Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6900 del 21/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6900 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIRABILE ALESSANDRA N. IL 05/05/1973
avverso la sentenza n. 41/2014 TRIBUNALE di TARANTO, del
03/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la p e civile, l’Avv
Uditi d nsor Avv.

Data Udienza: 21/12/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Enrico Delehaye, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Perrone, il quale insiste per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Mirabile Alessandra è stata condannata alla pena di euro 600 di

reato di cui all’articolo 582 del codice penale, commesso in danno di
Scrocca Agata. Il tribunale di Taranto, in funzione di giudice di appello,
ha confermato la sentenza di primo grado.
2.

Contro la sentenza di appello propone ricorso per cassazione il

difensore dell’imputata per violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento agli articoli 208, 503, 495, comma 4, 178, 185 del codice di
procedura penale laddove dichiarava chiuso l’esame dell’imputata,
invitandola a rendere eventuali dichiarazioni spontanee, sulla
considerazione che la parte civile dichiarava di non avere domande da
fare. Secondo il ricorrente, le previsioni in materia di esame testimoniale
non possono essere estese, con riguardo alla rinuncia implicita, all’esame
dell’imputato, che solo da quest’ultimo può essere rinunciato (laddove
abbia acconsentito di sottoporvisi su richiesta della controparte) e non
certo dalla parte richiedente, trattandosi di atto personalissimo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso non brilla per chiarezza, ma soprattutto non è chiaro

l’interesse al ricorso dell’imputata, dal momento che ella poteva rendere
dichiarazioni spontanee in ogni momento e di ciò è stata pure avvisata
dal giudice (ed in effetti ha reso tali dichiarazioni); l’esame era stato
richiesto dal difensore della parte civile e non certo dalla difesa
dell’imputata, che in sede di ammissione delle prove non aveva
nemmeno dichiarato di consentirvi (le richieste di prova del difensore
dell’imputata erano di sentire i testi a discarico, con produzione di
documentazione. Null’altro).

1

multa dal giudice di pace di Taranto in quanto ritenuta responsabile del

4.

In sostanza, per quanto è dato ricostruire dal verbale di causa,

viene introdotto l’esame, poi il giudice dice che la PC non ha domande da
fare all’imputata, di cui aveva chiesto l’esame, per cui dichiara chiuso
l’esame e invita la parte a rendere dichiarazioni spontanee, ove ritenuto.
Il giudice ha correttamente operato; la parte non richiedente non aveva
un diritto ad essere esaminata, ma solo ad essere controesaminata dal
proprio difensore, con la conseguenza che, mancando il presupposto del
controesame (l’esame del richiedente), questo perdeva di significato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare, in proposito, che

“Qualora nel dibattimento di primo grado, sia stata chiusa l’istruttoria
dibattimentale nel silenzio delle parti senza procedere all’esame
dell’imputato, che aveva formulato espressa richiesta, non si realizza
alcuna violazione del diritto di difesa che determini una nullità in quanto
l’imputato può chiedere in ogni momento di rendere dichiarazioni” (Sez.
6, n. 42442 del 20/10/2003, Del Sorbo, Rv. 226928) e che “La revoca
disposta dal giudice di primo grado dell’esame, richiesto dal difensore,
dell’imputato non comparso all’udienza, non comporta alcuna violazione
del diritto di difesa, ben potendo l’imputato presentarsi in appello e
rendere dichiarazioni, a norma dell’art. 523 cod. proc. pen.” (Sez. 2, n.
44945 del 11/10/2013, Mazzaferro, Rv. 257312). Viene sostanzialmente
affermata l’equivalenza di esame e dichiarazioni spontanee e soprattutto
viene rimarcata la possibilità per l’imputato di presentarsi in appello e
rendere l’esame non disposto in primo grado.
1. Ebbene, l’imputata non solo ha reso dichiarazioni spontanee in
primo grado, ma in appello è rimasta assente e il suo difensore non ha
chiesto disporsi il suo esame, limitandosi a ribadire con l’atto di
impugnazione la violazione di legge per mancata effettuazione
dell’esame in primo grado.
2. Consegue a quanto esposto che il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge
(art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n.
35443 del 06/07/2007 – dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che
si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

p.q.nn.

2

5.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 21/12/2015

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