Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6961 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6961 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) RONGHI ARTURO, N. L’8/9/1975,
avverso la sentenza n. 5333/2011 pronunciata dalla Corte di Appello di Napoli
del 7/12/2010;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Oscar Cedrangolo, che ha chiesto
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Napoli ha riformato la sentenza pronunciata nei
confronti di Ronghi Arturo dal Giudice per l’udienza preliminare presso il
Tribunale di Napoli, con la quale lo si era ritenuto colpevole del delitto di
cessione a terzi e di detenzione per uso non esclusivamente personale di eroina
e cocaina, suddivisa in più confezioni, esclusa la già riconosciuta attenuante di
cui all’art. 73, co. 5 T.U. Stup., e ritenute le non già concesse attenuanti
generiche, con l’effetto di condannare il Ronghi ad una maggior pena, che da
anni due di reclusione ed euro seimila di multa si determinava in anni tre mesi
quattro di reclusione ed euro quattordicimila di multa. La Corte di Appello ha
confermato nel resto l’impugnata decisione.

1,0

Data Udienza: 14/11/2012

2. Avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello l’imputato
lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Il Procuratore Generale aveva per contro proposto ricorso per cassazione
per violazione di legge, deducendo che il Giudice dell’udienza preliminare aveva
erroneamente ritenuto la sussistenza dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma
5 T.U. Stup., trascurando il dato ponderale ed ancorando la concessione della
stessa a parametri di natura soggettiva; nonché la manifesta illogicità della
motivazione, per aver argomentato l’occasionalità della condotta illecita non sulla
dell’imputato, senza tener conto che l’imputato è stato sorpreso mentre svolgeva
attività di spaccio in un luogo notoriamente controllato dalla criminalità
organizzata.
3. La Corte di Appello accoglieva l’appello proposto dall’imputato e
concedeva le attenuanti generiche in ragione del positivo comportamento
processuale e della sostanziale attendibilità delle giustificazioni rese dal
medesimo, che aveva richiamato le proprie difficoltà economiche, ed altresì in
per l’essere risalenti e di natura non allarmante i precedenti penali.
Quanto all’impugnazione proposta dal Procuratore Generale, la Corte di
appello rigettava l’eccezione difensiva secondo la quale il ricorso per cassazione
sarebbe stato inammissibile perché fondato su ragioni di merito, con la
conseguenza dell’inammissibilità del medesimo anche quando convertito in
appello.
La Corte distrettuale replicava che, pur essendo corrette le premesse in
diritto svolte dalla difesa dell’imputato, il ricorso del Procuratore Generale
risultava incardinato sulla pretesa violazione dell’articolo 73, co. 5 T.U. Stup.,
deducendosi la natura oggettiva di tale attenuante e quindi l’irrilevanza delle
condizioni personali e delle qualità soggettive del colpevole.
Tanto affermato, la Corte di Appello rilevava l’erronea applicazione
dell’articolo 73, co. 5 T.U. Stup. da parte del primo giudice, ritenendo che fosse
stato disatteso il principio per il quale, l’applicazione della circostanza speciale
non può essere riconosciuta quand’anche uno solo dei parametri contemplati
dalla disposizione deponga in tal senso.
Nel caso specifico la Corte di appello, pur valutando sussistenti elementi a
favore dell’imputato, riteneva di assorbente rilievo il dato ponderale, trattandosi
di sostanze frazionate in 54 dosi, con principio attivo pari a 111 dosi medie
singole di eroina e 20 dosi medie singole di cocaina, alle quali doveva
aggiungersi la sostanza stupefacente oggetto delle transazioni illecite osservate
direttamente dagli operanti e non caduta in sequestro.

2

base di obiettività fattuali ma sulla base dei precedenti penali non omogenei

Inoltre la Corte territoriale dava rilievo alla diversa qualità delle sostanze,
perché in grado di ampliare il numero dei consumatori possibili destinatari delle
stesse. Su tali rilievi escludeva quindi l’ipotesi del fatto di lieve entità; non senza
rilevare che a tali conclusioni doveva pervenirsi anche per il fatto che l’attività di
spaccio era indiscriminata, realizzata in luogo noto ai tossicodipendenti ed
abitualmente frequentato per l’approvvigionamento, lontano dal domicilio
dell’imputato, realizzato previa adozione di tutte le cautele del caso e pertanto
con modalità tali di escludere l’occasionalità e l’estemporaneità della condotta,

4. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Ranghi a mezzo del
proprio difensore di fiducia, avv. Gennaro Pecoraro, il quale lamenta violazione di
legge processuale per aver la Corte di Appello ritenuto ammissibile
l’impugnazione del Procuratore Generale ancorchè incentrato su motivi attinenti
al merito e non alla legittimità del provvedimento impugnato. Vincolo tanto più
cogente nella fattispecie, atteso che la sentenza di condanna emessa a seguito di
rito abbreviato può essere impugnata dall’organo dell’accusa solo se vi è stata
modificazione del titolo di reato.
Ad avviso dell’esponente, la valutazione operata dalla Corte di Appello su
sollecitazione del P.G. attiene al merito, avendo essa rivalutato gli elementi
fattuali che il primo giudice aveva già ponderato, giungendo ad opposta
conclusione.
5. Ancora per l’imputato è stato depositato un secondo atto di ricorso a
firma del secondo difensore di fiducia, avv. Ercole Ragazzini.
Con esso si propongono le censure già rivolte al provvedimento impugnato e
ci si duole, inoltre, del fatto che la Corte di Appello ha accolto l’appello del P.G. in
punto di esclusione della concessa attenuante di cui all’alt. 73, co. 5 T.U. Stup.,
senza però dichiarare tale esclusione e quindi, avendo nel contempo concesso le
attenuanti generiche in accoglimento del gravame proposto dall’imputato, ha
irrogato una pena illegale in quanto superiore a quella determinata in primo
grado, con violazione del divieto di reformatio in peius.
Ci si duole, infine, della contraddittorietà della motivazione laddove esclude
l’attenuante di cui all’art. 73, co. 5 T.U. Stup. sulla scorta della non occasionalità
della condotta, peraltro desunta da una circostanza non rispondente al vero,
ovvero che il Ronghi sia gravato da precedenti specifici, e dal solo fatto che nella
zona in cui avvenne il fatto lo spaccio non potrebbe mai essere occasionale, e poi
si concedono le attenuanti generiche sulla base della lieve pericolosità
dell’imputato.

