Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6899 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6899 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RUGGIERO RAFFAELE N. IL 20/09/1982
avverso la sentenza n. 11522/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
25/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 20/11/2013

Motivi della decisione
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 25.01.2012, in
riferimento alla posizione che oggi viene in rilievo, confermava la sentenza di
condanna emessa dal Tribunale di Napoli il 25.06.2011, all’esito di giudizio
abbreviato, nei confronti di Ruggiero Raffaele, in relazione al reato di cui all’art. 73,
d.P.R. n. 309/1990, afferente alla coltivazione di 29 piante di marijuana.
Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto

di legge. La parte reitera la doglianza concernente la ritenuta rilevanza penale della
coltivazione domestica di piante di marijuana, stante il difetto di prova della
offensività della condotta. La parte si duole poi del mancato riconoscimento della
circostanza attenuante del fatto di leve entità e delle attenuanti generiche nella loro
massima estensione.
Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.
La Corte di Appello ha considerato che risultava accertato, in punto di fatto,
che l’imputato, in concorso con altri, aveva predisposto una coltivazione intensiva in
serra di 29 piante di marijuana. In particolare, la Corte territoriale ha evidenziato
che la questione introdotta dalla difesa, riguardante la rilevanza penale della
coltivazione domestica realizzata dal prevenuto, non poteva trovare accoglimento,
atteso che la giurisprudenza di legittimità aveva ormai chiarito che costituisce
condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di
piante dalle quali siano estraibili sostanze stupefacenti, anche quando il prodotto sia
destinato ad uso personale. Il Collegio evidenziava che mediante narcotest si era
accertato che la coltivazione concerneva piante di marijuana ed escludeva la
sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art.
73, comma V, d.P.R. n. 309/1990, essendosi accertata la realizzazione di una
coltivazione di natura intensiva, posta in essere con specifiche modalità
organizzative e ripartizione dei compiti tra i correi.
Orbene, deve osservarsi che l’apprezzamento effettuato dai giudici di merito
si colloca nell’alveo dell’insegnamento espresso dalla Corte regolatrice, in
riferimento alla coltivazione di piante dalle quali siano ricavabili sostanze
psicotrope. Per quanto concerne la fattispecie della coltivazione di piante da
stupefacenti, infatti, deve rilevarsi che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte
hanno chiarito che costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non
autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti;
e ciò anche quando la stessa sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso
personale (Cass. Sez. U, sentenza n. 28605, del 24.04.2008, dep. 10.07.2008, Rv.
239920). E deve evidenziarsi che le censure si qualificano come inammissibili,
atteso che il ricorrente invoca, in realtà, una riconsiderazione alternativa degli

ricorso per cassazione Ruggiero Raffaele, deducendo con unico motivo la violazione

accertati elementi di fatto, che risulta estranea dall’orizzonte dello scrutinio di
legittimità.
Deve poi osservarsi che la sentenza impugnata risulta immune anche dalle
ulteriori doglianze relative al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73,
comma V, d.P.R. n. 309/1990. Come sopra si è evidenziato, il Collegio, al riguardo,
ha osservato che le strutturate modalità con le quali la coltivazione era stata
realizzata risultavano ostative all’applicazione della ipotesi attenuata. Orbene, si

giurisprudenza di legittimità, laddove si è chiarito che in tema di sostanze
stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del
fatto di lieve entità, il giudice del merito è tenuto a complessivamente valutare tutti
gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e
circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato
(quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa):
dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando
anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene
giuridico protetto sia di “lieve entità” (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4948 del
22/01/2010, dep. 04/02/2010, Rv. 246649).
Si osserva, infine, in riferimento alla dosimetria della pena, che la Corte di
Appello ha rilevato che il primo giudice già aveva concesso le circostanze attenuanti
generiche agli imputati; e che l’entità della pena non risultava ulteriormente
contenibile, stante la gravità della condotta, insita nel fatto che la coltivazione
risultava idonea a produrre una elevata quantità di sostanza stupefacente.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’articolo
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000,00 a titolo di sanzione
pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 20 novembre 2013.

tratta di valutazione coerente rispetto all’insegnamento espresso dalla

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