Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6936 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6936 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
URSO MASSIMILIANO N. IL 12/07/1976
avverso la sentenza n. 2338/2012 GIP TRIBUNALE di TERMINI
IMERESE, del 05/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 20/11/2013

1,

Fatto e diritto

URSO MASSIMILIANO ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe di applicazione della
pena su richiesta ex articolo 444 c.p.p. relativamente alle plurime violazioni dell’articolo

Deduce difetto di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’articolo 129
c.p.p. e contesta la mancata applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità di cui
all’articolo 73, comma 5, del dpr n. 309 del 1990, con riferimento a quanto statuito nei
confronti di coimputata, la contraddittoria e illogicità della decisione in punto di
determinazione della pena.

Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivi
manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p., perché i motivi
sono privi del requisito della specificità, consistendo nella proposizione di considerazioni
fattuali -caratterizzati anche da dalla trascrizione di alcuni passaggi di intercettazioni- in
conferenti rispetto al compito valutativo della corte di legittimità.

Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis

Sezioni unite, 27

settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve
ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto
alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).

Ciò il giudicante ha fatto, con la sinteticità richiesta dal rito, con riferimento proprio ai
presupposti di inapplicabilità dell’articolo 129 c.p.p. Né può essere rimessa in discussione
la mancata applicazione di un’attenuante che corrisponde al “patto” intercorso tra le parti.
Anche la pena, non illegale, non può essere oggetto di censura.

73 del dpr n. 309 del 1990 contestategli.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in
millecinquecento euro, in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.

processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 20 novembre 2013

Il Consigliere estensore

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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