Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6963 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6963 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ZAARI SOUFIANE N. IL 10/06/1991
avverso la sentenza n. 757/2013 TRIBUNALE di VERONA, del
08/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 20/11/2013

Motivi della decisione
Zaari Soufiane ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Verona in data 8.03.2013, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine alla contestata
violazione della disciplina in materia di sostanze stupefacenti ed altro.
Con unico motivo l’esponente deduce il vizio motivazionale, in ordine alla
sussistenza del reato, alla congruità della pena ed alla mancata applicazione delle

Il ricorso è inammissibile.
Giova considerare che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il
principio in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha rilevato l’insussistenza delle condizioni per dare corso ad una pronuncia di

circostanze attenuanti generiche.

proscioglimento, ex art. 129 cod. proc. pen., richiamando il contenuto del verbale
di arresto e le sommarie informazioni acquisite in atti. Oltre a ciò, il giudicante ha
osservato: che la pena concordata dalle parti appariva equa e proporzionata
rispetto agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.; che la qualificazione giuridica del
fatto, con il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990, risultava corretta; e che parimenti corretto appariva il
bilanciamento della predetta circostanza in termini di prevalenza sulla contestata

Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 20 novembre 2013.

recidiva.

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