Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6894 del 26/10/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6894 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) THIAM SALIOU N. IL 13/06/1968
avverso la sentenza n. 10715/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/06/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 26/10/2012

Con sentenza in data 27 giugno 2011 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza
emessa il 22 ottobre 2007 dal Tribunale di Napoli con la quale Thiam Saliou, all’esito del giudizio
abbreviato, era stato dichiarato colpevole dei reati di detenzione per la vendita di merce recante
marchi contraffatti e di ricettazione, accertati in Napoli il 17 maggio 2006, ed era stato condannato,
ritenuta la continuazione, ravvisata per la ricettazione l’ipotesi della particolare tenuità del fatto, con
le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione. Con
il ricorso si deduce l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancanza di prova
sulla destinazione alla vendita della merce sequestrata e alla grossolanità della contraffazione dei
marchi.
Il ricorso è inammissibile perché generico e, comunque, manifestamente infondato. Il
giudice di appello, come si desume dalla motivazione logicamente coerente della sentenza
impugnata, ha desunto la destinazione alla vendita della merce sequestrata (oltre cinquanta
magliette, una quindicina di jeans, sei minigonne, dieci cinture) dalla qualità e quantità dei capi di
abbigliamento, chiaramente esorbitanti rispetto alle esigenze personali e il cui acquisto era rimasto
privo di documenti giustificativi. Quanto alla pretesa riconoscibilità della contraffazione dei marchi,
la Corte territoriale ha puntualmente richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
ribadita anche recentemente (Cass. sez.V 17 aprile 2008 n.33324, Gueye; 14 febbraio 2008
n.11240, Ady; sez.V 5 luglio 2006 n.31451, Gningue), secondo la quale il reato previsto
dall’art.474 c.p. tutela la fede pubblica -intesa come affidamento nei marchi o nei segni distintivi- e
non gli acquirenti, per cui è del tutto irrilevante che l’acquirente sia in grado, avuto riguardo alla
qualità del prodotto, al prezzo, al luogo dell’esposizione nonché alla figura del venditore, di
escludere la genuinità del prodotto, in quanto ciò che rileva è esclusivamente la possibilità di
confusione tra i marchi e non già quella tra i prodotti..
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 26 ottobre 2012
il cons. est.

DEPOS2

IN CANCELLERIA

di mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa.

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