Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 696 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 696 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di fiducia nell’interesse di
Dimodugno Giandonato, nato a Cerignola il 06/07/1973

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 05/02/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Roberto Aniello, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza, relativamente alla
determinazione della pena.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 326/13 del
5/02/2013, con cui la pena per Giandonato Dimodugno, già dichiarato colpevole
d’un delitto pluriaggravato di rapina commesso a Rimini il 10/10/2008, è stata
rideterminata nella misura di anni sei di reclusione ed € 3.400 di multa.
L’odierno ricorrente, condannato in primo grado, in esito a giudizio
abbreviato, alla pena di sette anni di reclusione ed € 5.000 di multa (sentenza
del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini in data

Data Udienza: 03/12/2013

13/01/2010), si era visto ridurre la sanzione pecuniaria, nel giudizio di appello,
fino ad C 3.800 (sentenza della Corte d’appello di Bologna del 10/12/2010).
Tuttavia la relativa sentenza è stata parzialmente annullata con rinvio da
questa Corte Suprema (sez. H, n. 19492 del 18/04/2012).
Va premesso che al Dimodugno è contestato un delitto di rapina aggravato ex
art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen., in relazione a tutte le fattispecie indicate
nella norma (uso di armi, da parte di più persone riunite e travisate). È stata
contestata e ritenuta, inoltre, la recidiva reiterata, specifica ed

Ciò detto, nel primo giudizio di appello il computo della pena in rapporto al
concorso di aggravanti era stato operato trascurando la disciplina dell’art. 63,
quarto comma, cod. pen. In particolare, stabilita la pena per il delitto di rapina,
erano stati operati: un primo aumento per le aggravanti di cui al terzo comma
dell’art. 628 cod. pen., un secondo aumento per recidiva, un terzo aumento per
la continuazione, la diminuzione finale di un terzo connessa al rito.
Con la citata sentenza di annullamento è stato stabilito che il concorso tra la
recidiva e le aggravanti speciali della rapina avrebbe dovuto invece essere risolto
considerando le seconde alla stregua di circostanza più grave, e stabilendo poi se
applicare, ed in quale misura, in relazione alla recidiva (ulteriore aggravante ad
effetto speciale), l’aumento facoltativo di pena previsto appunto dall’art. 63,
quarto comma, cod. pen.
Nel giudizio di rinvio la Corte bolognese ha preso le mosse dalla pena stabilita
per la rapina aggravata a norma dell’art. 628, terzo comma, cod. pen. (sei.anni
di reclusione ed C 2000 di multa), ed ha stabilito di applicare l’aumento
facoltativo per la recidiva, nella misura di un anno e sei mesi e di C 600. Sul
valore risultante ha poi operato l’aumento per la continuazione e la diminuzione
per il rito.

2. Il ricorrente denuncia violazione di legge con riguardo agli artt. 63, n. 4, 69,
99, 133, 628, primo e terzo comma, cod. pen., ed all’art. 627, comma 3, cod.
proc. pen.
Sul presupposto che la previsione circostanziale dell’art. 628 cod. pen.
configuri ipotesi distinte, e che dunque nella specie sarebbero state contestate e
ritenute tre aggravanti concorrenti tra loro e con la recidiva, la difesa assume
che il giudice di rinvio avrebbe dovuto «sgretolare» l’aumento di pena relativo
alle aggravanti speciali, stabilendo quale fosse la più grave ed applicando un solo
e più contenuto incremento della sanzione inflitta dal primo giudice.

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infraquinquennale.

Con un secondo motivo, si denuncia la ritenuta incongruenza per eccesso
dell’aumento della pena effettuato a norma dell’art. 63, n. 4, cod. pen., pari
quasi ad un terzo dei valori di partenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in parte perché proposto per motivi non consentiti,
e, più in generale, per la manifesta infondatezza dei motivi che lo sostengono.

pagamento, oltre che delle spese processuali, di una somma in favore della
Cassa per le ammende, somma che la Corte stima di quantificare in € 1.000,00.