che andava anzi inquadrata in un più ampio contesto organizzativo di supporto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
6. Il ricorso è infondato e pertanto non merita accoglimento.

6.1. Come correttamente ricordato dal ricorrente, in tema di giudizio
abbreviato, quando l’imputato propone appello contro la sentenza di condanna,
l’eventuale ricorso per cassazione del pubblico ministero si converte in appello
ma conserva la propria natura di impugnazione di legittimità: ne consegue che la
Corte di appello deve sindacarne l’ammissibilità secondo i parametri dell’art. 606

legittimità. Tuttavia, una volta che ritenga fondata una di dette censure, la Corte
riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare le statuizioni
conseguenti, senza necessariamente procedere in via formale all’annullamento
della pronuncia di primo grado (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 42694 del
23/10/2008, Raia e altro, Rv. 241872).
Nel caso che occupa, la prima censura mossa dal P.G. atteneva alla natura
del rapporto tra dato ponderale ed elementi di natura soggettiva ai fini dei
riconoscimento della minore offensività dei fatti illeciti previsti dall’art. 73 T.U.
Stup., posto che il primo giudice aveva ritenuto che il giudice è “sottratto a
qualsivoglia vincolo di necessaria esclusiva correlazione con il dato quantitativo,
rilevando invece la considerazione complessiva di tutti quegli elementi – oltre il
dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente, mezzi, modalità e circostanze
dell’azione anche in relazione alla personalità dell’imputato ed al suo inserimento
In circuiti e contesti delinquenziali – che esprimano la ridotta offensività del
fatto”. La seconda ad asserita manifesta illogicità della motivazione concerneva
la natura degli elementi dai quali era stato tratto il giudizio di occasionalità della
condotta.
Del tutto correttamente la Corte di Appello ha ritenuto che l’impugnazione
fosse ammissibile, essendo esso teso a veder eliminata una violazione di legge,
sub specie di erronea applicazione dell’art. 73, co. 5 T.U. Stup., per non esser
stata fatta applicazione del principio di diritto, espresso ancor di recente dalle
S.U. per il quale “la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui
all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuta solo in
ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione
(mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli
indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra
considerazione resta priva di incidenza sul giudizio” (Cass. Sez. U, Sentenza n.
35737 del 24/06/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911).

cod. proc. pen. ed i suoi poteri di cognizione sono limitati alle censure di

Pertanto è incorso in violazione di legge il giudice di primo grado quanto ha

t

affermato che la ridotta offensività del reato va valutata in una considerazione
complessiva degli elementi che la esprimano, avendo il decidente la libertà di
svalutare il dato quantitativo. Tale impostazione è errata perché può condurre a
selezionare i soli fattori che modulano verso il basso la gravità del reato, pur in
presenza di un dato ponderale che già di per sé ne indica, all’inverso, la non lieve
offensività. A ben vedere, l’asserzione del Tribunale tradisce proprio il principio,
posto dal S.C., secondo il quale ove uno degli indici previsti dalla legge risulti
giudizio. Peraltro, la considerazione di elementi che attengono al profilo
soggettivo del reo finisce con l’inserire nell’art. 73, co. 5 cit. parametri che gli
sono estranei.
6.2. Il motivo che fa perno sulla mancata statuizione nel dispositivo della
sentenza impugnata concernente l’esclusione dell’attenuante di cui all’art. 73, co.
5 T.U. Stup. è manifestamente infondato. Basta leggere il dispositivo medesimo
per constatare che la Corte di Appello ha esplicitamente statuito quella
esclusione.
6.3. L’ultimo motivo di ricorso è infondato, giacchè la Corte di Appello è
addivenuta ad escludere l’attenuante di cui all’art. 73, co. 5 T.U. Stup. non già
sulla scorta della sola non occasionalità della condotta bensì sulla base di una
varietà di elementi di natura oggettiva, quali “il dato ponderale e la diversa
tipologia delle sostenze cadute in sequestro”, che sono stati ritenuti di “rilevanza
preponderante ai fini dell’inconfigurabilità dell’ipotesi attenuata, essendo di per
sé soli ostativi a ritenere la minima offensività del fatto”. A ciò ha aggiunto il
carattere ‘indiscriminato’ dell’attività di spaccio che, in uno ad altri dati fattuali,
ha sostanziato il giudizio di non occasionalità della condotta, senza peraltro mai
fare riferimento – in tale ottica – ai precedenti specifici dell’imputato. Né tanto è
In contraddizione con la contestuale concessione delle attenuanti generiche, le
quali sono state motivate in ragione del positivo comportamento processuale e
dell’attendibilità delle giustificazioni rese dall’imputato, nonché in considerazione
dei non allarmanti e risalenti precedenti penali. Indici tutti che nulla hanno a che
vedere con quelli correttamente valutati ai fini dell’applicazione dell’art. 73, co. 5
cit.
7. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14/11/2012.

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