Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 693 del 20/06/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 693 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CORTESE ARTURO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SICIGNANO MICHELE N. IL 29/09/1940
avverso la sentenza n. 614/2008 CORTE APPELLO di SALERNO, del
12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ARTURO CORTESE
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A-Cti-uito
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 20/06/2013

Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Salerno confermava la
sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, che aveva condannato Sicignano Michele
alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il delitto ex artt. 81, 378 c.p. e 7
D.L. 152/91, per avere, negando in più dichiarazioni rese alla P.G. di aver ricevuto e
soddisfatto richieste estorsive a opera di persone ruotanti nell’ambito della famiglia
Fontanella di S. Antonio Abate, aiutato gli estorsori a eludere le investigazioni
dell’Autorità, con l’aggravante di aver agevolato l’attività delittuosa del predetto
sodalizio criminoso.
Propone ricorso per cassazione il prevenuto, deducendo che la Corte di merito:
— non ha ovviato ai censurati vizi della sentenza di primo grado, relativi al
riconoscimento della responsabilità sulla base delle dichiarazioni del chiamante in
reità Fontanella Gioacchino, inattendibili per il contenuto e per il rancore verso il
Sicignano da cui era animato, e comunque non coinvolgenti direttamente l’imputato
ma solo la di lui figlia e sorrette da riscontri orali esterni e non individualizzanti;
— ha confermato la sussistenza dell’aggravante ex art. 7 D.L. 152/91, in assenza di
elementi comprovanti, da un lato, la conoscenza, da parte del Sicignano, dell’identità
degli estorsori originari, risultati estranei al clan Fontanella, e del diretto
coinvolgimento del Fontanella nell’operazione estorsiva, e, dall’altro, la funzionalità
della condotta all’agevolazione del sodalizio criminoso;
— nulla ha detto sulla possibile sussistenza dello stato di necessità o dell’esimente di
cui all’art. 384 cp..
Con motivi aggiunti la difesa, oltre a riprendere e sviluppare il motivo relativo
all’aggravante ex art. 7 D.L. 152/91, ha dedotto che la contestata recidiva reiterata era
già stata esclusa dal primo giudice e che, di conseguenza, il reato è da considerarsi
estinto per prescrizione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato relativamente al motivo inerente alla sussistenza della contestata
aggravante speciale. Questa, infatti, è stata ravvisata dalla Corte di merito nella
circostanza che il prevenuto intese coprire con la sua reticenza il Fontanella – così
accrescendone consapevolmente il ‘prestigio’, in una a quello del relativo clan
camorristico — in riferimento al ruolo di mediatore e/o calmiere che gli aveva chiesto
di svolgere nella vicenda estorsiva di cui esso imputato era vittima.
Sennonché, tale ricostruzione, al di là di ogni discorso sulla sua idoneità a giustificare
la ritenuta sussistenza dell’aggravante de qua, contrasta con il capo di imputazione,
nel quale l’aggravante stessa è contestata sotto lo specifico profilo dell’intenzione di
agevolare gli autori del delitto estorsivo, tra cui lo stesso Fontanella, quali
appartenenti al clan camorristico di quest’ultimo: profilo di cui nella sentenza
impugnata sono rimasti esclusi i presupposti, essendo, da un lato, emersa l’estraneità
degli estorsori originari al clan Fontanella e non essendo, dall’altro e comunque,
risultata dimostrata la conoscenza, da parte del Sicignano, dell’identità di tali

FATTO

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PQM
Esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 del D.L. 152 del 1991, annulla senza rinvio la
sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 20 giugno 2013
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estorsori e, in particolare, del (sopravvenuto) coinvolgimento dello stesso Fontanella
nell’operazione estorsiva.
L’esclusione dell’aggravante speciale comporta, in relazione all’epoca del commesso
delitto (14 giugno 2002), l’estinzione del reato per intervenuto decorso del termine
massimo di prescrizione (di sette anni e mezzo), giusta il (più favorevole) regime
previgente alla legge 251 del 2005. Tale estinzione va senz’altro dichiarata, non
ravvisandosi i presupposti di evidenza per una formula di proscioglimento più
favorevole e comportando i motivi di ricorso, anche se in ipotesi accolti,
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, precluso dall’obbligo di
immediata declaratoria della causa estintiva.

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