2. Non sussiste, in primo luogo, la violazione di legge denunciata.
In effetti, è frequente l’affermazione, in giurisprudenza, dell’autonomia tra le
varie previsioni contenute al numero 1) del terzo comma dell’art. 628 cod. pen.,
con la conseguenza che la concorrente integrazione di esse, nel singolo caso
concreto, darebbe luogo ad una pluralità di fattispecie circostanziali (Sez. 2, n.
41004 del 06/07/2011, Dombré, Rv. 251372; Sez. 4, n. 27748 del 10/05/2007,
Fazio, Rv. 236834; Sez. V, n. 35 del 13/01/2000, Lo gatto, Rv. 215485;
Una volta assunto l’indicato presupposto interpretativo, non sarebbe
irragionevole trarne la conseguenza della necessaria applicazione di un aumento
di pena per ciascuna delle circostanze integrate. E poiché tutte tali circostanze si
presenterebbero ad effetto speciale, dovrebbe operare il meccanismo di computo
indicato al quarto comma dell’art. 64 cod. pen.: aumento di pena per una sola
tra esse, più un aumento facoltativo in misura non eccedente il terzo.
Il ricorrente, come si è visto, fa discendere dal ragionamento la conseguenza
che i Giudici del rinvio avrebbero dovuto identificare una sola tra le circostanze,
applicare per essa l’aumento di pena ritenuto congruo (ma certamente inferiore
ad un anno, cioè alla misura complessivamente fissata per tutte dai primi
Giudici), e poi comprendere in un eventuale aumento, fino al terzo, le residue
fattispecie dell’art. 628 cod. pen. e la contestata recidiva.
Quale che sia il fondamento in astratto della tesi difensiva, non è questa,
però, la regula iuris che la Corte territoriale avrebbe dovuto seguire.
Nella sentenza di annullamento n. 19492/2012 di questa Corte, al cui dictum i
Giudici del rinvio dovevano necessariamente conformarsi, era stato
espressamente stabilito che si considerasse più grave «la contestata circostanza
aggravante prevista dall’art. 628 comma 3 c.p.» rispetto alla pure contestata
recidiva di cui all’art. 99 comma quarto, seconda parte, cod. pen., «con la
conseguente possibile, perché a discrezione vincolata del giudice di merito,

3

Dalla decisione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al

aggiunta, ai sensi dell’art. 63 comma 4 c.p. alla determinazione della pena come
irrevocabilmente operata per la rapina aggravata, di un aumento fino ad un
terzo».
Come si vede, la Corte di legittimità ha considerato irrevocabilmente definita
la questione della pena irrogabile per la fattispecie di rapina aggravata, lasciando
alla discrezionalità della Corte territoriale la sola decisione circa

l’an e circa il

quantum della pena da aggiungere per la recidiva, secondo il meccanismo e nei
limiti dell’art. 63, quarto comma, cod. pen.

portato sanzionatorio per le aggravanti specifiche della rapina, ché altrimenti
avrebbe violato il comma 3 dell’art. 627 cod. proc. pen. e, comunque, un
disposto ormai non modificabile.

3. Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente inammissibilmente
invoca una diversa valutazione della Corte di legittimità circa il merito della
decisione assunta dalla Corte territoriale riguardo all’applicazione dell’aumento di
pena ex art. 63, quarto comma, cod. pen., ed alla quantificazione del relativo
aumento di pena.
La decisione potrebbe essere sindacata sotto il solo profilo della completezza
della motivazione, che per altro il ricorrente censura in termini generici ed
apodittici. La Corte bolognese, in verità, ha motivato ampiamente – e non solo
con riguardo alle caratteristiche del reato in considerazione – un giudizio di
spiccata ed attuale pericolosità del reo, menzionando la pluralità e la gravità dei
precedenti, anche a carattere specifico, e l’intervenuta applicazione della misura
di prevenzione della sorveglianza speciale. Una motivazione congrua, e
particolarmente pertinente, nella parte relativa ai precedenti, considerando la
qualità della circostanza per la quale era necessario stabilire se ed in quale
misura applicare l’aumento di pena (cioè, appunto, la recidiva reiterata, specifica
ed infraquinquennale).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 03/12/2013.

Correttamente, di conseguenza, il Giudice del rinvio non ha «sgretolato» il

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