben più
“pesantemente” delle prime, sono specificamente coinvolte nel tema, proprio
perchè direttamente riferite alla realizzazione di un modello legale che intende
preservare in concreto il valore del “processo giusto,” perchè celebrato
secundum ius”.
Quanto alla sussistenza di un concreto interesse delle parti a ricorrere,
considerato che la pronuncia rescindente adottata con la sentenza di appello
produce la eliminazione della decisione di merito adottata in primo grado, la
quale è in sè suscettibile di passaggio in giudicato, insegna il S.C. che è a questa
che va guardato per verificare se e quali siano i contrapposti interessi delle parti
al relativo mantenimento o caducazione.
Per ciò che concerne l’imputato, il fatto che egli possa (nuovamente)
difendersi in sede di giudizio rinnovato è del tutto inconferente, giacchè ciò che
viene in risalto è il diritto a non veder vanificati – ingiustamente e
irrimediabilmente – i risultati (in ipotesi favorevoli) scaturiti dalla sentenza di
primo grado.
Quanto al pubblico ministero, avuto riguardo alla qualità di parte pubblica
del processo ed alla fondamentale funzione di vigilanza sulla osservanza delle
leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia, secondo quanto
previsto dall’art. 73 dell’ordinamento giudiziario, egli deve ritenersi portatore di
un interesse a proporre impugnazione ogni volta che ravvisi la violazione o la
erronea applicazione di una norma giuridica, purchè tale interesse presenti le
caratteristiche della concretezza ed attualità: il che si realizza allorchè, con la
impugnazione proposta, si intenda perseguire un risultato, non soltanto
teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (successivamente, in

“regolato dalla legge”. Ora, “poichè il ricorso per cassazione deve essere a tal

senso conforme, Cass. Sez. 1, sent. n. 18509 del 17/03/2010 P.G. in proc.
Agliuzza e altri, Rv. 247200).
6. Invero, anche dopo tale decisione non sono mancate pronunce di segno
contrario, le quali sostengono l’inoppugnabilità della sentenza-ordinanza con la
quale il giudice dell’appello abbia disposto la trasmissione degli atti al P.m. per
diversità del fatto (Cass. sez. 3, sent. n.17197 del 25.3.2010, Mangione, rv.
246988; Cass. sez. 5, sent. n. 22262 del 26.4.2011, Bassora e altri, rv.
In ogni caso, nella ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni unite non
si fa cenno alla posizione della parte civile. Si sarebbe tentati a ritenere che non
è propriamente un’omissione casuale. In effetti, anche rispetto alla sentenzaordinanza emessa ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen. appare evocabile il
principio secondo il quale l’impugnazione della parte civile agli effetti penali
costituisce ipotesi eccezionale.
Ma anche a voler ritenere non utilmente evocabile nel caso che occupa il
fatto che è il legislatore ordinario ad indicare quali siano le parti legittimate al
ricorso (artt. 607 e 608 cod. proc. pen., rispettivamente per l’imputato ed il
pubblico ministero; art. 576 cod. proc. pen. per la parte civile), resta la necessità
di individuare un concreto interesse della parte civile al ricorso avverso la
sentenza-ordinanza emessa ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen.
Sotto tale profilo, mette conto rilevare che i ricorrenti hanno rappresentato
le ragioni per le quali a loro avviso il giudice del merito ha errato nella
ricostruzione del fatto, riferendosi all’attribuzione al Bonomelli di una posizione
nel veicolo e quindi di un ruolo e di una condotta colposa diverse da quelle
attribuitegli nell’originaria contestazione; e sulla scorta di tale premessa essi
hanno formulato una richiesta di “annullamento del provvedimento con

ogni

conseguenza di legge”. Pertanto, non risulta esplicitato quale utilità concreta
Intendano conseguire i ricorrenti con l’annullamento di una decisione che non ha
escluso la responsabilità dell’imputato per la morte del congiunto ma ha
unicamente individuato un diverso profilo di colpa.
Non sfugge a questa Corte che la prospettazione della Corte di Appello
importa In ipotesi la possibilità che venga riconosciuto un concorso di colpa di
Morgani Marco nella causazione del sinistro; ma poiché non vi è alcuna
statuizione definitiva al riguardo (il p.m. al quale vengono trasmessi gli atti
rimane libero nelle sue determinazioni), in specie in ordine alle statuizioni civili,
va escluso che il provvedimento impugnato importi effetti pregiudizievoli per la
parte civile che devono essere eliminati mediante la rimozione dello stesso.

6

250580).

7. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei

ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. L’assenza di specifici
orientamenti giurisprudenziali in ordine al tema qui trattato, in relazione alla
posizione della parte civile, costituisce ragione di esonero dei ricorrenti dal
pagamento di una somma a favore della cassa delle Ammende a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
Così d ciso in Roma, nella camera di consiglio del 14/11/2012.
Il Con
dr. Sa

estensore
re Dovere

Il Presidente
Pietro Antonio Sirena

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale

processuali.

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